SICCITA’ di Paolo Virzì, 2022

SICCITA’ di Paolo Virzì, 2022

Presentato fuori concorso alla 79esima edizione della Mostra del cinema di Venezia, il nuovo film di Paolo Virzì, Siccità, è una fotografia distopica di quello che siamo e di quello che potremmo diventare.

A Roma non piove più e l’acqua è drammaticamente razionata per (quasi) tutti. L’aridità ha colpito la terra, le piante, gli animali ma soprattutto gli uomini: le regole di sopravvivenza hanno infatti stravolto gli animi oltre che le abitudini. Come scarafaggi impazziti nella città sporca e polverosa, si muove un nugolo di personaggi, giovani e vecchi, emarginati e di successo, vittime e approfittatori. Nessi di causa-effetto legheranno le loro esistenze, mentre cercano ognuno la propria sopravvivenza e la propria identità. 

La luce è gialla e l’aria è secca e afosa, il letto del Tevere ha riportato alla luce reperti archeologici e l’acqua è diventata un bene riservato solo ad alcuni. Un’accozzaglia sorda e disgraziata ha smarrito “la diritta via” e prova a sopravvivere.

Un avvocato di successo (Vinicio Marchioni) è sposato con una dottoressa (Claudia Pandolfi), il cui ex marito (Valerio Mastandrea) da autista di autoblu è finito a fare l’autista di taxi. Un ex detenuto (Silvio Orlando), appena uscito da Rebibbia, dove ha scontato una lunga condanna per aver ucciso la moglie, vaga in cerca della figlia. Un attore di teatro a spasso (Tommaso Ragno), si è reinventato influencer in rete, trascurando la moglie (Elena Lietti) che per campare ha accettato di fare la cassiera in un supermercato. Una giovane infermiera in dolce attesa (Sara Serraiocco), è sposata con poco di buono (Gabriel Montesi), che ha appena trovato lavoro come bodyguard di una ricca famiglia proprietaria di una Spa in pieno centro, minacciata da manifestanti arrabbiati. Un’attrice molto famosa (Monica Bellucci) seduce un importante e buffo scienziato (Diego Ribon), divenuto improvvisamente celebre in televisione.

Siccità utilizza come espediente narrativo un futuro utopico per parlare di oggi e di una società sempre più classista, condizionata dai nuovi modelli di vincenti e perdenti; complici le condizioni climatiche tutti appaiono però indeboliti, in perenne movimento sì, ma in preda ad un sonno apatico che rischia di uccidere più di qualsiasi virus. Ognuno vive isolato e perduto, vittima del proprio egoismo e della propria miseria. Non comunicano, non si parlano, i loro destini si incrociano ma non c’è spazio per risate e allegria in questa commedia contemporanea, proprio perché c’è ben poco da ridere in un mondo nel quale ognuno ha da addossarsi delle colpe, per quanto sta accadendo ad ambiente e socialità.

Un film inquietante e sconvolgente, ben diretto e scorrevole. Forse uno dei migliori prodotti italiani in questo 2022, o comunque il più originale, in quanto dopo due anni di forzato confinamento, prova a misurare la salute mentale degli italiani. Un film che ha anche una sua bellezza ed una sua poesia. Non tutti gli episodi sono riuscitissimi, non è un dramma apocalittico, alla fine la pioggia porterà un lieto fine, ma il film ha una innegabile forza ed una sincera carica emotiva.

data di pubblicazione:10/10/2022


Scopri con un click il nostro voto:

ROMA EUROPA FESTIVAL OPENING NIGHT compagnia La Veronal, regia di Marcos Morau

ROMA EUROPA FESTIVAL OPENING NIGHT compagnia La Veronal, regia di Marcos Morau

(Teatro Argentina – Roma, 5/6 ottobre 2022)

Torna al Roma Europa Festival La Veronal, compagnia di danza con sede a Barcellona, rivelazione della scena coreografica europea degli ultimi anni, guidata dal coreografo Marcos Morau definito dalla stampa internazionale come “uno dei danzatori (e coreografi) più intelligenti della scena europea degli ultimi anni”. Opening Night è il loro ultimo spettacolo, un omaggio al mondo del teatro, al fulgore magico delle sue luci, ma anche alle sue ombre e, ovviamente, ai suoi fantasmi. (foto di May Zircus &TNC).

Lo spettacolo Opening Nightintende celebrare gli spazi del teatro e i suoi protagonisti, rendendo omaggio a Pina Bausch e a Tilda Swinton de La voce umana.

