DOGMAN di Luc Besson, 2023

DOGMAN di Luc Besson, 2023

(80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

“Ovunque ci sia un infelice, Dio invia un cane”. Luc Besson commuove e sorprende con il suo Dogman, presentato il 31 agosto in concorso alla 80ma Mostra del Cinema di Venezia, lungometraggio girato in lingua inglese che racconta la storia di Douglas (lo straordinario Caleb Landry Jones), un ragazzo con un profondo amore per i cani, unica nota felice di un’adolescenza di violenza e abusi.

Una strana figura viene fermata in mezzo alla strada dalla polizia. È al volante di un camion. Si intuisce che abbia un trucco sbavato sul volto ferito, una parrucca bionda ed un’improbabile vestito a la Marilyn. Si accascia sul volante. La polizia apre il camion che è carico di cani randagi: “se non fate del male a me, non faranno del male a voi”, urla, viene arrestato.

Evelyn (Jojo T Gibbs) è la poliziotta psichiatra che lo interroga e che apprende la sua terribile storia. Douglas ha vissuto con il padre allevatore di cani da combattimento, violento e fanatico religioso insieme alla moglie spesso malmenata ed indifesa ed all’altro fratello più grande sempre schierato dalla parte del padre. Per aver dato da mangiare di nascosto ai  cani affamati viene chiuso nella gabbia dei cani dal padre. Douglas cresce in quella gabbia in condizioni disumane con l’unica via di fuga rappresentata dalle riviste lasciategli dalla madre a sua volta fuggita da quell’inferno. Un giorno il padre gli spara, facendogli saltare un dito e provocandogli accidentalmente una lesione alla spina dorsale che costringerà il ragazzo ad una sedia a rotelle. Uno dei cani lo salva, attirando l’attenzione della polizia. Inizia così la nuova vita da orfano, la mancata integrazione, l’amore non corrisposto, la passione per Shakespeare, l’esistenza simbiotica con le decine di cani, i suoi figlioli, fedeli e coerenti. Il trauma vissuto, di cui porterà addosso le conseguenze per tutta la vita, rendono Douglas un giovane uomo che vive circondato solo dall’amore dei suoi cani, che lo proteggono e lo comprendono. Nel viaggio tormentato intrapreso per guarire dai traumi infantili e dalle ferite fisiche, Douglas cerca di trovare la propria strada, anche se ciò significa infrangere le regole sociali. La riconciliazione lo attende dopo sofferenze infinite.

La favola nera sospesa nel tempo di Besson ha emozionato, fatto piangere e sorridere ma soprattutto ha colpito al cuore.

Il protagonista, interpretato da Caleb Landry Jones che ha gli occhi celesti e l’accento texano, ha una dolcezza infinita ma anche un destino crudele. Il trauma vissuto, di cui Douglas porterà addosso le conseguenze per tutta la vita, lo porta a sviluppare un attaccamento viscerale verso i soli esseri nei quali trovato serenità e salvezza.

Una favola speciale, agrodolce e malinconica, carica di suggestioni e di citazioni, delicata come lo splendido protagonista, così puro ma anche così determinato. Finora, l’applauso più sentito e scrosciante del Festival.

data di pubblicazione:07/09/2023








COMANDANTE di Edoardo De Angelis, 2023

COMANDANTE di Edoardo De Angelis, 2023

(80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

Comandante di Edoardo De Angelis, protagonista Pierfrancesco Favino, è il film d’apertura (in concorso) del Festival di Venezia 2023, presentato in anteprima stampa al Lido il 30 agosto. La sceneggiatura, scritta da Sandro Veronesi e dallo stesso regista, racconta la storia vera di Salvatore Todaro, comandante del sommergibile Comandante Cappellini durante la seconda guerra mondiale.

