da Daniele Poto | Dic 12, 2020
(Teatro Belli in streaming – Roma,10/13 dicembre 2020)
Black comedy della nuova scena inglese. Groviglio a due con l’avvio dei tipici meccanismi di attrazione/repulsione di un sequestro. La presunta oggettività di una percezione è in realtà la deriva della mente malata del protagonista.
La malattia mentale si nasconde sotto spoglie di apparente normalità. E ci appare convincente e quasi seduttivo il protagonista quando nel monologo iniziale sciorina un programma che sembra realistico, un godersi la vita in seguito a una grande vincita alla lotteria. Ma in realtà il denaro evidentemente dà alla testa se sequestra una giovane con donna con l’intento pervicace di farla innamorare. Missione impossibile perché la ragazza è sotto sequestro per un numero di settimane definito dai due dopo una lunga trattativa. E la donna non ha nessuna intenzione di farsi assoggettare, anzi mette in gioco tutte le proprie capacità, anche seduttive , per riuscire a procurarsi un’ora d’aria prima e per scappare poi. Ma il suo persecutore si rivela ancora più duro e dopo qualche tentennamento e qualche errore strategico, dopo aver abdicato a un tentativo di amplesso, si fa sempre più crudele trascinandola in un gioco che avrà conseguenze letali. Il bello e il brutto insieme è che si convincerà che quella conclusione se l’è proprio andata a cercare. Delirio corrosivo nel gioco a due del teatro da camera che questa volta offre anche un minimo di scenografia in una scena quasi completamente riempita dai dialoghi e da qualche uscita dei due protagonisti. Il tasso di determinazione e di accanimento sado ma anche un po’ masochistico cresce con il passare dei minuti e così la tensione in un climax che degenera ma che poi viene tranquillamente metabolizzato dal protagonista. Che un minuto dopo si metterà in caccia di ulteriori giovani pulzelle che possano riempire il suo enorme vuoto sentimentale. Teatro forte, all’altezza dei tempi che viviamo.
data di pubblicazione:12/12/2020
Il nostro voto: 
da Daniele Poto | Dic 4, 2020
Un simpatico divertissement da gustare profilo per profilo. Un anti-Bignami della filosofia moderna in sala romanesca con vere fissazioni sul tifo Roma&lazio e sull’attrazione per le donne. Linguaggio da suburra ma con un retrogusto alto, filtrato nitrato di cultura assorbita. Così in questo Gotha di personalità intinte nel mainstream contemporaneo sfilano tra gli altri Karl Marx, Hegel, Schopenhauer, Leibniz, riveduti e correttivi corrosivamente con lo spirito irriverente e a volte pesante in una rilettura caustica e. Poco più di cento pagine da delibare senza eccessi per evitare di rincorrere una certa monotonia nella sfilata del Pantheon. Il rispetto si limita a una frase che riassume il filosofo in questione, il resto è pura indulgenza al più sfrenato trash. Un agile volumetto che è un po’ figlio dello spirito del tempo, ricorrere agli eccessi per significare. Qualcuno si scandalizzerà per l’uso disinvolto della parolaccia e di espressioni che un tempo sarebbero state etichettate come “oscene” ma che ormai fanno parte del lessico contemporaneo. Nonostante la grevità è un testo che ha richiesto cura e preparazione con un substrato non indifferente di know how per cimentarsi nel profilo di pensatori piuttosto lontani dall’attualità o scarsamente rivalutati (basti pensare a Plotino). Uno spiritaccio romano che può anche essere apprezzato fuori dai contorni del Raccordo Anulare perché la comprensibilità del gergo è volutamente alla portata di tutti. E quando meno te lo aspetti l’autore piazza la battuta che ti stende. Chi vuole approfondire potrà ricorrere a face book dove Armeni gestisce un pagina dal titolo analogo, condendo insieme la passione per la filosofia e l’appeal come influencer romanesco. Così si spiega come un libro (e il suo plot) possa anche essere frutto per partogenesi di una diffusa popolarità.
data di pubblicazione:04/12/2020
da Daniele Poto | Nov 30, 2020
(Teatro Belli – Roma in streaming 26/29 novembre 2020)
Il principio di indeterminazione quantistica applicato a teatro e non per la prima volta. Scena spartana con la convenzione degli “scuri” a scandire tempo e situazioni. Antidoto contro la statica la magmatica brillantezza dei dialoghi.
