MAMMA MIA! di Phyllida Lloyd, 2008

MAMMA MIA! di Phyllida Lloyd, 2008

La giovane Sophie (Amanda Seyfried) gestisce con la madre Donna (un’incredibile Meryl Streep) un hotel sulla piccola isola greca Kalokairi. Nonostante la sua vita sia stata sempre felice e spensierata, le è da sempre mancata quella figura paterna di cui la madre non ha mai voluto rivelarle l’identità, ed ora che sta per sposare il suo amato Sky (Dominic Cooper), Sophie avverte molto forte questo vuoto paterno: conoscere suo padre e farsi condurre all’altare è il suo sogno. Un giorno Sophie trova un vecchio diario della madre dove viene raccontata la gioventù di Donna nel periodo precedente alla sua nascita, in cui frequentava tre uomini diversi. Credendo che uno dei tre possa essere quel padre che non ha mai avuto, all’insaputa di Donna, Sophie spedisce gli inviti di matrimonio ai tre uomini citati nel diario: l’affascinante Sam Carmichael (Pierce Brosnan), l’impacciato Harry Bright (Colin Firth) e lo scapestrato Bill Anderson (Stellan Skarsgård). Donna, che ben presto scoprirà la loro presenza sull’isola, cercherà con ogni mezzo di tenerli alla larga dalla giovane Sophie, ignorando che è proprio lei l’artefice di tutto.

Adattamento cinematografico dell’omonimo musical basato sulle musiche del gruppo svedese degli Abba, Mamma Mia! è divenuto un fenomeno da DVD in Gran Bretagna con 5 milioni di copie vendute, più che una pellicola di successo nelle sale cinematografiche. Il film, ambientato tra la sabbia finissima ed il mare cristallino di Skopelos e Skiathos, due isole facenti parte dell’arcipelago delle Sporadi, ci ispira una ricetta di polpettine di maiale in cui l’uvetta di Corinto è un elemento indispensabile.

INGREDIENTI: 4 etti di macinato di filetto di maiale – 1 uovo – 100 gr. di pangrattato – 2 cucchiai di parmigiano grattugiato – sale e pepe q.b. – noce moscata – un pizzico di cannella – una manciata di uvetta di Corinto – una manciatina di pinoli – olio extravergine d’oliva – brodo vegetale – crema di latte a piacere.

PROCEDIMENTO:

Lavorare la carne con uovo, sale, pepe e parmigiano. Aggiungere una grattatina di noce moscata ed un pizzico di cannella in polvere. Quando l’impasto sarà elastico, incorporate una generosa manciata di uvetta di Corinto e pinoli. Fate delle polpette non grandi e rotolatele nel pan grattato. A questo punto soffriggete le polpette in una padella con una buona dose di olio sino a far formare la crosticina, ed irroratele con un po’ di brodo vegetale per completare la cottura. Sul finale aggiungere (a piacere) un paio di cucchiai di crema di latte per ottenere un sughetto più gustoso. Da servire con una misticanza o con del riso alla cantonese (vedi ricetta collegata al film Chinatown) se si vuole dare risalto al gusto un po’ orientale. Mamma mia quanto sono buone!

FRANTZ di François Ozon, 2016

FRANTZ di François Ozon, 2016

Germania, 1918. La giovane Anna si reca ogni mattina al cimitero per portare fiori freschi al suo Frantz, morto sul fronte francese. Un giorno scorge un giovane piangere sulla tomba del suo amato: scoprirà di lì a poco che si tratta del francese Adrien, che pare abbia conosciuto Frantz a Parigi. Nonostante lo sconcerto iniziale dei genitori di Frantz, presso i quali la ragazza vive come fosse una loro figlia, Adrien riuscirà a scaldare nuovamente i loro cuori con i suoi racconti, facendo dimenticare ogni genere di ostilità.


