A PORTE CHIUSE di Jean-Paul Sartre, regia Michele Suozzo

25 Apr 2016 | Accredito Teatro

(Teatro dei Conciatori – Roma, 19/24 Aprile 2016)

Pali, graticole, imbuti di cuoio per la tortura della goccia cinese, sono solo alcuni degli strumenti diabolici che ci si aspetterebbero di trovare nell’Ade. Ma nessuno di questi è presente nell’inferno riservato a Inès, Estelle e Garcin; la loro condanna consiste invece nell’essere rinchiusi in una stanza: invisibili agli occhi del mondo, ma sotto il costante sguardo giudicante degli altri due per l’eternità.

Il giudizio altrui: questo è il supplizio cui sono destinati i tre personaggi. Garcin (Luciano Roffi) è un brasiliano di un’eleganza irreprensibile, che durante il suo lavoro (direttore di un giornale) è stato freddato con dodici colpi di pistola; Inès (Fulvia de Thierry) è un’impiegata di un ufficio postale dai gusti omosessuali, rimasta coinvolta nell’esplosione di una palazzina dovuta a una fuga di gas; da ultimo, Estelle (Elisa Pagin) è una donna dell’alta società, deceduta per colpa di una polmonite. Benché in apparenza ai tre condannati non sembri potersi muovere alcun appunto per la loro vita terrena, i dialoghi e le reciproche domande sveleranno i loro misfatti. E allora si romperà il vaso di pandora contenente i diversi segreti di ognuno di loro e si scoprirà che il direttore del giornale è in realtà noto per la sua vigliaccheria: tradiva i colleghi e — ripetutamente — la moglie; Inès, invece, è un’abile manipolatrice che ha sedotto la moglie del cugino strappandola a quest’ultimo, il quale — per disperazione — si è ucciso; infine, la candida Estelle si rivelerà essere un’infanticida: ha ucciso il figlio avuto da una relazione fedifraga. Le loro azioni li perseguitano anche dopo la morte e, una volta rivelata la loro natura, saranno vincolati l’uno all’altro: Garcin desidera che Inès, la quale ha smascherato la sua indole vile, lo consideri invece coraggioso per le sue azioni; Inès, a sua volta, è innamorata di Estelle, ma lei non ricambia il suo amore; ed Estelle anela a essere amata da Garcin, il quale non la considera. I sentimenti, i pensieri e le impressioni degli altri sono le catene che li inchioderanno nella stanza — nonostante si accorgano che, in realtà, la porta per uscire sia aperta; ma la libertà che cercano non è fisica ma spirituale: è la libertà dagli altri.

La Chambre Magique propone una lettura armoniosa della celebre opera dell’autore francese, mercé la scelta di inserire le composizioni musicali di Leandro Piccioni (eseguite da Elena Centurione: violino; Lorenzo Massotti: viola; Alessandra Leardini: violoncello) durante la rappresentazione dell’opera; in guisa da permettere alla musica di mescolarsi alle parole, in un intreccio di dialoghi e note che esaltano le sofferenze, le paure e le ansie dei diversi personaggi.

Contribuiscono a esaltare la pièce le interpretazioni degli attori. La prova attoriale di Lucino Roffi è intensa e vigorosa; la sua voce è assolutamente peculiare, unica (la sua brillante carriera da doppiatore ne è la dimostrazione), e il suo timbro vocale poderoso si attaglia perfettamente al ruolo che ricopre. Così com’è perfetta la scelta di Elisa Pagin per il ruolo di Estelle: la sua venustà abbacinante cattura gli sguardi del pubblico, e la leggiadria con cui si muove sul palco rappresentano appieno l’animo civettuolo del personaggio che interpreta (a suo sfavore, tuttavia, vi è da dire che in alcuni casi affretta i tempi delle battute). Magistrale la performance di Fulvia de Thierry, capace di emozionare il pubblico.

Lo spettacolo è stato ripagato da un caloroso e duraturo applauso, che ha permesso agli attori di liberarsi dal desidero di apprezzamento e di successo: la stessa trappola in cui erano caduti i loro personaggi. Perché, per chi fa teatro, l’inferno può essere il pubblico.

data di pubblicazione: 25/04/2016


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