PREAMLETO di Michele Santeramo, regia di Veronica Cruciani

6 Apr 2016 | Accredito Teatro

(Teatro Argentina – Roma, 30 marzo/10 aprile 2016)

Preamleto, ovvero il dramma prima del dramma.

Il vecchio Re Amleto ha l’alzheimer. Non ricorda niente, né sua moglie Gertrude, né il figlio Amleto e il fratello Claudio. Non ha ricordi ma ha ancora il potere, è vivo, siede in poltrona, da solo, in un bunker di cemento armato. Quel grigio e solido contenitore lo protegge da nemici e dagli occhi impietosi di chi non lo rispetterebbe più come capo.

Intorno a lui, nel giorno del suo compleanno, si compone il quadretto familiare: il fratello Claudio, avido di potere ma incapace di spodestare l’anziano capo; la moglie Gertrude, donna complessa, non materna, amante del cognato, dilaniata dal desiderio del comando e insofferente al ruolo di badante del marito; il consigliere del Re, Polonio, indeciso, comico e viscido al tempo stesso; e infine il giovane e impulsivo Amleto, che pensa di essere in grado di difendere la memoria e l’onore del padre, incentrando su di sé il comando.

Peccato che predomini  su tutti l’incapacità… di essere madre di Gertrude, di essere in grado di governare di Claudio, di vendicare il padre da parte di Amleto, di essere fedele da parte di Polonio. Gruppo di famiglia in un interno. Solo il vecchio re, sereno e distaccato grazie alla malattia, riesce a fornire la chiave per sfuggire alla materialità ed alla schiavitù del potere.

Intrecci e motivazioni che nel testo shakespeariano sono lasciati alla libera fantasia dello spettatore trovano qui un prologo riflessivo e spiazzante. Se cambiassero i presupposti, la vicenda di Amleto sarebbe la tragedia annunciata? E quali sono le reazioni che si innestano nello stretto gruppo familiare costretto a confrontarsi con il potere?

“Il potere a questo serve: a continuare a comandare” dice Gertrude al Re per convincerlo a prendere l’unica decisione che le pare giusta.

Michele Santeramo scrive un testo che, se da un lato racconta l’antefatto della tragedia, prima della morte del re Amleto padre, prima che diventi lo spirito inquieto e lugubre che si aggira sulle torri del castello di Elsinore, dall’altro proietta storia e personaggi della tragedia shakespeariana in una realtà contemporanea, in un claustrofobico rifugio di cemento armato in cui il Re, seppur malato, è più libero e meno terreno di tutti.

Potere, egoismi, lussuria, soprusi, in un contesto nel quale la vita e la morte si invertono, vero e falso si mescolano. Il vecchio Re suggerisce allora una via d’uscita alla spirale di violenza a cui i personaggi sembrano destinati invitando saggiamente moglie e fratello a inscenare la sua morte e a far credere al figlio che sia stato vittima di un vile omicidio; si mostrerà poi al giovane Amleto come fosse un fantasma con Claudio, Gertrude e Polonio che reggeranno il gioco e fingeranno di non vederlo. Il figlio convinto di delirare e in preda ai sensi di colpa abbandona ogni velleità di comando e Claudio e Gertrude saranno i nuovi capi obbligati alla «peggiore delle condanne: ovvero vivere comandando» mentre Amleto potrà «buttar via la parte peggiore di sé e vivere più puro con l’altra metà» non vendicando la morte del padre.

 Uno spettacolo intelligente e profondo quello proposto dalla regista Veronica Cruciani in scena al Teatro Argentina dal 30 marzo al 10 aprile 2016 e poi ancora in tournée in Italia.

Un cast convincente guidato dagli eccellenti Massimo Foschi (Re Amleto) e Manuela Mandracchia (Gertrude), in cui molto incisivi risultano anche Michele Sinisi (Claudio), Gianni D’Addario (Polonio) e Matteo Sintucci (Amleto figlio).

Le scelte registiche si rivelano efficaci nel confezionare una pièce equilibrata in ogni suo aspetto, dalle scene ai costumi, alle luci ed alla musica, nella quale spiccano sicuramente la forza e la immediatezza dei messaggi, la contemporaneità dei personaggi, il confronto tra la materialità e la schiavitù del potere e la leggerezza e la purezza del distacco.

 data di pubblicazione: 06/04/2016


Il nostro voto:

1 commento

  1. Grazie per la bella e approfondita critica. Grazie per la bella attenzione al lavoro di tutti.

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