LE OTTO MONTAGNE di Paolo Cognetti – Einaudi, 2016

È la storia di Pietro, un bambino di Milano che fin da piccino viene portato tutte le estati dai suoi genitori in montagna, a Grana nella val d’Ayas, un valle “chiusa a monte da creste grigio ferro e a valle da rupe che ne ostacola l’accesso”; i genitori di Pietro si sono conosciuti e sposati in montagna, ai piedi delle tre cime di Lavaredo; non potevano non tornare al loro antico amore e coinvolgere anche il loro piccino.

A Grana Pietro farà amicizia con Bruno che diventerà, a tutti gli effetti, il fratello che non ha: passano insieme estati a esplorare case abbandonate, ruderi, a tentare di buttare la mola di un vecchio mulino nel torrente, a imparare il dialetto che a Pietro, divenuto Berio, sembrava più appropriato da usare in quei luoghi dove il larice era la “brenga” o i versanti della valle erano “adret” quello esposto al sole e “envers” quello all’ombra, dove vivano gli animali.

“Forse è vero, come sosteneva mia madre, che ognuno di noi ha una quota prediletta in montagna, un paesaggio che gli somiglia e dove si sente bene”.

La quota amata dalla mamma con i boschi e i caprioli, quella amata da Pietro con le torbiere e i pascoli estivi e infine il regno del padre, ben oltre i 2000, dove la montagna diventa aspra e inospitale; era lì che le camminate agostane portavano padre e figlio, ed era quello il momento in cui erano più uniti, era “la cosa più simile a un’educazione che io abbia ricevuto da lui”.

Un libro che parla di un mondo maschile, dell’amicizia dei due ragazzi e di quello che solo anni dopo Pietro scoprirà: il triangolo che si era formato tra lui, suo padre e Bruno, scoprirà quando fosse stato faticoso il rapporto tra se stesso e suo padre e quanto stare insieme camminando, scalando, fermandosi nelle malghe e nei rifugi in silenzio, concentrati su ciò che si ha da fare avesse minato il loro affiatamento e, quanto invece avesse unito suo padre al figlio putativo, Bruno, con cui il silenzio e il non detto lo aveva legato.

L’unica che parlerà e unirà i fili rimasti sciolti nel rapporto tra padre e figlio sarà la madre, custode della storia della famiglia, che permetterà a Pietro di capire tante cose di quel padre così chiuso, così nervoso, così distante.

Un linguaggio magistrale, essenziale e intenso che ci fa assaporare questo romanzo “di formazione” in cui, come per Pietro e il padre, quello che più conta sono le parole tralasciate.

Ho amato questo libro, ho amato entrare nel mondo maschile dell’amicizia, riconoscere la potenza e la profondità di un affetto fatto di azioni concrete, senza parole.

data di pubblicazione:13/02/2017

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