NIENTE PANICO

NIENTE PANICO

scritto da Paolo Hendel e Marco Vicari, con Paolo Hendel, regia di Gioele Dix

(Teatro Vittoria – Roma, 30 gennaio/4 febbraio 2024)

One man show con l’indefettibile inflessione toscana di un comico di provata resistenza che ha aggiornato il repertorio liberandosi del complesso berlusconiano (materia fervida per il genere). Così ora ironico-drammaticamente è il tema della morte a prendere il sopravvento. Ma senza pietismi e indulgenze per 70 minuti di tirate che somigliano a una chiacchierata tra amici con efficacissimo ed empatico bis.

Da over 70 Hendel si preoccupa del fine vita e, sfruttando lo stratagemma della visita in ospedale all’amico Filippo, si produce in una rivisitazione metafisica, che non è tristanzuola ma realistica. Fa ridere quando parla dell’homo erecuts e della temperatura percepita. Mancano le vampate passionali di un tempo ma l’affabulazione è diesel, conquista alla distanza. Con omaggi agli amici che ci sono (Gioele Dix, accomunato al protagonista dalle perlustrazioni prostatiche) a quelli che non ci sono più (Staino) ma che rimangono nel cuore. Platea dai capelli brizzolati ma estremamente partecipata. In fondo il tema che risuona è quello della nostra attuale fragilità, sballottati tra l’incerta temperie politica e il cambiamento climatico, sull’orlo della terza guerra mondiale, paventata per prima da quell’impossibile terrorista che Papa Francesco. En passant divagazioni su Salvini, Vannacci e il partito democratico, logiche strizzatine d’occhio all’attualità. E dunque alla fine il messaggio è incoraggiante: non facciamoci prendere dal panico e teniamo la barra dritta di fronte a qualunque possibile accidente. La risata è l’antidoto migliore e un gioviale sorriso è la fotografia di una possibile ritrovata serenità. Hendel è di casa nel Teatro di Testaccio: il parlare dell’ansia scaccia la paura in un rito atropopaico, come suggerisce il buon teatro. Che Dio ci mantenga in vita questa felice generazione di comici a cui appartengono i Paolo Rossi e i Claudio Bisio. Fuori dagli schemi e dal mainstream dello stand up comico.

data di pubblicazione:03/02/2024


Il nostro voto:

SMARRIMENTO

SMARRIMENTO

scritto e diretto da Lucia Calamaro per e con Lucia Mascino, scene e luci di Lucio Diana, costumi Stefano Campini, produzione Marche Teatro

(Teatro Prati – Basilica – Roma, 25 gennaio/4 febbraio 2024)

Anche una scena ristretta a un solo interprete può irradiare uno spettacolo collettivo. Non un reading, non un’invettiva, non un monologo ma un fitto conversare tra sé e con il pubblico, attraverso l’essenziale scenografia e gli umori circostanti. Con la perfetta empatia delle due Lucie, Calamaro e Mascino.

La nuda riflessione di una scrittrice in crisi d‘identità alle prese con il complesso del foglio bianco si trasforma in una parabola esistenziale e in un’esercitazione sui temi della vita in una perfetta interazione con il pubblico chiamato a risposte retoriche e stregato a forza di pretenziose citazioni (Badiou, Deleuze). Smarrimento e impasse nel buco nero dell’astinenza creativa. Da cui è difficile uscire. Intellettualismo cerebrale e nevrotico della protagonista che si arrovella in cerca di ispirazione. I cinquanta minuti sono anche una critica ai circoletti letterari, al vuoto di un oggetto che era iconico e che ormai ruota su se stesso, il vituperato libro, l’irraggiungibile capolavoro. La recitazione della Mascino è ricca di sfumature, sottintesi, ammiccamenti, prese veloci e frenate tattiche. Meno efficace risulta la trasformazione vocale nel maschio, in quel caso la tensione si attenua Paolo ma è indubbio che il tener vita tanti personaggi sia esercizio di maestria. Le riflessioni spaziano anche sul luogo particolare del teatro, appunto una ex Basilica. Pubblico da tutto esaurito come fosse una prima, con Calamaro in ultima fila e Valerio Aprea in prima. La voce si sparge e sarà sempre sold out dopo la prima apparizione rodaggio al Teatro India di qualche stagione fa. La drammaturgia della Calamaro è una delle manifestazioni più interessanti dell’attuale vivacità del teatro italiano. Prova bisognosa di piccoli spazi e piccole platea per un possibile grande meritato successo.

data di pubblicazione:29/01/2024


Il nostro voto:

THE HOLDOVERS – LEZIONI DI VITA di Alexander Payne, 2024

THE HOLDOVERS – LEZIONI DI VITA di Alexander Payne, 2024

L’accoppiata Payne-Giamatti è garanzia di qualità. Se non rinverdirà i successi al botteghino di Sideways è comunque capace di licenziare un film non banale dai propositi dichiaratamente didattici rivelati dalla trasparenza del titolo in italiano. Nel ruolo di un insegnante sociopatico Giamatti è perfetto anche se a tratti esagera nelle compiaciute smorfie.

