FRANCESCA E GIOVANNI – UNA STORIA D’AMORE E DI MAFIA – di Ricky Tognazzi e Simona Izzo, 2025

(foto privata della locandina)

È la storia vera di Francesca Morvillo e di Giovanni Falcone, portati in scena con i loro nomi propri, mentre vivono – come suggerisce il sottotitolo del film – la loro vera storia d’amore, che è anche la storia di una guerra. È la Sicilia oppressa dalla mafia (quella di Cosa Nostra, ma anche quella di un “mare nostro” dove si ingrassano “i pescecani”), straziata da attentati e stragi che sembrano non avere fine: Boris Giuliano, Cesare Terranova, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Rocco Chinnici. Dove ci sono “morti che camminano”, persone che vivono giorno dopo giorno facendo dono di se stessi, e sfidando la paura della morte, per uno scopo. Come loro, come Francesca e Giovanni.

Dov’è Giovanni? Lo cercheremo, nel corso di questa toccante ed insolita rievocazione, puntando a scorgervi, in filigrana, il giudice celeberrimo, l’eroe, l’uomo che voleva “cambiare il mondo”.

Dov’è Giovanni, se non in un’aula di tribunale, alla scrivania, sulle carte, o nella sala degli interrogatori? Qui lo troviamo, così come lo ha trovato lei, Francesca, in quello sguardo discreto e un po’ smarrito, quello del primo incontro. In quella mano sulla spalla dell’amico, quasi fratello. Nel gesto improvviso, precipitoso, che s’infiamma di fronte all’ingiustizia o alla calunnia. Nel sorriso che accarezza la sua donna e rimane lì, fisso su di lei, fino all’ultimo istante di vita.

Dov’è Giovanni, saranno le ultime parole – sussurrate appena – di Francesca (interpretata da una emozionante ed intensa Ester Pantano), eco di un cercarsi vicendevolmente, dopo essersi trovati quasi per volere del destino, per mai perdersi, mai lasciarsi, a costo del sacrificio più grande.

Francesca, magistrato anche lei, procuratore presso il tribunale per i minorenni, fiore dallo stelo robusto tra le mura del Malaspina (il carcere minorile di Palermo), dove proliferano brutture dell’animo, sudiciume e pidocchi. Lo sguardo che ci guida, e ci attraversa insieme, è quello di lei.

Innamorata della famiglia, nel ricordo degli insegnamenti ricevuti sin dall’infanzia. Dei giovani, vittime delle “eredità dei padri”. Della propria terra, ricordata nella sua bellezza crudele, troppo spesso deturpata e offesa. Innamorata di lui, di Giovanni, di un amore che si nutre di stima e di condivisione profonda. Una passione che travalica l’appello dei sensi e la stessa intesa mentale. Ed è proprio attraverso quel suo sguardo – sguardo di donna – che scaturisce l’umanità, straordinaria ed essenziale, di lui. Di quell’uomo, figlio della Kalsa (Primo Reggiani gli presta il volto, in una prova alquanto efficace), che “non ha paura di nulla”. Se non di perdere lei, di mettere a rischio la vita di lei. Di non riuscire a proteggere la sua compagna.

La dimensione intima, seppure strettamente connessa a realtà storiche fedelmente riferite, prevale su quella pubblica, professionale, rivelandone al contempo tutta la drammaticità e lo spessore.

E in quella stessa intimità, tutto quanto riflette la natura duplice di situazioni e luoghi, atmosfere e stati d’animo. Così, sagome armate (gli agenti della scorta) e sirene perennemente in sottofondo fanno il controcanto alla serenità disarmante di un tramonto, o alla trasparenza di un fondale marino.  Lungo i vialetti di un chiostro o per le scale della casa materna.

Legami di sangue e rapporti d’amore in embrione vengono immolati sull’altare dell’omertà e dell’onore (il caso del sedicenne Dino, presunto parricida preso a cuore da Francesca, ne è un esempio significativo).

Si prova rabbia per alcuni, compassione per altri. Si soffre, percorrendo ancora una volta, sullo schermo, la via di una fine annunciata e avvenuta.

E se al termine di tutto, viaggiando insieme a loro, a Francesca e a Giovanni, su quel tratto di autostrada, quasi ci aggrappiamo a quegli occhi ignari e consapevoli, dell’uno e dell’altra, è perché la loro storia è la storia di tutti noi. E rivivendola, possiamo solo dire “grazie” tutti insieme. E insieme, piangere.

data di pubblicazione:17/05/2025


Scopri con un click il nostro voto:

3 Commenti

  1. Il commento di Daniela descrive benissimo l’intreccio tra le vicende personali e la dimensione pubblica di due persone, divenute tristemente eroi della nostra terra, che non hanno mai rinunciato a trovare un senso nelle loro azioni quotidiane senza lasciarsi condizionare da tutto ciò che di negativo ruotava intorno alle loro vite.

  2. Un film toccante, vederlo è stata un’esperienza. Non era facile restituire questo vissuto in parole, la tua penna è riuscita perfettamente a farlo.

  3. Complimenti Daniela per questo articolo commovente e ben scritto! Hai saputo raccontare con sensibilità e profondità la storia di Francesca e Giovanni Falcone, evidenziando la loro umanità e il loro sacrificio. Grazie

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Ricerca per Autore:



Share This