SONG TO SONG di Terrence Malick, 2017

Di : T. Pica

11 Mag 2017 | Accredito Cinema, Novità

Prendete un giovane produttore discografico milionario, Cook (Michael Fassbender), un suo amico fraterno musicista in erba ingenuo e sognatore, BV (Ryan Gosling) e una giovane ragazza bella prigioniera delle passioni e della disperata ricerca di successo, libertà e amore, come Faye (Rooney Mara), anch’essa aspirante artista/musicista, e il triangolo della storia di amore, passione e amicizia a tinte rock sembrerebbe essere pronto. Il tema dell’effimero, della vacuità e della vanità, della crisi di valori in cui credere, della crisi di talenti e della fragilità che caratterizza il mondo che ruota intorno alla musica e all’arte in generale – in parte evocativo del patinato mondo effimero e superficiale della protagonista di Animali Notturni di Tom Ford – sono narrati dal regista Terrence Malick coerentemente con il suo stile, ovvero in modo frammentario, confuso, lentissimo. La storia, il triangolo amoroso, i sentimenti, la passione, la musica sono quasi del tutto assenti o inesistenti e lasciano la scena a ripetitivi primi piani e a una regia incentrata su una sapiente fotografia concentrata su paesaggi urbani e naturalistici, che però non va oltre l’estetica. Ricorrono durante l’intera pellicola elementi naturali quali l’acqua – onnipresente nelle pozzanghere lunari, nel fiume della città texana e nelle piscine avveniristiche delle ville moderne e sofisticate in cui si inseguono gli incontri lenti dei personaggi -, il verde degli alberi, delle piante e dei giardini, gli uccelli che tagliano i cieli che sovrastano le angosce dei protagonisti. In contrasto con questi elementi, simbolo di vitalità, purezza e libertà, si staglia il senso di oppressione e prigionia degli ambienti chiusi delle camere d’albergo, dei monolocali o delle ville contemporanee che altro non sono che lo specchio dell’egoismo calcolatore, della diffidenza, della superficialità, della paura di amare e di soffrire (o dell’irrefrenabile desiderio si sofferenza masochista), degli atteggiamenti e delle movenze artefatte, pseudo sofisticate di Fave e degli aspiranti artisti o artistoidi che circondano lei e il mondo vacuo in cui si è ostinatamente voluta incatenare. Il sesso, la passione che consuma i protagonisti in realtà è solo accennato: appare finto, è rappresentato come una sorta di pratica a tratti angosciante, a tratti coreografica o rigida come un’istallazione esposta in vetrina, viene accennato con stanchezza, senza trasporto, è imbalsamato. L’amore, il sesso sembrano prigionieri degli abiti glamour, eleganti e spesso aderentissimi dei protagonisti. La narrazione, come anticipato, è estremamente lenta e dispersiva, non esiste un vero copione recitato dagli attori, non ci sono dialoghi bensì voci narranti dei singoli personaggi che entrano fuori campo mentre scorrono le immagini di volti, di elementi di arredo o paesaggi. Il film tenta di far parlare volti e gesti fisici affettati, rigidi di personaggi finti e si perde come una grande allegoria delle pagine delle riviste di architettura o di arredamento. La musica, pur ispirando il titolo del film, non emerge in alcun modo, non lascia spazio alle doti canore e musicali di Rayan Gosling. La musica si intravede nei flash su prati gremiti durante i concerti (di Iggy Pop, Red Hot Chilly Peppers) e solo attraverso il cameo di Patty Smith che interpreta se stessa. Lo spettatore è esasperato dalle lente domande o dalle affermazioni, talvolta ripetitive, banali e inutili, pronunciate dai volti, a tratti inespressivi, dei tre protagonisti che sembrano trascorrere le proprie giornate unicamente giocando a sfiorarsi, rincorrendosi per stanze o giardini, muovendo le mani e gli occhi come se fossero su un set fotografico, assumendo continue pose plastiche che poi trascinano lungo pareti, balconi o viali. Il film, complice la bellezza del cast e in particolare quella delle protagoniste femminili, alle quali si unisce l’apparizione del personaggio della ricca Amanda (Cate Blanchett), sembra un lunghissimo spot tipico delle case di moda per abiti griffati e profumi sofisticati…che sia stato questo il pretesto del regista? Concedete un pò di ironia dissacrante per smorzare la pesante vanità del film che si salva solo per la fotografia e il cast, sebbene la bravura e il talento degli attori sia rimasta inespressa.

data di pubblicazione:11/05/2017


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