DENTI di Gabriele Salvatores, 2000

Vi ricordate il “dentone” Alberto Sordi che si presentava a un provino tv in un episodio de I complessi? Lui non aveva complessi, invece il dentone Rubini ne è afflitto tanto da credere di possedere una bocca speciale, forse maledetta, col risultato che come persona, non riesce a maturare e ciò provoca, tra gli altri problemi, una incredibile morbosa gelosia.

Proprio a causa di questa, la sua ragazza gli rompe i famosi denti e allora comincia il calvario da uno studio dentistico all’altro, tra allucinazioni e dolorosi ricordi, contrappuntato da riflessioni esistenziali sul dolore, la felicità e il rapporto tra corpo e anima. Grazie alla capacità majeutica del più odiato tra i dentisti, che gli fa venir fuori una miracolosa terza dentizione, egli rinasce a nuova vita, probabilmente più sereno e maturo. Bisogna riconoscere che Salvatores è uno dei pochissimi registi italiani che cerca e sperimenta nuove strade, stavolta con risultati buoni.

Aldilà delle scene crude e della magnifica colonna sonora, il racconto del percorso doloroso del protagonista può provocare nello spettatore (specialmente quello della generazione di Salvatores- e del sottoscritto) emozioni profonde, anche laceranti. Qualcuno ha citato Cronemberg: forse, ma ripassato in salsa mediterranea. Fra i difetti, alcuni personaggi inutili come lo zio che colleziona il pelo delle sue conquiste, e la prova insoddisfacente di un Sergio Rubini troppo esteriore, ma in compenso è girato con una cura e una perizia encomiabili.


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