MADAME PINK scritta da Alfredo Arias e René de Ceccatty, regia Alfredo Arias

17 Mar 2017 | Accredito Teatro

(Teatro Argentina – Roma, 14/19 Marzo 2016)

Vita coniugale stancante interrotta da una barboncina parlante, capace di portare sensualità e ironia – e una buona dose di follia.

 

Cave canem è la scritta che solitamente viene usata per intimorire coloro che si avvicinano ad un’abitazione con cattive intenzioni, perché l’animale domestico è pronto a difendere con i denti il domicilio e i loro padroni. In questo spettacolo la situazione si ribalta: saranno il dentista Goodman e la stravagante Madame Pink a dover far attenzione all’esplosiva cagnolina Roxie, che la signora ha deciso di acquistare.

Nel mondo surreale plasmato da Alfredo Arias gli animali dialogano, litigano e si innamorano come gli uomini. Roxie sarà allora la protagonista indiscussa della scena, riaccendendo l’istinto sessuale della padrona – ormai anestetizzato dal marito – e portando la stessa ad avere eccitanti relazioni, ma anche profonde delusioni. In questo carosello animalesco di amori e dolori, intervallato da originali canzoni, Madame Pink e la sua cagnolina scambieranno gli amanti e vivranno esperienze fuori dal comune. Ma la giostra di emozioni è destinata a terminare e farà tornare Madame Pink al punto di partenza; stavolta, però, con una inaspettata richiesta dalla Regina d’Inghilterra.

Nello sfarzo colorato delle scene realizzate da Agostino Iacurci si entra in un’altra dimensione: attraversando le porte a forma di osso (come quello che sgranocchiano i cani) si entra in un mondo animale pitturato dal rosso della passione, accentuata dal divano Gufram al centro del palco, che dà risalto alla carnosità e alla carica sensuale imperanti.

Alla scena si abbinano perfettamente i sofisticati costumi ideati da Marco De Vincenzo, che trasmettono i diversi umori dei personaggi. Il vestito nero indossato da Madame Pink al momento del suo ingresso rappresenta eloquentemente il suo stato d’animo, ma all’arrivo di Roxie l’abito si trasforma in un rosa carnale e viene adornato da plissé, le cui pieghe rievocano i pirottini delle pastarelle (come quelle che felicemente sforna nella nuova veste di pasticcera); mentre il camice del marito – nella parte superiore verde e in quella inferiore bianco – combacia con i colori degli enormi vasi sullo sfondo, così da risaltare la sua staticità. Sfondo che si solleva e muta in base al personaggio che canta, e in cui spesso i riferimenti sessuali sono espliciti: come per il contorno della chioma del barboncino e del suo muso, che ricordano sia i seni che le ovaie delle donne.

La voluttuosità portata da Flo, che interpreta Roxie, è trasmessa efficacemente e traspare anche nella parte canora. E lo stesso vale per Gaia Aprea, che attraverso la sua voce zuccherata rende più dolce lo spettacolo.

Uno show che cerca di deridere il mondo dello spettacolo americano enfatizzandone gli aspetti più ironici, ma che non riesce nel suo intento per via della trama contorta e faticosa, in cui neanche le canzoni che accompagnano lo svolgimento incidono positivamente. D’altronde lo stesso regista, prima che iniziasse lo spettacolo, aveva ammonito il pubblico che non si sarebbe capito nulla.

Uno spettacolo caramellato in cui si rischia di avere le carie.


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