BOYHOOD di Richard Linklater, 2014

statuetta

(Festival Internazionale del Cinema di Berlino 2014 – Concorso)

Acclamato vincitore dell’Orso d’argento per la regia a Berlino 2014 e opera di fiction in cui l’elemento della fantasia è davvero ridotto al minimo, a chi mi chiedesse cos’è Boyhood, risponderei che è un ritratto dell’adolescenza maschile raccontata senza i tanti filtri e strumenti manipolativi offerti dal cinema.

A reggere l’intero film sono gli attori principali che hanno animato un set durato ben dodici anni (dal 2002 al 2013) per immortalare ogni cambiamento fisico lasciato dal tempo sui loro corpi e sui loro caratteri. L’adolescenza di Mason (Ellar Coltrane) scorre fluida per quasi tre ore di film, senza annoiare ma senza cercare a tutti i costi l’intrattenimento, limitandosi a fotografare le inquietudini del protagonista, il rapporto di amore e litigio con la sorella, la fragilità e le scelte sbagliate della madre sola (Patricia Arquette) e l’ingenua immaturità del padre (Ethan Hawke).

L’esperimento di far procedere la storia con la crescita e l’invecchiamento naturale del cast, anziché adattare la scelta del cast all’andamento forzoso della narrazione, è indubbiamente affascinante. Altrettanto suggestivo è il percorso a ritroso scelto da Linklater di lavorare sulla sceneggiatura per sottrazione, piuttosto che infarcendo di trovate originali e uniche la vita tutto sommato ordinaria di un adolescente americano come tanti altri. In perfetta sintonia con questa scelta registica, le emozioni sono ben dosate e contenute: è rimesso alla sensibilità dello spettatore se provarle o meno sulla propria pelle e immergersi in questa storia di adolescenza per rivivere un po’ la propria.

Il punto di forza del film è forse proprio questa inversione del classico modo di portare una storia al cinema e Mason conquista un posto in prima fila in quella schiera di adolescenti, straordinariamente ordinari, che hanno lasciato un segno nelle mie letture e nelle mie visioni in sala, dall’Holden Caulfield di Salinger (Il giovane Holden) al Paul Sveck di Cameron e Faenza (Un giorno questo dolore ti sarà utile), passando per l’esoterico Donnie Darko e il sognante Charlie di Noi siamo infinito.

data di pubblicazione 4/11/2014


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