TRON: ARES di Joachim Ronning, 2025

(Immagine tratta da cartella stampa)

Tron: Ares emerge come un tentativo ambizioso di riaccendere un universo fantascientifico che ha radici profonde, non solo estetiche ma filosofiche: chi siamo se creiamo esseri intelligenti? Che cosa significa “umano” quando la materia del pensiero può diventare codice? Domande che risuonano più che mai in un’epoca, la nostra, in cui l’IA non è più solo finzione, diventando riflessione esplicita sul presente che ha superato l’analogico e sull’impatto sociale dell’intelligenza artificiale.

Visivamente Ares non tradisce: la scenografia digitale, le tute, il design delle luci sono spettacolari, inoltre gioca molto sul contrasto, su texture che alternano gelo tecnologico e superfici concrete per dare corpo al confine tra algoritmo e carne. Anche la colonna sonora, firmata dai Nine Inch Nails, è un altro dei punti di forza, sia a supporto di riprese che a volte sembrano quasi un videogame, sia come vero motore emotivo, contribuendo a costruire tensione e straniamento, e ad accentuare quel senso di meraviglia che è nel DNA di Tron.

Il direttore della fotografia Markus Forderer imprime un’identità precisa: colori freddi, contrasti metallici, luci pulsanti che evocano tanto la tradizione del neon noir quanto la pulizia hi-tech del design nordico. In una dialettica costante tra due mondi: la realtà calda, leggermente granulosa e il cyberspazio liscio, quasi ipnotico, in cui ogni passaggio è sottolineato da una variazione percettiva netta.

Ma il ritmo spesso traballa sotto il peso dell’esposizione e il film, che è continuamente sottoposto alla pressione di essere sequel di qualcosa che molti amano, fatica ad essere coinvolgente. In compenso Jared Leto spicca non solo per la sua bellezza ma anche per momenti di genuina autenticità. La sua “innocenza programmata”, il suo stupore, la sua curiosità sono credibili, ma il personaggio comunque soffre quando il copione lo vuole oscillare troppo tra simbolo e mero strumento narrativo per conflitti aziendali, armamenti, politica della tecnologia. Anche gli antagonisti e le implicazioni etico sociali restano a volte un po’ sfumate: il conflitto tra “usare la tecnologia per migliorare l’umanità” è “usarla come arma” è potente sulla carta, ma non sempre compiutamente tradotto in profondità drammatica.

Quindi Tron: Ares è potente nella sua capacità di far pensare, di suggerire che la luce al neon non è solo decorazione, ma inciampa quando preferisce l’azione e la corsa agli effetti, invece di scavare con maggiore coraggio nell’empatia, nei dilemmi morali o nel disagio esistenziale.

data di pubblicazione:09/10/2025


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