 

Siciliano di nascita ma sempre vissuto a Chioggia dove s’innamora perdutamente del mare, Salvatore Todaro segue con successo la carriera militare. Capitano della Regia Marina, durante un’esercitazione un incidente gli procura la lesione della colonna vertebrale, evento che gli avrebbe consentito di poter godere di un congedo illimitato e di ricevere una pensione d’invalidità. Todaro invece preferisce restare nella Marina ricorrendo a un busto rigido per il resto della vita. Un mese dopo l’entrata in guerra dell’Italia, nel luglio 1940 Todaro diventa comandante del nuovissimo sommergibile Comandante Cappellini. In missione affonda a largo dell’Atlantico  un piroscafo mercantile belga, il Kabalo, che aveva aperto il fuoco su di loro. Todaro decide, contro il parere dei superiori, di salvare i 26 naufraghi belgi, condannati a morte certa alla deriva su una zattera a centinaia di miglia dalla costa, anche se per far ciò dovrà navigare in emersione per tre giorni, rendendosi visibile alle forze nemiche e mettendo a repentaglio la propria vita e quella dei suoi uomini. In quei tre giorni, il sottomarino si trasformerà in un luogo di incontro tra sconosciuti, anche molto diversi tra loro, ma più simili di quanto non pensassero.

Vero e proprio kolossal diretto dal visionario regista Edoardo De Angelis all’ennesima prova del nove, per un film girato lontano dalla sua Campania e in uno spazio angusto quale quello che può offrire un sottomarino da guerra, in cui si vive a ridosso, in cui è necessaria gerarchia e condivisione, scegliendo peraltro la babele di accenti e dialetti dei vari protagonisti, per rendere il legame con la terra di nascita ancora più viscerale.

Prodotto da Indigo Film e O’Groove con RAI Cinema, Tramp LTD, VGroove e Wise Pictures il film si avvale della splendida interpretazione di Pierfrancesco Favino, nel complesso personaggio di Todaro, eroe e patriota, ma anche santone e profeta. Il comandante belga, dopo la guerra, dirà che, quando chiese a Todaro il perché di un gesto che lui non avrebbe fatto, la sua risposta fu: “siamo italiani. Lo facciamo da 2000 anni e continueremo a farlo”.

Estremamente toccante la forza del film nel raccontare la capacità di correre in soccorso degli altri, in un mondo quale quello del mare, in cui vige in primis il rispetto di regole e persone. La parabola della guerra in cui si combattono i mezzi ma non gli uomini, è un chiaro messaggio verso il rispetto dei migranti che nel Mediterraneo è stato fatto proprio principalmente dagli italiani, ora come allora, secondo di una vicenda reale che racconta come esistano leggi eterne che non vanno infrante mai e che si concretizza proprio in un cessate il fuoco che salva dignità e coscienze.

data di pubblicazione:31/08/2023








EDIFICIO 3 STORIA DI UN INTENTO ASSURDO di Claudio Tolcachir

EDIFICIO 3 STORIA DI UN INTENTO ASSURDO di Claudio Tolcachir

(Teatro Argentina – Roma, 16 /21 maggio 2023)

Approda al Teatro Argentina dal 16 al 21 maggio 2023 lo spettacolo di Claudio Tolcachir Edificio 3 Storia di un intento assurdo che, dopo Il caso della famiglia Coleman ed Emilia (Premio UBU 2017 prodotto dallo stesso Teatro di Roma), torna a dirigere una produzione in lingua italiana, un testo surreale e grottesco che racconta la complessità delle relazioni interpersonali.

Protagonista della nouvelle vague argentina e fondatore di Timbre4 a Buenos Aires, Claudio Tolcachir racconta, in Edificio 3, le vicende di cinque personaggi, allocati in uno spazio indefinito e sovrapposto che esplicitano il profondo baratro esistente tra l’io più intimo e il personaggio pubblico con cui ci si rappresenta all’esterno (foto di Masiar Pasquali).

In un vecchio ufficio vivono gli impiegati Monica, impicciona e chiacchierona, Sandra, single non più giovane che sta cercando di restare incinta ed Héctor, uomo maturo, soffocato dalla madre. In un gioco di sovrapposizioni di spazio e tempo, l’ufficio è ora la casa dei fidanzati Manuel e Sofia, ora un bar, ora uno studio medico. Tra amori, tradimenti, desideri, frustrazioni e sogni, ognuno alla fine rimane nel proprio alveo distante e impossibilitato ad andare oltre.

