QUEL CHE RESTA DEL GIORNO di Kazuo Ishiguro – Einaudi, 2016

Lo ammetto, non avevo mai letto nulla del premio Nobel per la Letteratura 2017 Kazuo Ishiguro, e quindi mi sono precipitata a prendere qualche cosa e il primo libro che ho trovato è stato Quel che resta del giorno: ne sono rimasta folgorata! Un libro raffinato, delicato, struggente.

È la prima settimana di vacanza di Stevens, un inappuntabile maggiordomo inglese, che decide di utilizzarla per recarsi a trovare Miss Kenton, la governante che per tanti anni lo ha affiancato nella cura di  Darlington Hall, dimora di Lord Darlington.

Il romanzo è una sorta di diario della vita di Stevens, creato attraverso i ricordi che affiorano alla sua memoria nel corso del viaggio verso la Cornovaglia; forse proprio l’opportunità di allontanarsi dal fulcro della sua vita permette a Stevens di analizzare più obiettivamente i lunghi anni in cui ha servito Lord Darlington – siamo nel 1956 e lui prese servizio negli anni ’30 – una sorta di elucubrazione della propria vita ripercorrendo gli avvenimenti cruciali che si sono svolti a Darlington Hall, e che finalmente riesce a guardare in modo più oggettivo e critico.

La descrizione dei vari accadimenti, che Ishiguro racconta in modo così essenziale e perfetto, ci presentano uno Stevens ottuso, anaffettivo, il cui unico obiettivo è la maniacale ricerca della perfezione della sua professione nel rispetto dei canoni imposti dalla Hayes Society, che stabilivano i canoni del buon maggiordomo. A volte fa quasi rabbia il suo atteggiamento stolido, mirato solo a servire senza mai avere un pensiero proprio: “vi sono cose che voi ed io (Stevens e Miss Kenton, ndr) non siamo semplicemente in grado di capire… Laddove invece Sua Signoria, vorrei permettermi di dire, è in certo modo in posizione più consona a giudicare.”

Tuttavia, la presa di coscienza di Stevens durante questo viaggio introspettivo in cui, obbligato a riflettere, prende atto di essersi di fatto totalmente annullato come persona e che, forse, è ormai troppo tardi per iniziare una nuova vita, ce lo rende caro, finalmente “umano”, finalmente riscattato dalla freddezza del suo ruolo, anche se è un riscatto effimero perché resta l’amaro di sapere che la sua presa di coscienza gli apre il baratro della consapevolezza della solitudine.

data di pubblicazione:30/10/2017

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