COLD WAR di Pawel Pawlikowski, 2018

In un arco di tempo fra il 1949 ed il 1964, nella Polonia Staliniana, nella Parigi Bohémienne e nell’Europa divisa dalla Guerra Fredda, Wiktor (Tomas Kot) musicista polacco, alto borghese, colto e raffinato, incontra la giovane Zula (Joanna Kulig) di origini modeste ma passionale e talentuosa cantante con un pizzico di follia. Si innamorano per sempre, Wiktor di lì a poco fugge all’Ovest, ma l’amore li unisce, si perdono, si ritrovano. Un amore impossibile e distruttivo. Due innamorati che pur amandosi non riescono a poter stare insieme.

 

Dopo IDA, Oscar 2015 quale miglior film straniero, ecco di nuovo sui nostri schermi il talentuoso regista polacco con un film già premiato a Cannes per la migliore regia ed appena poche settimane fa, con l’ EFA (gli Oscar europei) come miglior film europeo 2018. Pawlikowski ci conferma tutta la sua maestria autoriale con un’opera visivamente impeccabile, con una regia, movimenti di camera, inquadrature e uso dei primi piani assolutamente originali e magistrali. Cold War è fotografato in un elegante bianco e nero che rende affascinanti le atmosfere della tormentata storia d’amore. Un bianco e nero contrastato, drammatico ed a tratti denso e velato per renderci l’alone di spaesamento della realtà narrata ed il grigiore della vita quotidiana ed anche l’interiorità tormentata dei due protagonisti smarriti nel loro amore. Il film è in effetti la storia di un amore tormentato ed appassionato, un amore assoluto, viscerale ed autodistruttivo, così tumultuoso, intenso e disperato che i due innamorati non riescono quasi a sopportarne il peso e si autodistruggono essi stessi pur non riuscendo a smettere di alimentare il sentimento che li unisce. Un amore così forte da tenere unite due anime che si riconoscono come destinate a vivere insieme, ma, non così forte da vibrare all’unisono e contemporaneamente quando le due anime riescono a viverlo. La storia fra i due è poi resa difficile ed è condizionata anche dalla situazione politica, dallo spaesamento derivante dalla lontananza dalla loro Polonia e, soprattutto dalla loro differenza di origini e cultura, dai loro forti temperamenti e dalle loro convinzioni. I due protagonisti sono materialmente lacerati fra il legame che li unisce ed il contesto che li separa. Una lacerazione sempre più distruttiva. Sullo sfondo della storia, solo sullo sfondo, malgrado il titolo, l’Europa che risorge dalle rovine della guerra mondiale, ma è già divisa, lacerata anch’essa dalla cortina di ferro della guerra fredda fra comunismo e libertà. Quasi una metafora. Il regista riesce ad esplorare le profondità di questa relazione impossibile rendendoci con assoluto pudore la purezza dei sentimenti dei protagonisti, la loro malinconia silenziosa e tutta la complessità di un legame che va ben oltre la loro stessa esistenza.

Il racconto si sviluppa per omissioni, condensato per elissi in soli 84’(evento raro oggigiorno, epoca di film lunghissimi), come sfogliando un album di foto, poche scene, brevi riprese, solo accenni di vita, lasciando poi allo spettatore ed alla sua immaginazione di ricrearsi ciò che succede alla vita ed ai sentimenti dei personaggi, nei lunghi spazi temporali che intercorrono fra un incontro e l’altro.

Il vero filo conduttore del film, quasi fosse un terzo protagonista, è la musica. Una musica che è sempre presente fin dalle prime inquadrature ed è l’elemento chiave per capire il racconto, in particolare la canzone “Cuori”, più volte cantata dalla protagonista in vari arrangiamenti, che di volta in volta affascina, lega o fa separare i due innamorati, anticipando nel suo testo tutto il senso della storia di questi due cuori attratti e contrapposti in un amore senza pace.

Volendo trovare dei difetti, a parte forse un certo squilibrio fra la parte iniziale e la storia d’amore, credo si possa rilevare che il regista non entri adeguatamente in profondità negli aspetti esistenziali dei suoi personaggi e si limiti invece a mostrarcene solo i segmenti di vita che li uniscono e poi li separano. Manca, a mio giudizio, un maggiore coinvolgimento, per cui alla fine il film risulta un’opera bella da vedere ma forse un po’ troppo fredda che coinvolge solo in superficie. Straordinaria ovviamente l’interpretazione dei due attori principali che rendono tutta la dolente sensualità del tormento delle anime e dei cuori dei loro eroi.

Cold War è un film drammatico sentimentale, un grande amaro canto d’amore, qualche critico lo ha anche definito “un film per cinefili o solo per Festival alla ricerca del capolavoro”, forse sì forse no, comunque sia, Cold War è un film da vedere che fa riflettere e su cui si deve riflettere e che forse andrebbe rivisto due volte per poter poi dire di aver già visto, fin da subito, un bel film.

data di pubblicazione:23/12/2018


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3 Commenti

  1. Una storia d’amore bella, raffinata, tormentata, nella quale perdersi sulle note di una colonna sonora che la fa da padrona, ambientata un momento storico che detta gli allontanamenti e il ritrovarsi a caro prezzo, mai banale né patetica nella rappresentazione dell’essenza e della purezza dei sentimenti dei due protagonisti, in un bianco e nero che ne esalta la drammaticità.

  2. Recensione più che esaustiva per un film raffinato ed elegante, che incanta, con un bianco e nero che conferisce forza a tutta la narrazione. Semplicemente bello e basta.

  3. Sinfonia di un Amore negato in un equilibrio sentimentale che resta in divenire e non diviene mai Essere.
    Amore come metafora di un contesto politico sociale al di qua’ e al di la’ della cortina di ferro.
    Due anime “gemelle”consapevoli di avere contro le trame del loro destino

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