RAGAZZE ALL’INGROSSO di Rossella Pugliese, regia di Nadia Baldi

(Ph_SalvatorePastore_WEB_E1A600)

con Euridice Axen, Giusy Frallonardo, Rossella Pugliese, Lia Zinno

(Teatro Biondo d’estate, Chiostro della Galleria d’Arte Moderna – Palermo, 2/3 luglio 2025)

Le “ragazze all’ingresso” (questa la prima versione del titolo, la sostituzione della vocale – con variazione di senso – avverrà soltanto alla fine) sono donne sulla soglia dell’esistenza, nel complicato universo femminile. Funambole in bilico su di un filo immaginario, quello spazio sottile che separa la vita reale dalla finzione scenica, così come il palco dalla platea.

Mattatrice sin dalle primissime scene, e nel corso dell’intera rappresentazione, è lei, Euridice Axen, qui nei panni di una presentatrice/soubrette in versione fata turchina o “casco d’oro”. Sintesi riuscita tra la mitica Carrà – iconica, grintosa, energica – e una sorta di compiacente Marylin, ora ammiccante ora svampita, patrimonio dell’immaginario collettivo, maschile e non solo.

Padrona del palcoscenico, ma sempre un po’ sopra le righe, e talora in preda a evidenti stati confusionali (il personaggio).

Dalla platea, di contro, sotto il raggio implacabile del classico “occhio di bue”, emulo di una luna assente, vengono “pescate”, una dopo l’altra, le altre protagoniste di questa messa in scena, camuffate tra gli spettatori. Un miscuglio di “tipi” femminili diversi, dalla dark lady alla semplice impiegata, alla novizia (in pantacollant di pelle nera!).

Le regole del “gioco” – ad eliminazione, come i gironi della Champions – prevedono un susseguirsi di sfide paradossali. Mantenere a lungo il sorriso, ad esempio. A lungo e qualsiasi cosa accada, per non “turbare l’uomo” (Cielo, mio marito!). Cantava Enzo Jannacci, ricordate? E sempre allegri bisogna stare/ché il nostro piangere fa male al re… E il premio in palio? La trasformazione, ovvero la trasmutazione, da persona a personaggio, maschera spesso deforme (e deformata chirurgicamente) ma “visibile”. Ad uso e consumo del maschio e delle sue esigenze ordinarie.

La figura della donna risulta essere, dunque, un intruglio fatto di innocenza apparente, sulle note di motivetti scelti ad hoc (Ciao ciao bambina, Piccerè) e insieme di tratti mefistofelici, in stile “bambola assassina”. Con un finale quasi orgiastico che potremmo sottotitolare “Donne sull’orlo di una crisi di nervi”, attenuandone l’effetto “choc”, al tempo stesso.

La scena è corredata di elementi di volta in volta grotteschi o inquietanti, così come quelli – immateriali – che la regia cerca di amalgamare tra loro. Tra tutti campeggiano vistosi trespoli che fungono ora da supporti per rotoli di carta igienica ora da sgabelli alti su cui stare in piedi, come in attesa di un’impiccagione. Così l’opera buffa e una certa forma di “tragedia” (notevole la simulazione dello schiaffo corale, a ritmo di musica) condividono il medesimo spazio, lo abitano e lo definiscono. Non senza cercare, però, una via alternativa, un’uscita d’emergenza. Verso un pianeta altro, forse. Fatto di “persone” (più persone, meno corpi), finalmente libere.

Via le paillettes, via le parrucche e i lustrini, è sufficiente una tuta bianca (da astronauta?).

E un “ombrello”, anche. Per ripararsi qua e là da meteoriti, “residui d’inferno”.

data di pubblicazione:03/07/2025


Il nostro voto:

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Ricerca per Autore:



Share This