EX ANTIGONE SULLA FELICITÀ di Maurizio Panici

(Teatro Argot – Roma, 21/24 aprile 2016)

Quando si spengono le luci su uno schermo viene proiettato un testo di Sarah Kane, disperato e definitivo come tutti i testi di quest’autrice. Un testo sui desideri e sull’impossibilità di provarne e realizzarli. E attorno al desiderio ragiona lo spettacolo, in questi giorni in scena all’Argot (fino al 24), Ex Antigone sulla felicità, con l’adattamento e la regia di Maurizio Panici, Creonte sulla scena che divide con Valentina Carli. L’adattamento è dal testo di Jean Anouihl che nel 42, in una Francia occupata, in parte resistente e in parte collaborazionista, vede in Antigone un’adolescente nervosa e irruente, una figura di resistente. Antigone vuole tutto, non si accontenta di una piccola felicità borghese, e per questo sfida il potere di Creonte, arroccato nella strenua difesa della necessità della mediazione.

Il mito ha questa capacità significante, quella di parlare direttamente al pubblico, di arrivare alla radice delle emozioni e farci sentire impossibilitati a decidere in maniera netta ciò che è bene e ciò che è male.

L’uomo è per sua natura e condizione un problema esistenziale ben al di là delle sue scelte etiche, non riducibile a schemi ideologici chiari. In questo schema di simmetrie continuamente smentite, l’adattamento di Panici esaspera giustamente questo fronteggiarsi dialettico, in uno scambio serratissimo tra i due protagonisti. Voce e presenza scenica molto convincente quella di Panici, un Creonte attraversato da mille dubbi espressi con una voce che viene direttamente dallo stomaco e capace di far affiorare la malinconia che gli mina l’autoritarismo. Meno convincente la giovane Valentina Carli che “dice” il testo ma non riusce a nutrirlo di emozioni. Forse anche perché meno curata la regia dei suoi movimenti scenici, risultati troppo moderni e poco “mitici”; più vera e diretta nel monologo dedicato al suo promesso sposo Emone, amore a cui dovrà rinunciare per non scendere a patti con il principio di realtà che schiaccia tutto e riduce anche l’amore ad abitudine.

Ridurre il testo allo scontro tra il potere e il suo esercizio e chi lo contesta, è riduttivo. Antigone vuole “tutto e subito – e che sia tutto intero – altrimenti rifiuto!” Non vuole essere modesta e vuole la bellezza. Con il suo grido questa Antigone vuole dirci di non accontentarci, di non trovare un bello consolatorio, ma di essere esigenti come quando eravamo ribelli. E Panici sembra proprio indicarci questa lettura, vista la scelta di far scorrere sullo schermo, dopo le parole della Kane, le immagini delle manifestazioni potenti e massive nell’America degli anni ’60. E mentre ce ne stiamo “borghesemente” seduti al buio, Panici ci ricorda che ribellarsi è giusto; e così la poltrona diventa un po’ meno rassicurante.

data di pubblicazione: 24/04/2016


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