Rappresentato per la prima volta a Buenos Aires nel 2008, lo spettacolo risulta ancora più attuale oggi dopo che la pandemia ha scavato solchi profondi nel tessuto sociale e nelle relazioni. In quel posto non posto infatti tutto sembra abbandonato: l’ascensore è rotto, la macchinetta del caffè anche, il lavoro langue, l’ufficio del personale è stato trasferito altrove e non registra le presenze degli impiegati…

Le loro storie personali si intrecciano con momenti di commozione e di pura comicità: le vicende di Sandra, (Giorgia Senesi), donna single non più giovane, che sta cercando di avere un figlio, di Ettore (Rosario Lisma), che solo dopo la morte della madre si vuole aprire ad avventure erotiche e della confusionaria, invadente, affettuosa Monica (Valentina Picello), che conosce i segreti di tutti, fruga nei cassetti e si insinua nelle vite altrui, si incastonano nell’amore combattuto tra Manuel (Emanuele Turetta), inquieto cerca sfogo al di fuori della coppia e la più equilibrata Sofia (Stella Piccioni).

Amori, desideri, ambizioni, frustrazioni, ma anche sogni: Tolcachir racconta la complessità delle relazioni interpersonali e l’infinita distanza che ci separa dal nostro prossimo.

Scritta con grande verità, la commedia è molto divertente, e dipinge personaggi commoventi e comici. Un plauso a tutti gli attori, bravissimi ed una menzione speciale all’autore e regista per la sua straordinaria capacità di mettere ognuno di fronte allo specchio dei propri sentimenti.

data di pubblicazione:20/05/2023


Il nostro voto:

IL TANGO DELLE CAPINERE di Emma Dante

IL TANGO DELLE CAPINERE di Emma Dante

(Teatro Argentina – ROMA, 2/14 maggio 2023)

Approda al Teatro Argentina dal 2 al 14 maggio 2023 lo spettacolo Il tango delle capinere di Emma Dante, con protagonisti Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco. Ripartendo dalla fortunata Trilogia degli occhiali, con la naturale e toccante capacità evocatica che la contraddistingue, Emma Dante ridisegna il capitolo Ballarini facendone uno spettacolo a sé stanteIl tango delle capinere è il riavvolgimento dei fotogrammi della vita e di una coppia: tra le note di vecchie canzoni e bauli pieni di abiti e di ricordi, si compone il mosaico dei ricordi della lunga storia d’amore che rende più sopportabile la solitudine di una donna giunta da sola agli ultimi giorni del suo percorso di vita. (foto di Rosellina Garbo).

La capacità di una canzone di suggellare per sempre il ricordo e la forza emotiva della coppia che balla liberando nell’aria allegria e nostalgia. Ecco il racconto in versi che celebra l’amore che dura tutta la vita.

Una vecchia donna, china su un baule aperto, cerca qualcosa. si alza con in mano una spina elettrica e una presa; non appena le collega sopra la sua testa si illuminano le stelle. Da un altro baule appare un uomo vecchio che la guarda e le sorride con amore. Iniziano così a ballare abbracciati. Lui ha la testa poggiata sulla spalla di lei che è aggrappata alla giacca di lui. Il vecchio uomo ha un sussulto di piacere. Anche la donna prova piacere, ma poi ha dei colpi di tosse, deve prendere delle medicine si soffia il naso, si gratta la coscia. Sta per scoccare la mezzanotte del nuovo anno e l’uomo con il suo orologio da taschino conteggia gli ultimi secondi dell’anno vecchio, estrae dalla tasca una manciata di coriandoli e li lancia in aria, festoso. Sulle note di vecchie canzoni l’uomo e la donna festeggiano l’arrivo del nuovo anno e ripercorrono a ritroso la loro storia d’amore, l’età adulta, la figlia, il matrimonio, la spiaggia, il primo bacio.

Due attori deliziosi ed una regista straordinaria per una nuova creazione che tratteggia la vita di una coppia, attraverso una delicata sovrapposizione narrativa temporale: un viaggio per ripercorrere la storia tra i due protagonisti ed una cerimonia in cui si intrecciano le piccole vicende raccontate attraverso gesti minuti, movimenti danzati ed immagini sfocate e nostalgiche.