Tratto da uno spettacolo teatrale già gloriosamente portato in passato sul grande schermo, l’ultimo film di François Ozon, in concorso alla 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2016, è un susseguirsi di quadri in bianco e nero raffinati ed intensi, che ci avvolgono teneramente nell’atmosfera di una storia semplice, fatta di silenzi e cose non dette, a tratti ambigua ed aperta a svariate interpretazioni, in cui dialoghi essenziali unitamente ad una ambientazione ristretta a poghi luoghi, aiutano ad apprezzare invece che annoiare. Splendidi gli interpreti che ci regalano una prova sublime della loro bravura: Pierre Niney (Adrian) aveva già conquistato il pubblico con la sua struggente interpretazione di Yves Saint Laurent nell’omonimo film, mentre Paula Beer (Anna) è una giovane attrice tedesca, già apprezzata nel 2015 al Festival di Roma nel film della sezione Alice Four kings di Theresa Von Eltz (purtroppo non uscito nelle sale italiane), dotata di raffinata bellezza unita ad una forte intensità recitativa, che ha pienamente meritato il premio Marcello Mastroianni per il miglior attore emergente assegnatole a Venezia.

Anna e Adrian rappresentano nel film di Ozon una coppia di amici “pericolosi” per la mentalità dell’epoca, anche perché lui, in quanto francese, è visto come un nemico dagli abitanti del paese e per farsi benvolere dai genitori di Frantz, in particolare dal padre che gli aveva mostrato una forte ostilità, racconta menzogne su come ha conosciuto il loro figlio mantenendo sempre un alone di mistero sui veri sentimenti che aveva provato per lui. In realtà l’atteggiamento ambiguo del giovane Adrian, sottolineato dalla sapiente regia di Ozon che mescola continuamente realtà e finzione, viene filtrato da Anna che seppur si invaghisca di questo ragazzo fragile e gentile in cui rivede il fidanzato scomparso, sente di dover difendere gli anziani genitori dal dolore che la verità sulla morte dell’unico figlio potrebbe causare loro. Ed in questa altalena di emozioni, disillusioni, piccole gioie e menzogne, Anna elabora il suo lutto e finalmente rinascerà a nuova vita.

data di pubblicazione: 14/09/2016


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IL CLAN di Pablo Trapero, 2016

IL CLAN di Pablo Trapero, 2016

Argentina, 1983. Arquimedes Puccio, confidando ancora nella copertura dei suoi ex superiori dei servizi segreti nonostante il ritorno della democrazia nel suo paese, a solo scopo di estorsione, continua a praticare sequestri di persone. Le sue vittime, appartenenti a famiglie molto ricche e in vista, vengono detenute come ostaggi in attesa di riscatto nella cantina e nella soffitta della sua casa, con la complicità di sua moglie e di due dei suoi tre figli maschi, con il silenzio delle due figlie Silvia e Adriana. Tutti gli abitanti del quartiere ignorano quanto accada in quella casa.



Il clan, Leone d’argento per la migliore regia alla 72^ Mostra di Venezia, si basa su un fatto di cronaca realmente accaduto nella città di San Isidro, conosciuto come il “caso Puccio”. Quanto potrà mai durare la democrazia in questo paese? Un paio d’anni e si torna indietro…è su questa certezza che l’ex agente dei servizi segreti (rimasto senza lavoro) Arquimedes Puccio, uomo dall’aspetto pacato e tranquillo del buon padre di famiglia, ma in realtà padre-padrone freddo e crudele, continua a praticare l’attività criminale del sequestro di persona senza farsi alcuno scrupolo, giustificandosi con i propri familiari come fosse una normale fonte di sostentamento per tutti loro, rendendoli al tempo stesso complici e vittime di tanta crudeltà. Ad aiutare Arquimedes c’è il figlio Alejandro con il quale il padre ha un rapporto particolare ed intorno al quale ruota tutta la struttura di questo bel film di Pablo Trapero. Il regista ci offre il quadro di una nazione ancora malata, dove la sparizione di persone praticata sino ad allora dalla ex dittatura, era qualcosa di assolutamente radicato in una parte del tessuto sociale che anche nella nuova situazione continuava a detenere un certo potere sotto la protezione dei militari, in cui l’aberrante tornaconto personale dei Puccio si inserisce perfettamente.
E’ una storia cupa, potente ed ovviamente sconcertante quella che il regista ci racconta, aiutato da un cast di attori molto bravi fra i quali primeggiano, proprio per l’intensità degli sguardi, questo padre (Guillermo Francella) con i suoi occhi di ghiaccio che sono lo specchio di quella paura mista ad omertà con cui tiene legati a sé i suoi familiari, e questo figlio (Juan Pedro Lanzani) in perenne stato di “trans da obbedienza” il cui destino reale sino ai nostri giorni, che scorgeremo solamente nei titoli di coda, supera di gran lunga quanto incredibilmente viene narrato in tutto il film. Il clan è un film da vedere nonostante la dicitura “tratto da una storia vera”, perché mai come in questo caso la realtà supera la fantasia.

