SUBURRA di Stefano Sollima, 2015

SUBURRA di Stefano Sollima, 2015

Per chi, come me, è un accanito fan delle serie Romanzo Criminale e Gomorra, il film di Sollima non rappresenta una delusione ma neanche ripaga completamente le aspettative.

Le note dolenti arrivano proprio dalla regia che non riesce a dare il giusto ritmo, troppo poco serrato e poco avvincente, con pause che spezzano di frequente la narrazione, con scene che ho trovato poco attinenti al contesto (ma perché aleggia per tutta la durata  del film la decisione incombente di papa Ratzinger di dimettersi?) e dialoghi che assumono risvolti comici involontari (uno su tutti la ragazza di numero 8 che da sotto le coperte stile Sandra e Raimondo esorta il fidanzato a farsi giustizia).

Le note liete riguardano i personaggi davvero ben costruiti e magistralmente interpretati che vanno a mio parere tutti citati: in particolare i cattivi (anche perché di buoni non ce ne sono)  da  Manfredi (Dionisi Adamo, vera rivelazione), numero 8 (Alessandro Borghi), Samurai (Claudio Amendola) e il politico Malgradi (Pierfrancesco Favino) ma anche la prostituta Sabrina (Giulia Goretti) e Viola la compagna di numero 8 (Greta Scarano). Menzione a parte per Elio Germano (il PR delle feste mondane) relegato da Sollima ad un ruolo poco convincente e di scarso spessore a cui neanche il grande talento del giovane ma veterano attore riesce a donare un’anima.

In conclusione Suburra è un film sicuramente da vedere, se non altro per la corrispondenza quasi profetica tra finzione e fatti di cronaca, ma a cui manca lo sprint giusto per essere apprezzato totalmente.

 

data di pubblicazione 16/10/2015

 


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SOUTHPAW- L’ULTIMA SFIDA di Antoine Fuqua, 2015

SOUTHPAW- L’ULTIMA SFIDA di Antoine Fuqua, 2015

Proprio come la campana del gong salva il pugile che sente di star per cedere ai colpi dell’avversario, così i titoli di coda sullo schermo ci graziano dal knock out ormai imminente dopo 2 ore di questo inutile film diretto da Antoine Fuqua. L’ascesa, la caduta e la rinascita del pugile Gyllenhaal sono raccontate in modo scontato e banale così come lo è la caratterizzazione dei personaggi. Il manager amico d’infanzia (il rapper 50 Cent) che vista la crisi finanziaria abbandona il suo assistito (ma non era multimilionario?) e passa senza indugio alla concorrenza, l’allenatore (Forest Whitaker) con la classica palestra nei bassifondi che deve rinsegnare l’ABC del pugilato al povero Gyllenhaal (ma non era il campione del mondo con 43 vittorie consecutive?), la piccola figlia (Oona Lawrence) che prima adora il padre, ma poi cade vittima di bipolarismo acuto e lo disconosce (naturalmente fino alla riconquista del titolo).

Si salvano Rachel Mcadams (la moglie) e Jake Gyllenhaal versione superfisicato in pieno metodo Stanislavskij. In conclusione se volete vedere un bel film di Fuqua c’è Training day, per i film sulla boxe “schivate” Southpaw e riguardatevi Rocky.

data di pubblicazione 20/09/2015


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