VOX LUX di Brady Corbet, 2018

(75. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

Venezia 2018 documentari belli e strutturati come film dautore e film dautore strutturati come documentariÈ il bello della Mostra. Così può infatti apparire, a prima vista, Vox Lux di Brady Corbet. una pellicola inizialmente sgranata, una voce narrante (la splendida voce di W. Dafoe), macchina a mano, e poi la narrazione ripartita, dopo un prologo, in sezioni riferite agli anni presi in esame per le vicende narrate.

Il giovanissimo autore, l’americano B. Corbet, appena trentenne è già quasi un mostro sacro in quanto apprezzato talento sia come attore sia come regista fin dal suo primo esordio dietro alla macchina da presa con L’Infanzia del capo, premiato proprio qui a Venezia nella sezione Orizzonti nel 2015, e si concede autorialmente questo vezzo per affrontare senza inibizioni l’appuntamento con la sua opera seconda in concorso al Festival. L’avvio semidocumentaristico di cui dicevamo è infatti lo spunto per il regista per concentrarsi sugli ultimi venti anni, dal 1999 al 2017, illustrando gli eventi che hanno segnato definitivamente il nostro modo di vivere e pensare e che hanno inciso e modificato per sempre i comportamenti sociali e culturali del Mondo Occidentale in senso lato. Come ha dichiarato in conferenza stampa lo stesso regista: “il suo è un racconto sulla sindrome post-traumatica dell’Occidente, una riflessione sull’ansia collettiva che ci caratterizza ormai tutti… e… sull’intreccio fra cultura pop, spettacolo e violenza…”

Lo spunto narrativo interessante è la vicenda della giovane Celeste (Raffey Cassidy, da adolescente, e poi Natalie Portman, da adulta) sopravvissuta alle ferite riportate durante una strage nella scuola ove studiava e divenuta poi, quasi inconsapevolmente, una pop singer conosciuta ed idolatrata in tutto il mondo, aiutata dalla sorella (Stacy Martin) che, in effetti è la vera autrice dei testi e delle musiche. Metaforicamente, come la nostra Società anche Celeste subisce una trasformazione, e da dolce, ingenua, pulita e sincera ragazza la ritroviamo, passato un decennio, ormai divenuta una donna cinica, dura, indifferente ed egoista, una star violenta, irrispettosa e priva di affetto per la figlia e preoccupata solo per la sua carriera, un essere privo di riconoscenza anche verso la sorella che sempre l’ha sostenuta in tutte le sue vicende umane ed artistiche. Celeste è, secondo il regista, tutta la nostra Società che, persa ormai definitivamente la propria innocenza, in una sorta di sindrome post trauma, vive ormai cinicamente in un alternarsi umorale con la dura realtà che è costretta ad affrontare. Due anni dopo Jackie e lo splendido Il cigno nero del 2008, torna sugli schermi di Venezia una bravissima ed autorevole N. Portman nei panni di Celeste allorché è divenuta ormai una Star tanto brava, quanto disperata e sgradevole. Nel film l’attrice canta e balla su musiche composte da una cantante pop australiana e si conferma splendida interprete sia nella recitazione sia nelle parti coreografiche, con lei anche un buon Jude Law nel ruolo del suo agente. Sembra tutto perfetto, ottimo regista, ottimi interpreti, ottimi coprotagonisti, soggetto interessante… ma … ma il risultato è un film discontinuo. Sembra che qualcosa si sia perso strada facendo. L’opera è bella, ben recitata, ben diretta, ma è come priva di anima e vita, manca una vera passione ed il risultato sembra quasi didascalico…”ecco quel che volevamo rappresentare…”. Anche questo film quindi è un film di un valido autore, ma proprio per questo non basta essere “più che sufficienti”, ci si aspettava decisamente qualcosa di più.

data di pubblicazione:05/09/2018







1 commento

  1. Una combinazione di regia e cast decisamente interessante…Anche se, come si dice nella recensione, dall’eccellenza non si può pretendere altro che l’eccellenza.

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