Una scatola magica che Morau racconta entrandoci dentro in via progressiva, attraverso i condotti di areazione, le tubature, le centraline, i corridoi. Quella scatola, che è palcoscenico, è anche muri scrostati, porte, botole e sotterranei, carrelli e corde.

Con la sua scrittura coreografica, fortemente ancorata alla tradizione del teatro-danza ma al contempo aperta ad una dimensione visiva e percettiva e alla sperimentazione di peculiari tecniche di movimento, Marcos Morau ha imposto la sua La Veronal all’attenzione internazionale.

Opening Night è anche un elogio all’architettura delle macchine sceniche, dei riflettori e dei sipari, un dietro le quinte in cui i ballerini presentano una danza fatta di delicati ed esplosivi frammenti, di drammatiche accelerazioni e pause espanse. Ecco allora che la luce si spegne, il sipario sale e si illumina lo spazio in cui appaiono le creature, i suoni e le ombre, i pianoforti e le corde, le sedie e le nebbie, giocando nello spazio in armonia dinamica.

Situazioni e personaggi si incontrano passando da un momento all’altro e da un luogo all’altro e la magia sta proprio nel fatto che la scena contiene tutti gli spettacoli possibili e tutte le storie possibili senza essere nessuna di quelle.

“La scena e il teatro sono spazi che abbiamo inventato per poter ampliare un po’ le nostre vite, in cui salire di qualche centimetro sopra il suolo e levitare, e in cui, nonostante tutto, non si sa mai se il vuoto che vogliamo colmare è più grande di quello che ci lascia quando finisce” afferma Morau.
Opening Night vuole essere un omaggio all’essenza del teatro, alla sue diavolerie, alle sue ombre, allo spazio e soprattutto al tempo, scandito quest’ultimo da debutti, platee piene e vuote, sipari in movimento, da pavimenti di legno che scricchiolano, un universo magico dove le leggi, la vita e la verità entrano in confusione, perchè tutto è vero e tutto è inganno, con gioia.

data di pubblicazione:07/10/2022


Il nostro voto:

RESURREXIT CASSANDRA regia di Jan Fabre con Sonia Bergamasco

RESURREXIT CASSANDRA regia di Jan Fabre con Sonia Bergamasco

(Teatro Vascello –Roma, 4/9 ottobre 2022)

Finalmente a Roma, al teatro Vascello, Resurrexit Cassandra, il testo di Ruggero Cappuccio messo in scena dal geniale artista belga Jan Fabre, con una immensa Sonia Bergamasco. La sacerdotessa inascoltata, risorge dalla mitologia greca e rinasce nel passato e nel presente per ben cinque volte, cercando di parlare agli uomini ancora una volta per avvertirli del disastro a cui stanno andando incontro; ma le parole cadono nel vuoto, nel completo disinteresse, nessuno mostra complicità e fiducia. Un viaggio attorno e dentro l’umanità, tra sicurezze e dubbi, illusioni e rischi di una consapevolezza che continuamente rischia di sfuggire (foto di Marco Ghidelli).

Cassandra, condannata da Apollo ad essere infelice e inascoltata, come narra la mitologia, per aver rifiutato il suo amore, appare sulla scena vestita di nero, muovendosi tra figure di serpenti cobra di diverse dimensioni, simbolo del male diffuso tra gli uomini. E’ rinata da quella terra che l’aveva inghiottita e preannuncia imminenti disgrazie, ancora una volta ignorate. In realtà non è affatto morta nell’Agamennone di Eschilo sgozzata dalla furia di Clitennestra, ma continua a vivere e riprodursi nei secoli, voce della coscienza di generazioni successive, con il suo carattere, la sua sapienza ed il suo bisogno di conoscenza e giustizia.

Come i serpenti cambia pelle e contesto. Si toglie una pelle-vestito e sotto ce n’è un’altra. Come scatole cinesi, gli abiti emergono via via uno dentro l’altro: nero ed austero il primo come il suo monito, rosso luccicante il secondo come il sangue dei giovani troiani morti, ingannati ed uccisi dai Greci, come lei stessa aveva profetizzato invano; blu il terzo, il colore della modernità decadente e del nichilismo del XX secolo.

