AUTÓMATA di Gabe Ibañez, 2015

Anno 2044. La Terra è ormai prevalentemente desertificata e l’umanità ridotta a poco più di venti milioni di individui, a causa di pericolose tempeste solari. Le nubi sono create artificialmente allo scopo di proteggere la popolazione dai raggi solari, la tecnologia ha subito una sensibile involuzione e gli esseri umani vivono in (apparente) simbiosi con i Pilgrim, automi creati dalla multinazionale R.O.C. per servire l’uomo nelle attività all’aperto. Essi rispondono a due protocolli: non posso nuocere ad alcuna forma vivente e non possono modificare se stessi o altri robot. Il perito assicurativo della R.O.C., Jacq Vacuam, indaga su presunti casi di malfunzionamento dei Pilgrim e si imbatte in una realtà che va oltre la propria immaginazione: la violazione del secondo protocollo.

Secondo lungometraggio – dopo Hierro – dello spagnolo Gabe Ibañez, Autòmata è un thriller distopico e fantascientifico che affascina per contenuto, nonostante duri un po’ troppo, abbia un ritmo altalenante e la sceneggiatura presenti forzature nella parte centrale della narrazione. Le sequenze alla “discarica – un’immensa baraccopoli separata dal centro urbano mediante un altissimo muro di cemento – sono visionarie, tra la rappresentazione di robot mutilati e automi dediti alla prostituzione o alla cartomanzia. Particolarmente interessante è l’ossimoro tecnologico tra gli androidi, provvisti di un’intelligenza artificiale dalle potenzialità illimitate, e gli strumenti utilizzati dagli uomini, schermi a tubo catodico, stampanti ad aghi e cercapersone (anziché cellulari). Capaci di provare emozioni e, addirittura, di creare la vita, gli automi rappresentano il futuro della Terra (Per morire bisogna essere prima vivi, recita uno di essi), mentre l’uomo (definito una scimmia violenta) è destinato all’estinzione.

Inevitabili sono i rimandi a Blade Runner, dall’autocoscienza dei robot alla pioggia radioattiva ed ai giganteschi ologrammi che si muovono tra gli edifici fatiscenti. Convincente la prova di Banderas, uscito (finalmente!) dal personaggio degli spot di un noto biscottificio italiano. Buona la fotografia grigiastra, perfettamente in sintonia con la realtà rappresentata, e davvero giusta la scelta di non ricorrere al digitale per la raffigurazione degli automi: il senso di umanità che hanno deriva, in parte, anche da ciò.

Autòmata è nel complesso un film da apprezzare, anche alla luce del basso budget impiegato (circa quindici milioni di Euro) per realizzarlo. Il set è, in buona parte, quello de I Mercenari 2, qui utilizzato per finalità (fortunatamente) più nobili.

data di pubblicazione 07/03/2015


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