data di pubblicazione:19/09/2016


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TORNO DA MIA MADRE di Éric Lavaine, 2016

TORNO DA MIA MADRE di Éric Lavaine, 2016

La quarantenne Stéphanie, divorziata e con un figlio da crescere, perde il lavoro. Decide quindi di lasciare la casa in cui vive, di vendere la sua bella auto, per poi tornarsene a vivere da sua madre finché le cose non si sistemeranno. Ma la sua vita, tutta da ricostruire, le riserverà meno sorprese di quelle che l’anziana madre ha in serbo per lei, affetta (forse) da un principio di demenza senile…


Lavaine mette in scena una commedia lieve, semplice, dove hanno un peso determinante il ritmo delle battute e la bravura delle sue protagoniste femminili. Torno da mia madre non parla tanto di adulti non cresciuti che non vogliono andarsene di casa, quanto piuttosto di quella generazione di persone che farebbero volentieri a meno di condividere nuovamente le loro vite con quella dei propri genitori, ma che a causa della crisi sono state costrette a fare un passo indietro. Stéphanie (Alexandra Lamy), che sente sulle spalle il peso dei propri fallimenti familiari e lavorativi, ben presto dovrà adattarsi alle regole che sua madre Jacqueline (Josiane Balasko) le impone in casa, e soprattutto alla sua assoluta intransigenza: la mattina ci si sveglia alle sei in punto perché chi dorme non piglia pesci, non si possono abbassare i caloriferi né aprire le finestre per non disperdere il calore accumulato, non si può bere dalla bottiglia e si deve apparecchiare in un certo modo, non si può spalmare il burro sul pane con un coltello qualsiasi e, soprattutto, volere un caffè la mattina a colazione è una cosa davvero bizzarra! E mentre Jacqueline mette in atto una serie di strani comportamenti (come quello di salire con il carrello della spesa all’ultimo piano piuttosto che scendere in strada), Stéphanie ed il suo dramma esistenziale piano piano scolorano al cospetto di quanto sta accadendo a sua madre. E così il regista, nella seconda parte del film, vira sulla storia di questa settantenne realizzata, che fa progetti per il futuro come se la sua vita fosse appena agli albori, alimentando un sano egoismo quasi “giovanile” e rubando così la scena alla figlia per diventare lei la vera protagonista dell’intera vicenda.

Molto brave Alexandra Lamy (Gli infedeli, Ricky), che ben incarna lo sconcerto per quanto le sta accadendo, e Mathilde Seigner, sorella della più famosa Emanuelle, molto convincente nel ruolo della sorella scontrosa e vendicativa; ma la vera protagonista della storia è Josiane Balasko (l’indimenticata ed “elegante” portiera Renèe ne Il Riccio, trasposizione di Mona Achache del romanzo di Muriel Barbery), perfetta nei panni di una madre che non vuole essere giudicata perché ha ancora il desiderio di viversela un po’ la sua vita: senza di lei il film non avrebbe quella verve che aiuta in molte scene a ridere di gusto.

Se ne consiglia la visione a chi non ha troppe pretese e vuole passare un’ora e mezza di leggerezza e sano divertimento.

data di pubblicazione:19/09/2016


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LA TERRA di Sergio Rubini, 2006

LA TERRA di Sergio Rubini, 2006

Il professore di filosofia Luigi Di Santo (Fabrizio Bentivoglio), originario di Mesagne nel Salento, vive a Milano da molti anni; per vendere la tenuta di famiglia deve però far ritorno nel suo paese da cui si era allontanato da giovanissimo, ma dove ancora vivono i suoi fratelli. Luigi dovrà cercare di convincere il fratellastro Aldo (Massimo Venturiello) a mettere in vendita la masseria di famiglia dove risiede, per tentare di aiutare gli altri fratelli: il candidato politico Michele (Emilio Solfrizzi), inseguito dallo strozzino Tonino (interpretato dallo stesso Rubini) a cui deve un’ingente somma e l’eterno studente universitario Mario (Paolo Briguglia), impegnato nel sociale in un centro per disabili. Ma Aldo non vuole affatto andarsene dalla masseria che è tutta la sua vita perché è sempre vissuto lì. Il venerdì santo, durante la processione del paese, Tonino viene ucciso: i sospetti di Luigi ricadono inevitabilmente su Michele ma, in realtà, la situazione non è come appare ai suoi occhi…Sul finale si scoprirà che nulla è più come prima, e ciascun personaggio mostrerà un lato sconosciuto di sé. Rubini anche in questo caso dà prova di essere un buon regista, dando al film un andamento quasi da thriller, rendendolo non scontato anche se apparentemente a lieto fine.

A questo film così “assolato”, come la terra intorno alla masseria in cui l’intera vicenda è ambientata, dedichiamo una ricetta decisamente sudista: una rivisitazione a base di melanzane della mozzarella in carrozza.

INGREDIENTI: 3 Melanzane con un diametro piuttosto grande – 3 uova – 200 gr. di pangrattato – 2 etti di farina – 1 fior di latte a fette – 4/5 filetti di acciughe – ½ etto di parmigiano grattugiato – foglie grandi di basilico napoletano – sale e pepe q.b.- olio di mais o arachidi per friggere.

PROCEDIMENTO:

Preparare prima tutti gli ingredienti sul tavolo da lavoro: mettere in un piatto piano la farina, in un altro il pangrattato, in un’altra ciotola le uova sbattute regolate di sale e pepe nero. Dopo aver lavato ed asciugato le melanzane, tagliarle a rondelle dell’altezza di un dito scarso, quindi metterle in una padella antiaderente con poco olio e farle soffriggere leggermente da ambo i lati. Dopo aver fatto questa operazione con tutte le rondelle, posizionarle su di una leccarda ricoperta di carta da forno e metterle in forno per 10 minuti scarsi. Fatele freddare e dopo passatele nella farina(poca) scrollando quella in eccesso. Tagliare il fiordilatte a fette e posizionare su ogni rondella di melanzana una fetta di mozzarella, un po’di parmigiano grattugiato, mezzo filetto d’acciuga sminuzzato e una bella foglia di basilico napoletano riccio, chiudere poi a panino con un’altra rondella di melanzana, incollando bene i lati in modo da sigillare il panino facendo pressione con le dita, poi passatelo nell’uovo assicurandosi che l’esterno del “panino” così ottenuto sia ben inzuppato di uovo anche sui laterali; passate quindi le due fatte di melanzane ripiene nel pan grattato, avendo cura che ne siano ricoperte anche sui lati. Procedete così sino ad ottenere tanti “panini imbottiti” ben sigillati.

Friggere in abbondante e caldo olio di arachidi o di mais. Se si gradisce, salare in superficie la melanzana in carrozza solo dopo averla fritta ed asciugata bene con carta assorbente.

Servire tiepide e filanti in un piatto da portata ricoperto di carta paglia.