Una coproduzione Teatro di Roma con la compagnia Sud Costa Occidentale, ERT – Teatro Nazionale, Biondo di Palermo e Carnezzeria, per uno spettacolo che ripercorre il sentiero della vita ma che vuol parlare anche di memoria attraverso un elogio alla vecchiaia, alla solitudine, alla mancanza di chi non c’è più, ma vive ancora nei ricordi.

data di pubblicazione:04/05/2023


Il nostro voto:

BROS di Romeo Castellucci

BROS di Romeo Castellucci

(Teatro Argentina – Roma, 9/12 marzo 2023)

Al Teatro Argentina l’opera di uno dei più autorevoli artisti del teatro contemporaneo, Romeo Castellucci che, con BROS, affronta il tema della responsabilità individuale e collettiva e del nostro rapporto con la legge. I protagonisti dello spettacolo sono un gruppo di uomini anonimi reclutati per andare in scena senza prima avere imparato la parte. Hanno sottoscritto un patto in cui si impegnano a seguire comandi, a compiere azioni senza capire, né prepararsi. Un impegno che devono essere in grado di condurre fino in fondo. In divisa da poliziotto, ricevono ordini tramite un auricolare ed eseguono azioni senza tempo per pensare, per prendere posizione, per formulare una scelta. (foto di Jean Michel Blasco).

 

Regista, creatore di scene, luci e costumi, Romeo Castellucci è conosciuto in tutto il mondo per aver dato vita a un teatro fondato sulla totalità delle arti e rivolto a una percezione integrale dell’opera. In BROS una strana ed invisibile dittatura governa lo spettacolo, impedendo il libero arbitrio. Gli attori selezionati infatti non hanno provato la parte, la improvvisano attraverso l’esecuzione di ordini impartiti.

In questa temporalità improvvisa, che conduce a un presente assoluto, la comicità dei loro gesti frenetici e impreparati si mescola alla violenza della loro esperienza in scena. Spettacolo tanto perturbante quanto geniale, ricco di tracce, immagini anche enigmatiche, tutto nella semioscurità, BROS non ha scrittura realistica, né una trama, ma vi si rispecchiano temi come la spersonalizzazione, l’obbedienza, la sottomissione alla legge, dove gli attori agiscono in scena su precisi ordini impartiti dal regista attraverso gli auricolari e non udibili dal pubblico, in divisa da poliziotto, ed esercitano una esplicita violenza, torturano e percuotono.

La parole scritte a caratteri cubitali sentenziano ordini ed emozioni con il ritmo ed il rigore che solo la lingua latina conosce; la partitura sonora di Scott Gibbons, fra crepitii, tuoni ed acuti, evita ogni accenno di musicalità.

Telecomandati, e travestiti come poliziotti dei film obbediscono senza sapere perché. Gesti liturgici ed interpretazioni soggettive che si trasformano in gag, in una strana atmosfera che oscilla tra comicità e terrore. “Non si tratta di una satira, né tantomeno di un’accusa alle forze dell’ordine, ma di un lavoro antropologico sul fenomeno dell’obbedienza. La polizia diventa una metafora per parlare di tutti noi”, spiega l’artista di fama mondiale, 62 anni, Leone d’Oro alla Biennale di Venezia e Chevalier des Arts et des Lettres della Repubblica francese.

Un teatro dove non ci sono parole, ma immagini, suoni e atmosfere. Solo in apertura, c’è un prologo pronunciato da un vecchio signore che ha un aspetto di un profeta, in lingua straniera perché nessuno vuole ascoltare la verità.

Bros divulga una riflessione sul sottile spazio tra ordine e libero arbitrio, potere e obbedienza, e sul mistero della violenza. Superbo esteticamente, elegantissimo nei contrasti tra bianco e nero, tra vapore e acqua, in mezzo a fotogrammi, maschere e sangue.

data di pubblicazione:11/03/2023


Il nostro voto: