FAI BEI SOGNI di Massimo Gramellini – Longanesi, 2012

Un romanzo emozionante, intenso, intimo. La capacità di empatia di Gramellini è tale da coinvolgere ogni piccolo atomo del lettore e fargli finire il libro in un battito di ciglia tra il turbamento e il rammarico di averlo già finito.

Il romanzo prende vita per caso. Gramellini era nella stanza del suo editore per condividere la bozza di un’idea di romanzo che stava nascendo dalla sua esperienza, dal suo vissuto di orfano quando si rese conto che la stanza si era affollata di tutti gli editor e che, molti di loro, erano profondamente commossi.

Fai bei sogni è la storia di Massimo che, a soli otto anni, viene svegliato la mattina del primo dell’anno dalle urla del padre tenuto a braccia da due sconosciuti.

La mamma non c’è, è fuori per delle commissioni, gli verrà detto dai i vicini di casa dai quali passerà qualche ora in attesa del rientro del padre e della tremenda verità: la mamma non c’è più, morta per un infarto dovuto allo stress delle cure a cui si sottoponeva per un “brutto male”.

Da quel momento Gramellini descrive i cambiamenti nella vita di quel bambino di tanti anni prima; la sua esistenza tranquilla e serena finisce, inizia una sofferenza inenarrabile di cui si vergogna e che lo accompagnerà fino all’età adulta, il dolore più grande, la morte della mamma.

Nella vita di Massimo manca la presenza di altre figure femminili, non ci sono le nonne e non ci sono delle zie, restano soli, lui e il padre: “per colmare in parte l’abisso di una madre che muore bisogna essere dei maschi femmina. Severi all’occorrenza, ma sensibili. Invece papà era maschio e basta… Aveva le mani grandi e uno sguardo truce che incuteva soggezione agli estranei e anche a me. Sembrava incapace di darmi una carezza che non assomigliasse a uno schiaffo, come di preparare un caffelatte decente”.

Gramellini, senza voler fare del libro un trattato di psicologia infantile, ci fa capire in modo diretto ed estremamente chiaro la sua condizione e la sua sofferenza, la sua vita con il marchio del “diverso”: “dentro di me il disagio per la condizione di orfano si mescolava al terrore che fosse ineluttabile”… “io non chiedevo compassione e privilegi, ma amore”…“io non piangevo… credevo ancora che una mattina mi sarei svegliato e avrei visto la mamma ai piedi del letto con la vestaglia sulle spalle”.

Il rapporto con il padre non esiste; l’unico momento di apertura tra loro su ciò che è accaduto dura pochi momenti, durante un viaggio in macchina il padre gli dice che ciò che era accaduto era drammatico per tutti e due ma sicuramente chi stava peggio era lui, perché una moglie poteva essere sostituita una madre no.

Crescendo senza alcun aiuto Massimo si avvolge sempre più su se stesso, nella sua mente compare una voce, che lui chiamerà Belfagor, che gli pone le domande più dolorose: perché proprio la sua mamma, perché gli altri bambini potevano rifugiarsi tra le braccia delle loro mamme e lui no?

Così passano gli anni delle medie e delle superiori fino ad arrivare all’università e alla scelta di una facoltà che non gli interessa, ma che va incontro ai sogni della madre: Giurisprudenza, diventare avvocato. Altri anni bui in cui si alternano esami superati con il massimo dei voti a periodi di reclusione nella sua stanza alla ricerca di un interesse che lo possa aiutare a uscire dalla confusione, che lo aiuti ad aggrapparsi a qualche forma di normalità, che gli permetta di uscire dal suo dolore e gli tolga la sua paura di vivere.

La luce in fondo al tunnel la porta una serie di concomitanze: l’inizio della sua carriera di giornalista e la realizzazione del suo desiderio atavico di scrivere, la comparsa nella sua vita di Elisa, la sua anima gemella, e la pubblicazione del suo ultimo romanzo che, regalato alla migliore amica di sua madre, lo porta a conoscenza delle vere cause della sua morte tenutegli nascoste per quaranta anni.

Con l’aiuto di Elisa tutte le domande che si ripresentano alla sua mente trovano una risposta, la sua compagna è un vero faro nel buio: “Liberati dal piombo che hai sul cuore… è una vita che ti tormenti e tormenti tua madre…”.

Massimo riesce a capire che, a volte, le menzogne si pensa di dirle a fin di bene, che la conoscenza della verità non può che aiutare ad affrontare la realtà, a sanare le ferite riuscendo a mettere nella giusta luce le persone che abbiamo avuto vicino, giudicandole per il loro reale valore.

data di pubblicazione:13/11/2016

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