Teatro da camera con la fascinazione di un duetto sentimentale. Prima c’è lei, vivacissimo personaggio e feconda attrice, di fronte a lui, timido introiettato, irrisolto. Lei apre la fortezza di lui che si apre e si svela. Con la sua solitudine, le sua passioni (la musica) il suo fastidio di fronte al mondo. Lei prima si produce in una serie di bugie che lui supera e assorbe. Ma l’eterno femmino, la curiosità per la prima donna incontrata dopo lungo tempo fa breccia e sfonda. Poteva essere il nulla di un primo incontro, diventa una storia in tanti quadri, passando anche per il letto e il tentativo di lei di ritrovare il figlio con cui si è spezzato il legame, a un passo da New York. Lui, non più riottoso, la segue e le consegna il suo avvenire. La conclusione dell’happy end può distrarre ma è il percorso che è importante. Perché suadente, dialettico, convincente. Dunque con un po’ di logica si può risalire al titolo, che è il cognome di un fisico importante, sempre più spesso citato a teatro, il fissatore dell’idea che è possibile misurare con precisione sia la velocità della particella subatomica che la sua posizione. Ma non contemporaneamente. Spettacolo con cinque anni di vita che trova il battesimo italiano e un’inconsueta prima online e non dal vivo nella brillante rassegna di Trend che continua a scodellare interessanti e attualissimi autori britannici, alcuni dei quali autentici rivelazione nel vuoto della stagione teatrale italiana. Un’iniezione e un tentativo di riscossa nel fermo biologico imposto dalla pandemia. Antonio Salines mette a disposizione del testo tutta la propria esperienza con una recitazione da contropiede.
data di pubblicazione:30/11/2020
Il nostro voto: 
da Daniele Poto | Nov 23, 2020
Auto fiction particolare. Un racconto insieme vero e apocrifo. Interno laziale anni ’70. Incubazione di molte cose dalla parti di Roma Nord, del campo di Tor di Quinto, dell’eroico scudetto biancoceleste. Canaglie simpatiche i giocatori di quella squadra ma anche grandi irregolari, sparatori per diporto, divisi in due fieri partiti, liberi di picchiarsi nelle amichevoli del fine settimana. Un brevissimo ciclo legato al nome di Tommaso Maestrelli, paziente mediatore di trame, ricuciture di manifeste tensioni. Tutto è destinato a comporsi e poi e rompersi nel giro di due stagioni sullo sfondo di un’Italia inquieta, afflitta da terrorismo e dalla vicende personali (la sparizione della figlia) della voce narrante, un fotografo molto addentro alle cose laziali. Succederà che Chinaglia emigrerà in America, che Re Cecconi verrà ucciso da un gioielliere spaventato, che Maestrelli morirà di tumore dopo aver disperatamente cercato di evitare la rottura del giocattolo provocata anche dalla gestione del suo successore, il malcapitato Corsini. Romanzo di sport? Tutt’altro o meglio non solo e già la pubblicazione della Sellerio dice molto. La scrittura di Carotenuto è insieme agile e profonda e ci mostra la vera fotografia di uno spogliatoio calcistico in un’Italia ruspante. Ma c’è anche un magistrale affresco di giornalismo, quando la rivalità tra i giornali della sera capitolina era spasmodica e sono pochi a ricordarsi che ne esistevano ben tre… la Lazio in questo contesto era una Santabarbara sempre pronta a esplodere. E difatti quando la tensione erutta il bel capitolo finisce. Sono passati quasi cinquanta anni. Il campo “Maestrelli” è solo un ricordo. Ora c’è il presidente Lotito, l’eremo di Formello, il calcio industriale dai mille debiti. E dunque un romanzo e un’epopea del genere sarebbe difficile scriverla e raccontarla visto che gli addetti ai lavori sono chiusi nel loro separatissimo harem. Il protagonista invece gioca a carte con Maestrelli e conosce tutti i segreti di famiglia. Una famiglia quelal laziale di simpatici “parenti serpenti”.
data di pubblicazione:23/11/2020
da Daniele Poto | Nov 19, 2020
(Teatro Vascello- Roma, 17/22 novembre 2020)
Dentro il cuore del mito attraverso la scrittura di Ovidio e le figure mitiche di Penelope, Arianna, Canace, Medea, Ispile come metafora di una condizione femminile sofferente e claudicante verso una difficile omologazione nella parità di genere).
Prova umane di resistenza teatrale in uno dei due teatri che svolge ancora attività professionale e per di più a titolo gratuito. Onore al merito di Manuela Kustermann e dei suoi collaboratori che accendono la speranza del teatro con meno di un’ora di intensa performance in streaming. Nell’esperienza che abbiamo vissuto 55 collegamenti accesi nelle case italiane, segno di una fede che non barcolla anche di fronte alla temperie della pandemia. Non si tratta di uno spettacolo facile che racchiude il pathos con punte di assoluta intensa emozione. Tecnicamente l’evento presenta un vantaggio: ci si può collegare da tutta Italia e presumibilmente davanti a un video c’è più di una persona, forse addirittura aggregati familiari. La Kustermann drammatizza Ovidio, ne umanizza i miti e offre la voce a un universo femminile che si fa intensa riflessione e trasformazione con l’accompagnamento musicale ad hoc. Un tappeto sonoro che ben si sposa ai testi nella direzione di una consapevolezza estetica profonda, nell’ansia di un cambiamento necessario. Il superamento degli schemi è metafisica pura dove il dato del passato non è secolarizzato ma riscattato in chiave presente con chiari accenni anche a possibilità future. Una scelta coraggiosa e tutt’altro che commerciale. Lirismo puro con margini onirici per il valore aggiunto di parole, poesia e note. Un viaggio esperienziale meritorio ed appagante. Una scelta ben ricompensata da un pubblico che si profonde non in applausi ma in inevitabili positivi commenti muti in chat.
data di pubblicazione:19/11/2020
Il nostro voto: 
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