MADE IN ITALY di Luciano Ligabue, 2018

Riko lavora da trenta anni come operaio in una fabbrica di salumi a Reggio Emilia ed è sposato con Sara che è parrucchiera in un centro di estetica. La coppia, che ha anche un figlio già pronto per entrare all’università, sta attraversando un periodo di crisi coniugale che sembra riflettere appieno la profonda crisi economica che investe il paese, pervaso da una generalizzata precarietà lavorativa che investe anche la sfera esistenziale dei singoli. Di fronte a questa catastrofe, Riko e Sara sono incapaci di trovare una soluzione pratica per affrontare nel migliore dei modi un futuro che, al di là delle poco rassicuranti apparenze, può riservare invece ancora buone prerogative: l’abilità di confrontarsi affettivamente con gli amici sinceri sarà l’unico rimedio veramente efficace. 

 

Luciano Ligabue, alla regia del suo terzo film, ci racconta l’Italia di oggi che noi tutti ben conosciamo, dove non si parla che di Stepchild, Spread, Jobs Act, termini di cui non tutti ne comprendono l’effettivo significato e forse sino in fondo neanche i politici che li usano, dando così l’esatta percezione che siano stati creati ad arte per confondere la mente di noi poveri cittadini. Ligabue regista ricorre ad un linguaggio cinematografico semplice, non troppo ragionato tuttavia efficace a trasmettere un messaggio che, pur nella sua drammaticità, riesce ad  infondere un minimo di speranza non solo ad un pubblico di cittadini adulti, ma soprattutto alle nuove generazioni, che da cittadini si stanno affacciando alla vita e che il Liga cantante conosce molto bene. La storia di Riko (Stefano Accorsi) e di Sara (Kasia Smutniak) non dice dunque molto di nuovo: coppia in crisi principalmente per tradimenti da ambo le parti, precarietà in campo lavorativo, difficoltà ad affrontare la complessità del quotidiano in un paese dove tutto sembra remare contro per far ripiombare l’intera popolazione inesorabilmente in uno stato di preoccupante confusione. In questa situazione di perenne incertezza in quelli che sono gli aspetti essenziali della vita, non rimane che appoggiarsi sulla spalla degli amici per trovare in essi quella giusta dose di affetto e di solidarietà necessaria per tirare avanti, alla meglio. E se quando tutto è oramai perduto e sembra non rimanere altro che ricorrere all’atto estremo per tirarsi fuori dall’empasse, ecco che, un poco per fortuna ed un poco per quell’inconfondibile goliardia che accompagna sempre noi italiani, improvvisamente ogni cosa si ricompone al meglio e dopo la tempesta ritorna la quiete sia pur del tutto effimera. In Made in Italy sono dunque racchiusi tutti gli ingredienti della tipica commediola all’italiana con lieto fine, sia pur velato da una leggera amarezza di fondo, che poi è la prerogativa che contraddistingue noi italiani: vale a dire l’abilità di reinventarsi sempre qualcosa di nuovo per affrontare il proprio incerto futuro con un ritrovato slancio e una buona dose di ottimismo. Un plauso va ai due interpreti che sanno muoversi in maniera convincente anche nelle scene più grottesche. Quanto a Ligabue regista, se con Radio Freccia aveva toccato i nostri cuori, con Made in Italy ci ha fatto un po’ rimpiangere la sua grandiosità di artista in campo musicale.

data di pubblicazione:05/02/2018


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1 commento

  1. Kalibano è stato fin troppo tenero ,occorre dirlo: Ligabue è ormai da tempo un prodotto sbiadito sia musicalmente e tantomeno come scrittore o regista. Non è necessario saper o voler fare tutto. Questa prova cinematografica è in linea con la sua ultima produzione discografica. Purtroppo ,tocca dirlo, esperienze decisamente deludenti e già viste

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