Cinque i movimenti della protagonista come gli abiti (realizzati da Nika Campisi per Farani) e cinque elementi con cui dialogare ed immedesimarsi. E’ nebbia, vento, è fuoco e fumo, vapore, pioggia. Movimenti politici e ideologici radicali, cambiamenti climatici, enormi isole di plastica negli oceani, inquinamento. Lei si adagia accanto al cobra e la metamorfosi si avvia; così risorge nuovamente, spinta da un’altra profezia, sibilata nell’orecchio dal serpente. Ogni colore rispecchia una condizione. Ora il suo vestito è verde, il futuro assurdo in cui vede la volontaria distruzione della natura. Cassandra partecipa alle vicende di una natura disprezzata e umiliata, la catastrofe ecologia diventa visibile attraverso la fusione  di immagini, suoni, luci. La voce esprime rabbia, denuncia sociale. E poi l’ultima rinascita, il suo vestito è bianco, colore della purezza originale, l’appello accorato di Cassandra, una preghiera per agire tutti insieme, per salvare il pianeta e liberare finalmente la sua anima dalla terra, permettendole di congiungersi all’amore puro del cielo.

Lo spettacolo è un’accusa contro l’incomprensibile talento dell’essere umano per l’auto-inganno. Un tour de force che passa anche per la variazione cromatica degli abiti da cui progressivamente liberarsi, involucri di dolore ma al tempo stesso patrimoni di sapienza e coscienza. La guerra, la violenza, il sangue, la contaminazione del pianeta, il clima, le risorse.

Sulla scena appoggiata a uno schermo, un’ascia che rende più concrete e reali le immagini offuscate di una donna che proprio con un’ascia si difende e si protegge. Così come gli echi di musica e canto che talvolta la protagonista intona, creando un paesaggio sospeso e concreto al tempo stesso, carico di suggestioni.

Sonia Bergamasco miglior attrice 2022 a Le Maschere del Teatro Italiano, incarna una indimenticabile Cassandra che vede e prevede, una profetessa ma anche una donna, densa di vitalità nel passato, nel presente e nel futuro. Cassandra avrebbe potuto salvare il mondo già diverse volte. Avrebbe potuto prevenire e mettere l’umanità al riparo dai disastri che essa stessa sta provocando. La sua voce è monito ma è anche ricchezza. Le parole vibrano di vero, ognuno se la porterà dentro. Forse quando smetterà di essere eterna, noi avremo finalmente capito.

data di pubblicazione:06/10/2022


Il nostro voto:

IF THERE IS NO SUN creazione a cura di Luca Brinchi, Karima 2G e Irene Russolillo

IF THERE IS NO SUN creazione a cura di Luca Brinchi, Karima 2G e Irene Russolillo

(Teatro India – Roma, 4/5 luglio 2022)

L’Africa e l’Europa. Due mondi e due comunità a confronto. Due lingue e due culture che divergono e convergono. Una interessantissima performance pensata e realizzata dal regista e visual artist Luca Brinchi, insieme alla danzatrice e coreografa Irene Russolillo ed alla cantante e beatmaker Karima 2G. Nell’ambito degli appuntamenti del festival dedicato alla danza contemporanea Fuori Programma diretto da Valentina Marini, il 4 e 5 luglio nella Sala Oceano Indiano del Teatro India è andato in scena in prima nazionale lo spettacolo IF THERE IS NO SUN (foto di Monia Pavoni).

 

Un viaggio da affrontare e confini da superare. Sul palcoscenico i danzatori senegalesi Antoine Danfa e Mapathe Sakho e il performer tunisino Ilyes Triki, insieme a Karima DueG e Irene Russolillo, per provare a condividere sogni e desideri legati ai luoghi e alle persone che fanno parte della propria essenza. Un viaggio lungo il quale si aprono crepe comunicative per le differenti lingue, per le differenti caratteristiche fisiche, per le diverse storie che ci sono dietro. Rimane forte il desiderio di superare limiti e convenzioni interiori. C’è un mare agitato da attraversare se si vuole andare oltre. Le figure si muovono in mezzo alle altre creature, ci sono funi da cui forse liberarsi ma sono corde che aiutano ad emergere, che diventano dread che guidano il rito tribale. E’ il momento in cui la nuova comunità emerge dal suo stato di invisibilità. Il problema è il dialogo, la babele di lingue non aiuta, e la parola diventa discorso ma anche urlo, a testimonianza della lotta di sopravvivenza e dell’affermazione dell’identità.

Luca Brinchi insieme alla cantante e beatmaker Karima 2G e alla performer Irene Russolillo si sforzano di raccontare, ognuno col proprio linguaggio, la complessità della comunicazione e dei gradi di separazione che coesistono tra Africa ed Europa, fra viaggi e confini sfocati.

