L’ULTIMA VOLTA CHE SIAMO STATI BAMBINI di Claudio Bisio, 2023

L’ULTIMA VOLTA CHE SIAMO STATI BAMBINI di Claudio Bisio, 2023

Più che dignitoso esordio alla regia di Claudio Bisio in un film drammatico dove però le note comiche alleggeriscono la tensione secondo una lezione appresa da Benighi e da Mihaileanu. Il tema del fascismo e dell’apartheid razziale vengono trattati con delicatezza e il necessario distacco per prendere le distanze storiche dall’accaduto.

 

 

Accettata la scommessa di partire con handicap affidando la responsabilità delle parti più importante a un poker di giovani ragazzi che, pur con tutta la buona volontà, a tratti fanno decadere le tensione per ovvia inesperienza recitativa. Bisio gioca le proprie carte sul plot ambientando la narrazione nel ghetto romano tra i chiaroscuri dell’adesione al fascismo e l’ovvio profumo di un futuro più incoraggiante. Film con toni da fiaba a cui accedere concedendo qualche debito alla verosimiglianza. Il gioco alla guerra degli adolescenti è la metafora di una guerra crudele tra grandi che lascia sul campo morti, feriti e deportati. Nel quanto mai vago tentativo di raggiungere il loro amichetto ebreo i tre scapestrati fuggiaschi ci portano a osservare divagazioni picaresche con abbondanti noti di costume. Più che l’orbace contano i sentimenti che rendono scostumata persino una suora tutta casa e Chiesa. Così l’esperienza è una pagina aperta sulla vita dei grandi e sull’Italia che si apre a una nuova stagione. Il film esce nelle sale il 12 ottobre, in occasione degli ottanta anni dal rastrellamento del Ghetto di Roma avvenuto il 16 ottobre 1943. L’omaggio è implicito e regalato con toni non pesanti, estremamente disincantati ma sinceri. La colonna sonora di Pivio & Aldo De Scalzi è qualcosa di più di un piacevole sottofondo ed è una sorta di segnalibro per il montaggio.

data di pubblicazione:11/10/2023


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LE MEMORIE DI IVAN KARAMAZOV, dal romanzo di Fedor M. Dostoevskij, drammaturgia di Umberto Orsini e Luca Micheletti, regia di Luca Micheletti, scene di Giacomo Andrico, costumi di Daniele Gelsi, suoni di Alessandro Saviozzi, luci di Carlo Pediani

LE MEMORIE DI IVAN KARAMAZOV, dal romanzo di Fedor M. Dostoevskij, drammaturgia di Umberto Orsini e Luca Micheletti, regia di Luca Micheletti, scene di Giacomo Andrico, costumi di Daniele Gelsi, suoni di Alessandro Saviozzi, luci di Carlo Pediani

(Teatro Vascello – Roma, 10/22 ottobre 2023)

Karamazov è un vestito cucito addosso al quasi novantenne Umberto Orsini che contende a Glauco Mauri l’elisir di longevità sulla scena teatrale. Un’ora di accorato one man show, mai sopra le righe per cinque minuti di ininterrotti applausi finali. Per una conferma (se mai ce ne fosse bisogno) sulla grandezza di un attore.

Folgorante avvio di stagione per il prestigioso teatro romano che esordisce con un sold out e, contravvenendo alle proprie abitudini, (proposte di breve durata) allunga a quasi due settimane le esibizioni di Orsini, sopravvissuto di punta di un teatro dalle proposte sempre più esangui. Qui si va sul sicuro con un antico cavallo di battaglia. Ivan racconta la propria storia cercando di chiarire le scaturigini di un delitto che ha radici profonde all’interno della propria famiglia. Una lunga allucinazione tra delitto e castigo, con il tentativo di fare chiarezza sul’esistenza di Dio, sulla compassione e la colpa. Se ci si converte all’amoralità del mondo tutto diventa possibile. E dunque la mano dell’assassino è guidata da un mandante occulto che piano piano si manifesta. Non è un baedeker del romanzo ma la ricerca del suo tema più intricato e sentito. Alla fine dello spettacolo com’è giusto Orsini è provato dalla fatica e dalla tensione respirata in scena ma evidentemente confortato dall’entusiastica reazione di un pubblico assorto e rapito. Spettacolo di memoria, di tensione, di esasperato vitalismo dove Dio e diavolo sono poli della stessa medaglia. L’immersione nel sottosuolo dei retro pensieri dopo un parricidio riporta al senso delle contraddizioni, l’Abc ovvio di un buon teatro dove sogno, realtà, proiezione immaginaria continuamente si confondano. E la scena serve egregiamente il nostro gagliardo protagonista attoriale.

data di pubblicazione:11/10/2023


Il nostro voto:

L’AMORE RIDIMENSIONATO scritto e diretto da Geppi Di Stasio, con Geppi Di Stasio, Roberta Sanzò, Manuela Atturo Marco Lupi, Antonio Mirabella, Luci e suoni Fabio Paragiani

L’AMORE RIDIMENSIONATO scritto e diretto da Geppi Di Stasio, con Geppi Di Stasio, Roberta Sanzò, Manuela Atturo Marco Lupi, Antonio Mirabella, Luci e suoni Fabio Paragiani

(Teatro delle Muse – Roma, 5/15 ottobre)

Difficile immaginare il carattere malizioso del ridimensionamento. Questioni di corpo più che di cuore. In effetti la farsa mira alla pancia dello spettatore, non si pone questioni di politicamente corretto ma attinge alla polpa popolare della comicità. In questo senso lo spettacolo, nei limiti riconoscibilii del genere, va pienamente a segno.

Onore al merito di Geppi De Stasio che quasi monopolizza la stagione in fieri del Teatro di cui è fiero protagonista. In scena un chirurgo plastico che fa uso e abuso della professione ma che impatta in un cliente particolare, un mafioso che vuole ritoccare i propri parametri sessuali e nella massima segretezza. Una morale spregiudicata di pura attrazione fisica domina lo spettacolo con le figure femminili della moglie e della suocera che non si pongono troppi problemi di legame nel reclamare la propria agognata soddisfazione. Due tempi snelli con un secondo ellittico che risparmia inutili tergiversamenti e va dritto al sodo verso un inaspettato colpo di scena che rovescia perentoriamente i rapporti di forza. Si ride, a volte senza ritegno, per l’originalità del plot. all’altezza del mainstream e dei tempi. Di Stasio tocca vari registri del proprio repertorio: arroganza, sudditanza, furbizia e, alla fine, segna un gol in contropiede. Non c’è volgarità nella trama nonostante la delicatezza del tema trattato. Un sorriso sulle labbra è la richiesta che viene inconsciamente fatta al pubblico e la risposta della platea è positiva. Cast affiatato e brava la Sanzò a recitare double face: dai modesti panni di una donna sciatta e dimessa allo sfarfallante look da pin up in cui rivela tutta la propria seducente procacità, qualcosa di praticamente irresistibile. Quanto ai malviventi sono anch’essi pienamente in parte.

data di pubblicazione:09/10/2023


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VITA DA CARLO, secondo ciclo con Carlo Verdone

VITA DA CARLO, secondo ciclo con Carlo Verdone

regia anche di Arnaldo Catinari, sceneggiatura di Nicola Guaglianone, Pasquale Plastino, Ciro Zecca, Luca Mastrogiovanni, con Monica Guerritore, Max Tortora, Maria Paiato, Sangiovanni, Maria De Filippi, Claudia Gerini, Antonio Bannò, Fabio Traversa, Alessandro Haber

Ha cambiato piattaforma ma non impatto la docu-serie romanzata della vita di Verdone. Dove verità, verosimiglianza e libero arbitrio si amalgamano in un intreccio funzionale per una riuscita narrazione. Ovviamente i siparietti comici si lasciano preferire alle indispensabili avventure sentimentali delle coppie giovani. Ogni attore è perfettamente al suo posto e si perdonano al protagonista anche le comparsate pro audience di personaggi fuori target. 

