RIPARARE I VIVENTI di Maylis De Kerangal – Feltrinelli, 2015

Febbraio, ora antidiluviana. Tre amici, tre adolescenti, si incontrano per una sessione di surf.

Uno di loro non tornerà a casa, verrà stroncato da un incidente sulla via del ritorno; arriverà in ospedale in coma irreversibile e, in quel momento, una macchina inesorabile si metterà in moto perché la morte di uno possa significare la vita per molti.

Un libro veramente bello e originale, che si dipana in ventiquattro ore cariche di suspense, con pause e ripartenze e che parla della vita attraverso la morte.

Un argomento molto complesso, il trapianto, che l’autrice tratta non solo dal punto di vista “tecnico” scandendo i tempi entro cui andranno espiantati gli organi perché siano utilizzabili, l’avvicendamento in camera operatoria delle equipe che si occuperanno ognuna del proprio organo, cuore, fegato, reni,  ma anche “introspettivo”, con pochi tratti essenziali ci farà conoscere tutti gli attori di questa tragedia moderna.

I genitori con il loro dolore inconsolabile, inenarrabile, che dovranno decidere di staccare le macchine che tengono in vita il proprio figlio per permettere ad altri di continuare a vivere; le vite, i sentimenti, il dolore, l’amore e l’immenso rispetto di tutti coloro che sono coinvolti, dai medici, agli addetti ai trapianti, dagli infermieri alla donna che riceverà il cuore del giovane Simon che le permetterà di tornare a vivere.

Un libro che fa sicuramente riflettere; quando non è rimasto più nulla della persona che siamo stati il nostro corpo si trasforma in un insieme di organi che possono essere tenuti in “vita” da una macchina, una vita che non è “vita” è ben altro.

Un libro che si riassume in una frase: “Che fare Nicolas? – Seppellire i morti e riparare i viventi.”

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