WE ARE YOUNG. WE ARE STRONG. di Burhan Qurbani – D

WE ARE YOUNG. WE ARE STRONG. di Burhan Qurbani – D

(Festival Internazionale del film di Roma 2014 – Cinema D’Oggi)

Wir sind jung. Wir sind stark.Noi siamo giovani e forti e nulla può fermare la nostra rabbia. Il nostro odio xenofobo verso i rifugiati che inquinano la nostra nazione. Parte così, con questa idea malsana ma attualissima, il film del regista di origine afgana, ma nato e cresciuto in Germania, Burhan Qurbani. Un giorno dell’agosto 1992: la giornata viene scandita da orari ben fissati sullo schermo, per farci entrare in quell’ansia, in quel crescendo di tensione ed attesa come preludio alla tragedia finale, l’attacco da parte di fronde naziste ad un centro accoglienza per rifugiati vietnamiti. Il tutto condito da canti nazisti inneggianti alla nuova Germania appena riunita, alla razza superiore, dove anche eminenti personaggi, inclusa la polizia, sembrano soffermarsi su quale posizione prendere per non compromettere la propria identità e posizione politica. Poetica la figura di Lien, vietnamita anch’essa e abitante del centro preso d’assalto, oramai quasi tedesca, dopo aver faticosamente ottenuto il permesso di soggiorno illimitato, e sempre fiduciosa sino alla fine in una pacifica soluzione del dramma. E quasi a fissare il contrasto nella mente del protagonista Stefan, ed i suoi sguardi cupi verso i compagni di fronte al suicidio del suo amico Philipp, la fotografia della prima parte del film è rigorosamente in bianco e nero. Mentre nella seconda parte, a confermare il surriscaldarsi della scena d’azione, la pellicola prende colore per presentarci una immagine, sia pur sgranata come una sorta di film di repertorio: del resto si tratta di fatti realmente accaduti nella città di Rostock e passati oramai alla storia come una degli episodi xenofobi più violenti di quegli anni. Una Germania di allora piena ancora di contraddizioni per la recente riunificazione. Ed oggi? Questa Germania di oggi, dove sta andando?

data di pubblicazione 16/10/2014








SALVO di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, 2013

SALVO di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, 2013

(Festival di Cannes 2013- Settimana della Critica)

Salvo è un killer e lo sguardo magnetico di lui parla più della sua bocca; Rita è una ragazza cieca dalla nascita ed ha la colpa di essere la sorella del mandante di un agguato mafioso: le loro strade “miracolosamente” si incontrano e i loro destini si mescolano, dando origine ad una sorprendente storia di redenzione. Questo film, rigorosamente ambientato a Palermo, non poteva che essere abbinato alla ricetta degli “spitini” alla palermitana.

INGREDIENTI (x 6 persone): 400 grammi di carne di manzo tagliata a fettine sottilissime e delle dimensioni di circa 10 cm per lato – 2 cipolle bianche – alcune foglie di alloro fresco – per il ripieno:80 gr. di pan grattato – 100 gr. di pecorino o caciocavallo grattugiato – sale e pepe q.b. – uvetta passa di corinto (è quel tipo di uvetta molto piccola e scura) – una manciata di pinoli – qualche pezzetto di pomodoro – olio d’oliva q.b. – una fetta spessa di salame milano.

PROCEDIMENTO: Preparare l’impasto mescolando gli ingredienti sopra indicati e tagliando a pezzettini minuscoli la fetta di salame milano ed il pomodoro. Il tutto deve essere amalgamato con abbondante olio d’oliva in modo da rendere il ripieno abbastanza umido.

Sistemare le fettine su di un tagliere (volendo all’interno possono essere leggermente imburrate per renderle più soffici alla cottura), non troppo grandi ma tali da poter essere arrotolate senza far fuoriuscire il ripieno, e farcire. Una volta completata la farcitura, gli involtini andranno infilzati con uno stecchino lungo a tre o quattro per volta, alternando ad ogni involtino infilzato un pezzetto di cipolla ed una foglia di alloro. Gli “spitini” così pronti vanno poi unti di olio e passati nel pan grattato, e dunque messi al forno a 200°, ma solo per 10 minuti altrimenti si seccano troppo. Da servire tiepidi con un contorno di insalata o patate al forno.

MATRIX  E LA FISICA QUANTISTICA

MATRIX E LA FISICA QUANTISTICA

Riflessioni in libertà su Il Tao della Fisica di Fritjof Capra- edizioni Adelphi –

Quando nel 1999 Lana e Andy Wachowski ci presentarono il primo Matrix, pellicola definita di pura fantascienza, il film conquistò pubblico e critica e vinse numerosi premi cinematografici tra cui 4 Oscar per miglior montaggio, sonoro, montaggio sonoro ed effetti speciali. I due personaggi principali, Neo e Morpheus interpretati rispettivamente da Keanu Reeves e Laurance Fishburne, entravano ed uscivano da due realtà virtuali ed immaginarie quali proiezioni mentali del proprio “io” digitale, vale a dire della propria immagine del sé, in Matrix. In particolare, in una delle prime scene, Neo si trova inserito in un programma a campo bianco dove chiede a Morpheus se quello che sta toccando o vedendo è realtà: Morpheus risponde che il reale non esiste. Non si può dunque definire reale quello che tocchiamo o vediamo, perché ciò si traduce in semplici segnali o impulsi elettrici che gli organi preposti trasmettono al cervello, che vengono poi codificati ed immagazzinati creando una intelligenza artificiale; tale intelligenza ci permette quindi di interpretare i fenomeni stessi al momento, per poi decodificarli quando ci sembrerà più opportuno.

In un futuro incerto, dove si è persa la cognizione del tempo, il sistema Matrix prenderà il sopravvento sull’umanità e ci dimostrerà che, quello che ci appariva sin ad ora reale, era al contrario una pura illusione. La realtà dunque non va capita o spiegata, è solo un mezzo virtuale che ci serve  per accostarci alla verità. Ma quale? La fisica quantistica ci spiega oggi che ciò che la nostra immaginazione elabora, come esseri pensanti superiori alle formiche, ci permetterà domani di creare qualcosa che oggi ci appare impossibile o fantasioso. Il fatto di pensare che si possa volare ci consentirà un giorno, prossimo o lontano che sia, di volare effettivamente; la mente umana crea quindi con l’immaginazione ciò che l’uomo in futuro renderà possibile concretamente, ovviamente solo quando sarà in possesso degli strumenti adatti per realizzarlo.

Fritjof Capra con Il Tao della Fisica – edito da Adelphi -, ci spiega da una parte i concetti, i paradossi e gli enigmi della teoria della relatività, della meccanica quantistica e del mondo submicroscopico e, dall’altra, evidenzia l’analogia di tutto ciò con le idee millenarie dei filosofi e mistici orientali. Uscire dalle categorie di spazio e tempo, la tanto elaborata teoria della relatività, permetterà quindi, all’uomo di domani, di capire ciò che oggi è ancora oscuro e fuori dalla sua portata.

data di pubblicazione 12/10/2014

IL GATTOPARDO di Luchino Visconti, 1963

IL GATTOPARDO di Luchino Visconti, 1963

Dopo un lungo ed estenuante viaggio nella torrida Sicilia estiva, il principe di Salina e famiglia, scortati dal nipote Tancredi, arrivano finalmente impolverati e malconci a Donnafugata dove li attende la banda del paese ed una folla di curiosi. A sera sulla tavola del Palazzo viene servito il famoso timballo di maccheroni, descritto nei dettagli dall’autore del romanzo Il Gattopardo Giuseppe Tomasi di Lampedusa, e che è rimasto famoso tra le ricette celebri. Qui proviamo un riadattamento: per semplificare ed “alleggerire” il timballo, eliminiamo l’involucro di pasta frolla e lo sostituiamo con un strato di melanzane fritte.

INGREDIENTI (x 6/8 persone): 800 g di carne mista con manzo e spuntature di maiale e salsiccia – 1 bicchiere di vino bianco – 500gr di mezze maniche o mezze penne o pasta ad anellini- 2 bottiglie di passata di pomodoro con aggiunta di estratto – 200 gr di pisellini – 100 gr di fegatini di pollo – 2 uova sode – 3 melanzane -300 gr di primo sale o caciocavallo – 150 gr. di parmigiano o pecorino grattugiato o un mix di entrambi- sale pepe q.b..

PROCEDIMENTO: Si prepara il ragù nella maniera tradizionale, con un soffritto di cipolla in olio d’oliva, mettendo la carne a rosolare, sfumandola con una spruzzata di vino bianco, sale e pepe. Aggiungere la passata di pomodoro ed un poco di estratto, quindi far cuocere a fuoco lento per circa 3 ore. A parte cuocere i pisellini ed fegatini di pollo, separatamente, sempre con un poco di cipolla e vino bianco per sfumare. Quindi friggere in abbondante olio d’oliva le melanzane tagliate a fette longitudinali. Tagliare a cubetti il primo sale o il caciocavallo semi stagionato. Tagliare a fettine sottili le uova sode. Una volta raffreddato il ragù, fare a pezzetti i vari tipi di carne e le salsicce, e tenete a parte i fegatini di pollo. Accendete il forno a 180° per farlo riscaldare bene; fare cuocere per soli 5 minuti la pasta che dovrà essere o mezze maniche o mezze penne o meglio gli anelletti che sono difficili da trovare in città diverse da Palermo, ma ci si può provare. Intanto si unge la teglia con olio, spolverata con pangrattato ed foderata con le melanzane fritte. La pasta semicruda verrà condita con il ragù e sistemata a strati nella teglia foderata di melanzane alternando con strati di pisellini ed il formaggio a cubetti ed i fegatini e con spolverate abbondanti di formaggio grattugiato. Sistemata tutta la pasta, verrà spolverata a chiusura con il pangrattato ed una spruzzata di olio per far la crosta. Mettere il tutto in forno fisso per 40 minuti a temperatura 180°, di cui gli ultimi 10 minuti con il grill. Il timballo va servito tiepido, quindi dovrà “riposare” per circa un’ora…

PASOLINI di Abel Ferrara, 2014

PASOLINI di Abel Ferrara, 2014

(71ma Mostra del Cinema di Venezia- in Concorso)….è arrivata una cometa

Quest’ultimo lavoro del regista statunitense Abel Ferrara (classe 1951) sulle ultime ore, in verità una intera giornata, della vita di Pasolini ci ha lasciato molto perplessi, direi disorientati e sicuramente ci ha delusi nelle aspettative. In questa ultima giornata particolare, tale perché in effetti finisce con la sua morte, Pasolini, ci viene presentato da Ferrara come un uomo dai mille aspetti, come si dice poliedrico: regista, drammaturgo, saggista, linguista, poeta, romanziere. Tutto vero, solo che ci si perde in un labirinto dove tutto sembra essere lasciato in sospeso, indefinito, poco chiaro, direi confuso…

Anche nell’ intervista rilasciata proprio quel giorno fatale a Furio Colombo per la “Stampa” risulta infatti difficile afferrare il vero senso di quel messaggio che Pasolini voleva trasmettere. Qui emerge a stento, direi forse in maniera poco chiara, la radicalità della sua spietata critica verso quella dilagante società borghese tutta votata al consumismo più sfrenato. Intervista che bruscamente interrompe come a confermare l’assoluta inutilità di qualsiasi affermazione di fronte al dilagare della corruzione politica e forse come a presagire quel destino crudele che dopo poche ore si sarebbe appalesato.

Più convincente appare invece il riferimento ad un ipotetico lavoro a cui Pasolini stava dando già forma concreta mediante la scrittura di un trattamento per un film (Porno-Teo-Kolossal). In sintesi si sarebbe trattato di un viaggio tra Napoli e Roma, tra una nuova Sodoma ed una nuova Gomorra, che i due protagonisti, già individuati in Eduardo De Filippo e Ninetto Davoli, avrebbero effettuato seguendo una cometa. Qui viene evidenziato l’aspetto fantastico della narrazione dove appare come protagonista unico un Ninetto Davoli di oggi accompagnato da un Ninetto Davoli di ieri (Riccardo Scamarcio). I due Ninetto, quali doppia faccia di una stessa figura, al loro arrivo a Roma, dopo essere stati coinvolti, solo come spettatori, alla festa annuale della fertilità (da rimpiangere forse quei tempi in cui ci si scandalizzava per un panetto di burro sulla scena) intraprenderanno un faticoso cammino verso l’alto, forse in un estremo anelito di redenzione.

Pasolini ci vuole così dire che il tentativo di raggiungere un paradiso, comunque lo si concepisca, non porterà a nulla. Infatti la visione lontana di questo nostro mondo da parte dei protagonisti non li condurrà a nessun paradiso ma ad una consapevolezza, forse, che il vero paradiso bisogna cercarlo più in basso.

Discutibile la scelta degli attori: da Willem Dafoe nei panni di Pasolini a quella di Ninetto Davoli, che interpreta se stesso, a seguire Maria de Medeiros quale Laura Betti. Assolutamente inadeguato il doppiaggio, mentre risulta piena di pathos l’interpretazione di Adriana Asti, nel ruolo della madre. Inqualificabile e fuori luogo la recitazione di Riccardo Scamarcio…

data di pubblicazione 1/10/2014


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