da Daniele Poto | Feb 28, 2024
Sta girando l’Italia e si ripromette di entrare nelle scuola questo documentario di montaggio che si appoggia a un immenso patrimonio archivistico con un focus sul più grande partito comunista dell’Europa Occidentale. Ha ottenuto il contributo economico della Presidenza del Consiglio, pur di opposta tendenza partitica perché c’è un fondo speciale dedicato agli anniversari. Carrellata nostalgica sul Pci che fu, attraverso le immagini di Berlinguer, la svolta della Bolognina di Occhetto, le sezioni, le manifestazioni, il riflusso con la marcia dei 40.000 quadri della Fiat a Torino, volta pagina della sconfitta..
Un film che stimola la memoria indipendentemente dalle idee politiche personali. Un grande viaggio all’indietro ricco di cinema militante (Gregoretti, Serra, Scola, Montaldo) quando c’era la speranza di invertire il senso della storia, prima che fallisse il compromesso storico e che 400.000 militanti abbandonassero il partito, una volta dismessa l’etichetta di comunista. Atmosfera dunque alla Nanni Moretti per un reducismo che non vorrebbe essere d’accatto. Le immagini del passato vengono contrappuntate dalla lunga intervista a Luciana Castellina (anni 95), quattro parentesi in prigione, protagonista del distacco dal Pci. Lei è una che non ancora smesso di credere a quella rivoluzione che l’Italia non ha mai avuto, a differenza della Francia e della Russia. Piperno informa ma si diverte anche mostrando i personaggi di quadretti familiari e amicali che appartengono alla sua personalissima storia. Erano i tempi in cui il Pci arrivò a dotarsi di 1,8 milioni di iscritti, toccando percentuali tra il 33 e il 34% tra il 1976 e il 1977. Tanto per dare un’idea dell’attuale disaffezione alla politica nelle ultime primarie del Pd hanno risposto all’appello in 152.000. Alla proiezione a cui abbiamo assistito c’era anche Lucia Mascino, ormai romana d’adozione. Un film che richiede un dibattito che difatti c’è stato. Anche per chiedersi perché la maggioranza degli italiani non va più a votare.
data di pubblicazione:28/02/2024
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da Daniele Poto | Feb 28, 2024
Una romantica storia d’amore. Quasi un Matarazzo rivisto alla coreana per far capire che siamo dalle parti del mèlo senza dramma. Si potrebbe contare il numero infinitesimale di parole pronunciate nel film dagli scarsi dialoghi per carpire il fascino sottile del non detto.
Rituale è il dodici (anni). Due amici quasi fidanzati si rivedono a 24 e poi a 36 anni. Inevitabilmente ogni salto ha uno scatto nelle loro vite senza l’altro. Girovagando tra Seul, Toronto, una New York quasi da cartolina. Tra la cultura tradizionale coreana, la velocità del life style americano, un po’ di ebraismo dell’antagonista maschile. Melting pot da cui si estrae la storia di un rapporto che non sboccia in una relazione per l’asimmetria dei sentimenti. Storia tenera, dai risvolti interessanti al botteghino per l’apprezzamento che gode la cinematografia di questa parte d’Asia nel Vecchio continente (non evidentemente in America). Non ha coraggio di dichiararsi compiutamente il coreano mediaman che invano segue l’amore giovanile mentre lei piano piano declina i sogni di una grande carriera come sceneggiatrice. Un cinema che sa di verità e di scenari già percorsi. Negli scarni dialoghi ogni espressione è significativa e non sprecabile. Non c’è né ambiguità né morbosità nel rapporto sentimentale a tre con un angolo falso. Il momento più imbarazzante della visione è quando il trio converge in un bar e i due coreani si lanciano in un’animata quanto rara discussione, ignorando completamente il terzo ospite a digiuno della lingua parlata. Interminabili attimi vissuti con il cuore in gola per una reazione che non scatta, la massima comprensione per una spiegazione che deve avvenire tra i due irrisolti innamorati. Un film in cui il sottotesto e l’interpretazione è tutto, lasciando una traccia abbastanza profonda nello spettatore per la fascinazione che emana e per il tempo che si prende nella narrazione, uno slow cinema.
data di pubblicazione:28/02/2024
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da Daniele Poto | Feb 27, 2024
Fantasmagorica riproposizione di un film di successo e con un cast e un budget senza pari. Quasi tre ore adrenaliniche con efffetti speciali assicurati per un ovvio atteso riscontro al botteghino. Sviluppi distopici di una trama complicata, a volte involuta, con un sicuro gancio al terzo episodio della serie. Sangue, poco sesso, una colonna sonora incalzante e inquietante.