Dieci puntate di facile e piacevole fruizione, neanche troppo tirate per i capelli nel format della serie. Verdone nella fiction tenta la prova del film d’autore ma sembra un novellino nella scelta degli attori. A partire dall’imbranatissimo Sangiovanni: una scelta che è una forzatura del produttore per mostrare il Verdone giovane. Con tanti chili in meno e con la tara di un marcato accento veneto. Comunque ogni disagio ci accomuna al protagonista che quando torna a casa è sempre afflitto da un considerevole stress. Non è facile neanche la vita dei personaggi famosi. Questo è il messaggio subliminale che filtra come sottotesto. Nella folla del ricco cast meritano una citazione Maria Paiato, che passa con disinvoltura dal teatro impegnato a una grande prova d’attrice in uno spettacolo leggero, e il quasi commovente Fabio Traversa, interprete residuale di Moretti e Verdone che in pratica recita se stesso nel disperato tentativo di approdare a una parte nella diffidenza del suo ex mentore Verdone. Dei quasi 300 minuti di serie ci rimane indelebile l’immagine della cialtroneria di Cinecittà dove la figura del produttore ha lo stesso carisma di un venditore di carne umana. Operina già di successo che fa da traino al terzo ciclo di puntate in preparazione. Verdone s’impegna al massimo, compreso un bagno a novembre nel mare limaccioso di Ostia.

data di pubblicazione:03/10/2023

ASSASSINIO A VENEZIA di Kenneth Branagh, 2023

ASSASSINIO A VENEZIA di Kenneth Branagh, 2023

Un palese tradimento della novel di Agatha Christie che fa incontrare la scrittrice Ariadne Oliver CON un Poirot meditabondo in pensione, sotto sotto, ben voglioso di trascinare le proprie cellula grigie nella soluzione di un nuovo mystery.

 

Kenneth Branagh uno e trino (regista, interprete, coproduttore) per una virata a 360 gradi dal giallo tradizionale per rifugiarsi un gotico horror che perde subito il fascino della ricostruzione in una Venezia del 1947 cinematograficamente vista con l’occhio di produttori tutt’altro che nostrani, molto troppo attenti alle ragioni commerciali del film. Così Venezia presto sparisce in una sorta di delitto della casa chiusa, condito da sedute spiritiche, effetti speciali, improvvise agnizioni e con una verosimiglianza che alla relativa coerenza della Christie abbina bruschi strappi di sceneggiatura. Quello che funziona è il personaggio di Poirot nella sobria interpretazione di Branagh. La sua imperturbabile natura deduttiva, per definizione negata all’irrazionale, naturalmente riesce a riscattare tenebre e dissimulazione. E il suo scioglimento del mistero è appagante e sublimante anche per lo spettatore. Naturalmente la parola “assassinio” è un mantra di genere dopo aver assistito a omicidi sul Nilo, sull’Oriente Express, in palcoscenico e sul treno. Gli amanti del giallo tradizionale non si ritroveranno in questo esperimento che segue la rotta di un cinema birichino, eccentrico e dinamitardo, già sperimentato con le ultime versioni di uno Sherlock Holmes cocainomane e decisamente sopra le righe. Per un biglietto in più staccato alla cassa si fa questo e altro. Si usa la Christie come specchietto per le allodole e poi si plana in tutt’altri contesti. Forse Branagh vale il prezzo del biglietto se unito alla polivalente Yeoh, chiromante presto destinata a una brutta fine. Il ricattatore non è mai quello di cui si sospetta.

data di pubblicazione:25/09/2023


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