LA MÉLODIE di Rachid Hami, 2018

Parigi. Simon è un famoso violinista in attesa di essere convocato per lunga serie di concerti. Nel frattempo accetta un incarico presso una scuola di periferia: si tratta di affiancare un professore di musica nell’istruire un gruppo di alunni per trasformarli in una vera e propria classe-orchestra, secondo un programma scolastico che prevede a fine anno una loro esibizione alla Filarmonica. Tra questi ragazzi, alcuni dei quali vivaci e maleducati, c’è il timido Arnold di origini senegalesi, che mostra subito una spiccata attitudine per il violino.

 

 

Per Simon (Kad Merad), secondo il quale la musica è un’arte universale che può aprire le porte a tutti coloro che la approcciano nel modo giusto, non sono sufficienti passione e tecnica: per riuscire a suonare bisogna innanzitutto divertirsi. Purtroppo, di fronte ad un pubblico di allievi così indisciplinati e sfrontati che devono essere in primo luogo educati a maneggiare con cura lo strumento che è stato loro assegnato, Simon dovrà dar fondo a tutta la sua pazienza per mantenere controllo e disciplina. Fa eccezione Arnold, timido e riservato, che mostra un immediato rigore comportamentale, tanto impegno ed un grande rispetto per la musica. La musica potrà realmente cambiare la vita di questi ragazzi?

Dopo aver visto il primo lungometraggio del regista algerino Rachid Hami non possiamo che dare a questo interrogativo una risposta positiva. La mèlodie è un commovente e tenero film sulla musica in ambiente scolastico ed i giovani attori, tutti bravissimi, scelti in base al loro talento per la commedia, hanno dovuto realmente imparare a suonare il violino, come ha dichiarato uno di loro durante la conferenza stampa all’ultimo Festival di Venezia dove il film è stato presentato Fuori Concorso: “mi ha fatto molto piacere imparare a suonare il violino perché mentre suonavamo eravamo tutti uguali, non c’erano più diversità di razza. È stata una grande opportunità, non sarei qui oggi”.

La mèlodie è uno di quei film corali a sfondo educativo che ci fanno capire come dare anche ad uno solo di quei ragazzi la possibilità di appassionarsi a qualcosa sino ad allora irraggiungibile, permettendogli di ampliare i propri orizzonti, rappresenti oltre che una sfida anche un autentico divertimento. E questo messaggio semplice, delicato e commovente ci arriva soprattutto attraverso la musica: Shéhérazade è il brano che il regista sceglie di far suonare ai ragazzi, una suite sinfonica composta da quattro brani separati, e poi uniti tra loro da una parte solistica affidata al violino.

data di pubblicazione:27/04/2018


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1 commento

  1. Un delicato affresco sulla tolleranza, sull’integrazione, sulla cultura e, in definitiva, sulla speranza di chi ancora riesce a sognare.

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