SELMA di Ava DuVernay, 2015

24 Feb 2015 | Accredito Cinema, cinema

statuetta

Uno dei grandi meriti del film Selma – della sua giovane regista Ava DuVerany e delle sue scelte – è di essere riuscito a porre l’attenzione su un momento storico cruciale, su un tema fondamentale e purtroppo ancor attuale nelle sue non realizzazioni, pur se in ambiti e contesti diversi, come quello dei diritti civili, senza scadere minimamente nella retorica, in un equilibrio efficace tra il racconto storico, la realizzazione cinematografica e il coinvolgimento emotivo. Il rischio era più che una probabilità, per un film che racconta delle battaglie per il diritto al voto dei cittadini neri e del loro culmine nella marcia partita da Selma, in Alabama, nella primavera del 1965, sotto la guida di Martin Luther King. Il racconto, invece, passa per l’emotività della causa, la violenza degli avvenimenti, l’asciuttezza e la lucidità del resoconto politico senza oltrepassare il confine della lacrima facile o semplicisticamente dei buoni o cattivi. Attraverso gli occhi, il volto e la memorabile interpretazione di David Oyelowo (già visto in Interstellar e Butler – un maggiordomo alla casa bianca ma soprattutto in Lincoln di Spielberg, in cui il suo personaggio chiede al presidente se i neri sarebbero stati in grado di votare da lì a 100 anni) ci viene restituita una figura di Martin Luther King complessa, nei suoi dubbi e nelle sue scelte di vita personale, oltre che di guida politica e spirituale, ma soprattutto di un uomo tra e con altri esseri umani, un uomo che identifichiamo con la sua battaglia ma emblema e figura di tutti gli altri uomini e donne in marcia dietro di lui. E proprio la possibilità di conoscere la complessità di un simile movimento, delle posizioni diverse al suo interno, delle divergenze, dei passi falsi, della presenza, poco raccontata in genere, anche delle donne, Coretta King e Annie Lee Cooper su tutte, dà senso di realtà alla battaglia, non la relega nel cantuccio dei fatti storici che facciamo finta di conoscere, ma la concretizza e la attualizza in maniera sorprendente. Le scelte tecniche, l’ambientazione al Sud, in Alabama, sullo stesso ponte Edmund Pettus su cui la marcia ebbe luogo, la scelta della luce naturale e del suo uso espressivo, ad opera del bravissimo direttore della fotografia Bradford Young, concorrono a fare di Selma un film elegante e potente. Ulteriore brivido di emozione sulle note del brano originale GLORY, cantato da John Legend e Common, premiato con l’Oscar 2015 per la miglior canzone. Da non perdere.


data di pubblicazione 24/02/2015


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