Tutti gli ingredienti per un film di richiamo, soprattutto negli States ma con ingredienti di spettacolarizzazione globalizzata accettabili in tutto il mondo. Nel tempo della realtà deformata e dell’intelligenza artificiale l’umano troppo umano del film si ridimensiona perché nelle scene di maggior pathos si duella ancora con la spada, come nel Medioevo. Chiara distinzione tra buoni e cattivi che sfuma in contorni meno manichei nel finale. Sembra che non si possa fare un film senza la presenza di Chamalet (in Italia di Stefano Fresi) ma il contorno degli antagonisti/protagonisti è imponente, alcuni davvero irriconoscibili come Charlotte Rampling. Villeneuve non si lascia sfuggire l’occasione di girare in grande. Le scene di massa sono portentose e nella creazione artigianale il regista conta su un ensemble di prestigio con le presenze fondamentali del direttore della fotografia, del costumista e del supervisore agli effetti visivi, assemblati per l’ottimizzazione in fase di montaggio. Trama quasi irraccontabile. Il cine Bignami si limita a citare il mitico viaggio di Paul Atreides che si unisce a Chani e ai Fremen per cercare di vendicare chi ha sterminato la propria famiglia. Posto di fronte alla scelta tra l’amore e il destino dell’universo il protagonista intraprende la missione profetica per evitare la distruzione totale della sua gente. Non sfuggirà il senso blasfemo e un po’ onnivoro di questa filosofia che presuppone un superuomo. I raduni guerreschi alludono alle parate naziste.
data di pubblicazione:27/02/2024
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da Daniele Poto | Feb 27, 2024
con Sandra Toffolatti, Emanuele Salce, Claudia Coli, Francesco Bonomo, Noli Sta Isabel
(Teatro Il Parioli – Roma, serata unica, 26 febbraio 2024)
Ultimo dei quattro appuntamenti della rassegna sul teatro non rappresentato. E degno epilogo per qualcosa più di un reading visto il livello degli attori in ballo. Una famiglia si riunisce, si confronta e litiga sulle ceneri della madre morta. Il tema del ritorno a casa, rispettivamente da Milano e dalla Cina, è squassante. Emergono contraddizioni, vezzi, deformazioni borghesi, una patina di evidente disinteresse. La convivenza forzata acuisce le tensioni e mostra un’omogeneità mai raggiunta. Trionfante il filippino che da badante si trasforma nel personaggio principale.
Noli Sta Isabel, il filippino erede di un terzo della defunta ultraottantenne, a lei fidanzato rompendo antiche abitudini omosessuali, recitando una parte difficile e scomoda, è il personaggio vincente della serata. Verità e finzione si affastellano perché è il sogno di una vita quella di poter recitare su un palcoscenico così importante e per intercessione convinta dell’autore Pierattini. Scorrono lacrime e applausi a scena aperta per un onesto lavoratore con l’hobby del teatro che dal ruolo di caratterista si erge a protagonista diventando imprenditore dell’azienda della defunta in coppia con il suo ritrovato amore, un altrettanto dinamico rumeno. In fondo la commedia è una graffiante metafora sull’inanità degli italiani rispetto a nazioni più giovani e dinamiche, capaci di evolversi e di raggiungere la piena affermazione sociale. Dopo la parentesi dell’escursione al Teatro Argentina, il Parioli si riprende la titolarità della rassegna che riguarda autori affermati a significare quanto sia difficile per i giovani proporre nuovi testi in assenza di produttori coraggiosi che vogliano rischiare per innovare. Ascoltando Salce come sempre si ripensa a Gassmann e a un’impostazione vocale che non deflette, dall’educazione familiare al teatro. Nel prologo presentato un interessante libro di Paolo Petroni che approfondisce la drammaturgia nostrana sul crinale del secolo.
data di pubblicazione:27/02/2024
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da Daniele Poto | Feb 26, 2024
con Cloris Brosca e Gianni De Feo, regia di Gianni De Feo
(Teatro Lo Spazio – Roma, 22/25 febbraio 2024)
Il coraggio di puntare sulla ricostruzione di una vicenda del 1590, venendo premiati dall’interesse di un pubblico da tutto esaurito per l’ultima replica in virtù della ragione forte dello spettacolo, della sua abile costruzione e di un automatico passaparola ben predisponente.
Una storia di spada, di ammazzamenti e di quelle che nel passato si sarebbero definite corna. Il tradimento di una moglie può essere vendicato per giusta causa assoldando tre malviventi che si prestino all’agguato. È così che l’illustre Principe Carlo Gesualdo da Venosa, insigne musicista, infierì sul corpo della consorte Maria D’Avalos, sorpresa con premeditazione in colloquio intimo con il suo abituale amante, il Duca D’Andria Fabrizio Carafa. Si gravita attorno a Napoli, al suo idioma musicale condito da punte di spagnolo per la rievocazione del dramma. Tragedia a più voci perché i fantasmi della donna rimproverano al marito la spietatezza della decisione, provocata dal pettegolezzo popolare e da un malinteso senso dell’onore. I due protagonisti, empaticamente efficaci, ricoprono vari ruoli, facce e toni entrando nei panni del confessore, innesco della trama gesuitica, della ruffiana di corte che avvia la rivelazione e dunque provoca il delitto, costretta poi dal tribunale a una puntuale denuncia di quanto accaduto. La Brosca non è più teatralmente una rivelazione per chi la conosce negli antichi panni della chiromante televisiva. Il cubo di Rubik è il pretesto per lo sviluppo cromatico di una vicenda a più facce e a più percezioni. De Feo è vibratile e messo alla sbarra per quanto architettato e, nella fedeltà all’attitudine professionale del personaggio, fa sfoggia di bella e ben portata voce. Un’altra sensibile icona sulla scena è la rosa, un fiore che incarna un amore tradito e sbagliato. Toni potenti, mai velleitari per una rievocazione memorialistica di pregio, fuori dalle scelte del mainstream e dunque particolarmente apprezzabile. Con il valore aggiunto di madrigali arricchiti da testi scritti da Torquato Tasso.
data di pubblicazione:26/02/2024
Il nostro voto:
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