BERLINALE [7] – LA TERRA DELL’ABBASTANZA di Damiano e Fabio D’Innocenzo, 2018

(68 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – Berlino, 15/25 Febbraio 2018)

Mirko e Manolo sono due ragazzi di una borgata romana che frequentano svogliatamente l’ultimo anno dell’istituto alberghiero e, come tutti i giovani della loro età, non sono concentrati più di tanto sul proprio futuro quanto piuttosto di divertirsi con le ragazze. In una dello loro frequenti scorribande notturne i due investono un uomo e, invece di prestargli soccorso, fuggono sconvolti. L’indomani verranno a sapere di aver ucciso un personaggio di spicco di uno dei clan malavitosi che si contendono il dominio sulla città. Entrati così nell’entourage della “famiglia” a cui inconsapevolmente hanno fatto un piacere, i due inseparabili amici si troveranno catapultati nel mondo della droga e della prostituzione svolgendo senza scrupoli gli incarichi che di volta in volta gli verranno assegnati.

 

I due fratelli D’Innocenzo si sono da sempre dedicati alla scrittura e alla fotografia e, senza una specifica formazione cinematografica, hanno prodotto videoclips e film per la televisione e il cinema nonché un lavoro teatrale. Con La terra dell’abbastanza, presentato nella Sezione Panorama della Berlinale, sono al loro debutto come registi. Il film segue il filone Gomorra che, prendendo le mosse dal film di Matteo Garrone tratto da Saviano, ha poi invaso tutti gli spazi televisivi possibili raccontando le lotte di clan mafiosi per spartirsi il dominio in zone della città e poter così trafficare indisturbati nel proficuo campo della droga e della prostituzione. Ancora una volta sono i giovani ad essere coinvolti, agendo senza scrupoli perché spesso incoscienti di quello che a loro viene richiesto, prestandosi facilmente a svolgere le azioni più efferate in vista di facili e lauti guadagni. È questo il caso anche di Mirko e Manolo, i due giovani protagonisti del film per i quali uccidere a sangue freddo è un modo per far bella figura di fronte al capo e riscuotere il compenso. La realtà è quella prevedibile: le borgate delle grandi città (tanto care a Pasolini) e le famiglie inesistenti che si danno da fare come possono per crescere i propri figli, fornendo degli esempi di vita non proprio eticamente raccomandabili e ai limiti della legalità.

Bisogna dare atto ai registi di aver confezionato un lavoro tecnicamente ben fatto, in cui i continui primi piani su Andrea Carpenzano (Manolo) e Matteo Olivetti (Mirko) evidenziano la loro indiscutibile bravura. Ma il plot non riesce a dare al pubblico quel “qualcosa in più” che comunque ci si aspettava visto che di storie simili oramai ne siamo tutti abbastanza saturi, ed anche la figura del capo clan affidata a Luca Zingaretti non aggiunge nulla di nuovo.

Un plauso comunque va ai due promettenti registi presenti in apertura del film che, con un paio di simpatiche battute, hanno conquistato il folto pubblico presente in sala, in buona parte costituito dalla comunità italiana di Berlino.

data di pubblicazione:21/02/2018







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