 

Storia di un’incomprensione generazionale che attraverso l’universo concentrazionario di un college digrada in una solida amicizia. Con la rinuncia sacrificale al posto di lavoro pur di salvare il ragazzo (bravissimo attore) di vivida intelligenza proiettato verso un ottimo futuro. Si respira aria di provincia americana, a tratti mefitica, irrorata dalla spontaneità giovanile di tanti ragazzi in sboccio ormonale. La pellicola è ambientata nel 1970 e si percepisce aria di Vietnam per il precipuo influsso del figlio perduto in guerra dalla cuoca factotum, segnalata per la parte come possibile migliore attrice non protagonista per gli Oscar 204. La retrodatazione cinquantennale regala un profumo di Old fashioned con il delizioso ritratto di una società puritana e un po’ bigotta dove l’arcigno professore potrebbe anche prendere spunto dal professore storico interpretato da Robin Williams o, in letteratura dallo Stoner di John Williams. In definitiva un insegnante a cui non riesce nulla nella vita di tutti i giorni, sul versante amoroso come su quello delle relazioni ma che alla fine si pone e si sintonizza con la realtà con un gesto quasi eroico che lo porterà a una nuova visione del proprio futuro. Piccolo film di charme dai contenuti non roboanti ma dal solito intreccio, legato da una salda sceneggiatura. Film on the road nella lunga parentesi a Boston dove finalmente le tensioni si sciolgono e si stabilisce una rinnovata e fresca intesa tra professore e discepolo.

data di pubblicazione:24/01/2024


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YANNICK – LA RIVINCITA DELLO SPETTATORE di Quentin Dupieux, 2024

YANNICK – LA RIVINCITA DELLO SPETTATORE di Quentin Dupieux, 2024

Un curioso originale film da camera che vive su una dimensione teatrale. Dramma in palcoscenico cortocircuitando i rapporti tra attori e pubblico. La rivincita scatta quando un intemperante spettatore contesta quando sta avvenendo in sala. I suoi argomenti sono piccati ma anche stringenti e richiedono completa soddisfazione. Costringerà gli attori a recitare un suo abborracciato ma pur divertente copione fino all’esagerato intervento della polizia.

  

Gode di un reale potere di giudizio il pubblico assistendo a uno spettacolo comico di grana grossa che poco sottilmente allude alle corna? Il regista sembra nel sottotesto contestare la passività di folle spesso plaudenti per conformismo. In effetti la vera azione drammatica è attivata dalla forzata coattiva interruzione che sviluppa un vero proprio psicodramma in palcoscenico. Emergono i diversi atteggiamenti dei tre attori in azione e le rispettive frustrazioni per uno spettacolo che non li convince fino in fondo. La donna viene portata ai limiti della disperazione e baratta la salvezza con la piena disponibilità sessuale verso l’attore principale se riuscirà a salvarla. Il pubblico non può scappare ed è costretto a interagire con il disturbatore che a un certo punto imbraccia persino un revolver, contribuendo ad aumentare la tensione e il montante climax. Sono pochi i personaggi in platea in grado di prendere decisioni autonome e non condizionate da quanto sta inopinatamente avvenendo. Come un signore anziano che a un certo punto prende cappello e se ne va, indisturbato mentre tutti gli altri sembrano ipnotizzati dallo strano andamento della serata. Pellicola gradevole e in economia che fa capire come il cinema possa prendere direzioni diverse e inaspettate anche con un piccolo budget. Gli spettatori al cinema finiranno coinvolti e proveranno perfetta solidarietà con i loro colleghi a teatro, merito precipuo del regista.

data di pubblicazione:24/01/2024


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PROCESSO GALILEO di Angelo De Mattè e Fabrizio Sinisi

PROCESSO GALILEO di Angelo De Mattè e Fabrizio Sinisi

drammaturgia di Simona Gonella, regia Andrea De Rosa, Carmelo Rifici, con Luca Lazzareschi, Milvia Marigliano, Catherina Bertoni de Laet, Giovanni Drago, Roberta Ricciardi, Isacco Venturini

(Teatro Vascello -Roma, 19/27 gennaio 2024)

Tante mani (autori, dramaturg, regia) per un’opera pregna di temi. Tanti forse troppi. Generosamente spesa per eccesso in cento minuti la parabola di Galileo. Con una prima parte dentro il processo dell’Inquisizione e la sua dolorosa abiura. Una seconda proiettata nell’attualità che misura le sue scoperte con i temi attuali della scienza fino alle soglie dell’intelligenza artificiale.

 

Il saldo controllo dei due navigati protagonisti esalta anche le capacità attoriali dei più giovani comprimari. Dal seicento fino ai giorni nostri suscitando argomenti vasti di discussione. L’enorme spazialità della scena del Vascello tra fondali rigidi e austeri e piccoli campi da coltivare. La scienza e la quotidianità. Le ragioni della vita e le contraddizioni nel rapporto tra scienza e religione. Si discetta anche sulla bomba atomica, quella che doveva chiudere per sempre ogni ambizione bellica e invece ha aperto la strada alla deflagrazione nucleare. Un Galileo saggio, pacato, ago della bilancia tra le pulsioni degli altri con la Marigliano brava a scindersi con disinvoltura in ruoli diversissimi. Spettacolo intenso, a tratti subliminale. Con un linguaggio seicentesco adattato ai nostri tempi con rigore filologico. Una giovane donna al piano con abiti contemporanei è la cartina di tornasole del cammino degli ultimi quattro secoli con le sue storture. Citazioni per Copernico, Tolomeo, Giordano Bruno, Galileo non va al rogo, fa marcia indietro ma non deflette dalle sue scoperte, rivelatrici e anticipatrici di futuro. Intellettualità per un teatro che scava nella storia con rigore. Immenso e meritorio lavoro di preparazione per una lettura a più strati e con un residuo concettuale da metabolizzare senza fretta. Inutile dire che la sala di Monteverde è sempre generosamente piena e autentica nei prolungati applausi.

data di pubblicazione:24/01/2024


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