Ne deriva un lavoro di ricerca intelligente, mai scontato, basato su individualità e fisicità ma anche sulla ricerca di una nuova declinazione del concetto di comunità in cui anche la luce e i suoni assumono connotazioni innovative.

“Si vorrebbero vedere i propri diritti riconosciuti e i propri fantasmi scomparire – affermano i tre artisti –. E intraprendere una lotta che è un discorso e un viaggio, in cui l’ambiente muta per consunzione e sfocatura. Il dialogo tra visione, movimento e suono si adatta e riassesta a ogni passaggio, come dopo un terremoto, quando bisogna ricostruire certezze andate in frantumi. Con le parole if – there – is – no – sun si evocano coloro che ci hanno preceduto e che hanno acceso altri soli, immaginando nuove possibili umanità”.

data di pubblicazione:07/07/2022


Il nostro voto:

IL FILO DI MEZZOGIORNO regia di Mario Martone

IL FILO DI MEZZOGIORNO regia di Mario Martone

(Teatro Argentina 26 maggio/5 giugno 2022)

In scena al Teatro Argentina di Roma Il filo di mezzogiorno, romanzo autobiografico di Goliarda Sapienza nel riadattamento teatrale di Ippolita di Majo per la regia di Mario Martone, con Donatella Finocchiaro e Roberto De Francesco.

Un lavoro intenso e delicato al tempo stesso, che ci permette di entrare nel mondo di Goliarda Sapienza, raccontando l’esperienza psicoanalitica vissuta dall’autrice dopo il periodo di depressione, sfociato nel tentativo di suicidio. Un dialogo terapeutico, dilatato nel tempo, che si tramuta presto in uno scontro, quasi un corpo a corpo, in una riflessione acuta e sensibile sulla condizione femminile (foto di Mario Spada).

Goliarda Sapienza, donna fuori da tutti gli schemi e dalle ideologie politiche del suo tempo, ha combattuto le sue battaglie prima da partigiana, poi da femminista, sempre controcorrente, sempre contro il conformismo e con tutti i mezzi che aveva a disposizione, primo fra tutti la scrittura. Passionale e autentica, è stata ignorata in vita quanto celebrata oggi come una delle più interessanti autrici italiane. Gli elettroshock le hanno strappato via i ricordi. Uno psicanalista voluto dal compagno Cetto, crede che la memoria si possa recuperare parlando, raccontando, abbandonandosi. E così Goliarda si affida a lui quasi innamorandosene.

Attraverso le parole che la protagonista rivolge al suo medico, con cui instaurerà questo intimo rapporto coinvolgente e appassionato, si rivive tutto il suo doloroso percorso di vita: la partenza da casa, i corsi d’arte drammatica, la persecuzione fascista, la follia della madre, la difficoltà nei rapporti con l’altro sesso, l’amore devastante per Citto.

Seduta dopo seduta, tra memorie, sensazioni e libere associazioni, Goliarda esplora il suo buio, i ripetuti elettroshock, per poi riemergere, provando a ritrovarsi.

Donatella Finocchiaro e Roberto De Francesco, ci guidano nel labirinto della mente, nell’unico luogo in cui è possibile accarezzare le ferite dei sogni. La scena è doppia, come riflessa in uno specchio aperto. Identici i divani, le poltrone, gli scrittoi, le librerie a muro, le fotografie. Potrebbe trattarsi del salotto di uno psicanalista o di un interno borghese o di entrambi.

Goliarda insegue la sua memoria, insegue i ricordi, le sensazioni, le libere associazioni, lo psicoanalista la guida, la accompagna, la segue, e riuscirà a condurre la scrittrice dalle tenebre alla luce della coscienza e al recupero della propria identità.

Una rappresentazione molto coinvolgente basata sulla relazione e dipendenza che lega i due personaggi, enfatizzata dall’alchimia generata dai due bravissimi interpreti, indispensabili l’uno all’altro nel sofisticato adattamento di Ippolita di Majo, che riesce in maniera intelligente a legare il racconto autobiografico, le vicende sociali, la componente terapeutica e scientifica, attraverso passaggi continui e fluidi grazie alla impeccabile regia di Mario Martone, in grado di miscelare il linguaggio filmico e quello teatrale, la vicenda e le intimità, i respiri e le emozioni.

data di pubblicazione:29/05/2022


Il nostro voto: