ANGELA – serie Netflix in sei episodi, 2025

(Foto privata)

In questa miniserie spagnola diretta da Norberto Lopez Amado, Angela – interpretata da Veronica Sanchez – è madre di due bambine e moglie di un uomo di successo, apparentemente devoto alla famiglia. La sua “perfetta esistenza è costellata, in realtà, di abusi e maltrattamenti. Ma nessuno le crede. Forse non ne è consapevole neppure lei.

A prima vista, Angela può sembrare la classica storia che riproduce e racconta, secondo copione noto, la violenza di genere, esercitata sulla donna. E in particolare, la violenza domestica. La domus, nel caso specifico, è una bella casa lussuosa, gabbia dorata in cui gli spazi di prigionia appaiono camuffati da ampie vetrate panoramiche con vista sul mare. Si alternano, in questo thriller dal ritmo più che serrato, riprese grandangolari di spiagge sconfinate e primissimi piani di volti angosciati e angoscianti. Minaccia e terrore, tanto negli sguardi scrutati da vicino quanto nella natura irruente (mare perennemente agitato, onde che si infrangono sugli scogli).

Luoghi altrettanto comuni sono l’immagine pubblica di un marito premuroso (Gonzalo/ Daniel Grao) e la metamorfosi dello stesso che avviene in privato, quando nessuno vede. Ossessione e controllo si traducono nella ricerca di un ordine maniacale e in una scansione del tempo tanto arbitraria quanto rigida, nel quotidiano. Come già visto in A letto col nemico, film del ‘91 con protagonista Julia Roberts. Una parte piuttosto corposa della storia rievoca persino il celeberrimo – e ben anteriore – Angoscia, con Ingrid Bergman (Gaslight, 1944). Dove il dubbio – condiviso tra l’eroina stessa e lo spettatore – diventa, per buona parte della narrazione, “padrone” della scena, protagonista assoluto. Dove è proprio la vittima ad essere caricata di colpa e sospetto, schiacciata dall’ombra lunga del pregiudizio e della presunta follia. Contrariamente alla tradizione cinematografica tipica del genere, però, la “salvezza” e il riscatto qui non passano attraverso altra figura maschile, che faccia da contrappunto al “mostro”. Il fantomatico Eduardo (Jaime Zatarain), belloccio e scanzonato – personaggio ambiguo e monodimensionale insieme – non è affatto risolutivo. Né svolge il ruolo di aiutante, qui riservato ad una donna (l’amica avvocato Esther/ Lucia Jimenez).

Angela – nome simbolico le cui singole lettere, mostrate nell’intro di ciascun episodio, ruotano di 180 gradi – produce su di sé una sorta di “svitamento”. Un rovesciamento. Di sé stessa e su sé stessa. Si smonta e si ricostruisce, Angela madre e donna, da sola o quasi. Superando resistenze, tormenti e ferite fisiche e morali, sino alla tanto attesa “soluzione finale”. Che offre allo spettatore – quasi a voler compensare la tensione costantemente mantenuta – un godibilissimo colpo di scena. Inverte la rotta, lei, Angela. Da sola o quasi, sfidando il rischio e affrontando il dolore, e ogni tipo di sofferenza. Semplicemente perché – come si scoprirà alla resa dei conti – è necessario. “Hay que hacerlo”: bisogna farlo.

data di pubblicazione:28/09/2025

1 commento

  1. Complimenti, Daniela! La tua analisi della miniserie spagnola è profonda e accattivante. Hai saputo evidenziare gli aspetti più interessanti della storia e dei personaggi, offrendo una lettura critica e suggestiva. E complimenti per la tua scrittura fluida e coinvolgente. Grazie

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