PETERLOO di Mike Leigh, 2018

PETERLOO di Mike Leigh, 2018

(75. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

Peterloo, ovvero la crasi tra St. Peter’s e Waterloo, è un termine per descrive “la strage di innocenti” che avvenne durante un comizio nell’agosto del 1819 presso St. Peter’s Field a Manchester ad opera della cavalleria inglese per soffocare nel sangue, immediatamente dopo la vittoria su Napoleone a Waterloo, una pacifica manifestazione di famiglie di contadini che si radunarono per chiedere al Governo inglese la riforma elettorale, non potendo esprimere il proprio voto pur pagando tributi al Re.

 

Mike Leigh (Segreti e bugie, Il segreto di Vera Drake e Turner) ci regala un altro dei suoi “affreschi” sui diritti negati ai più deboli, raccontando un episodio sovente riportato nei trafiletti dei libri di storia inglese, in cui persero la vita una decina di persone ed almeno un centinaio rimasero ferite: un forte atto di repressione sulla libertà di riunione ad opera del governo su donne, bambini e braccianti di Manchester, che rappresentò una delle scintille per la definizione della democrazia.

Il regista ci riporta ancora nel passato per parlarci del presente, mettendo di nuovo al centro dei suoi racconti l’uomo nella sua eterna lotta contro l’avidità del potere, la corruzione e la violenza: questa umanità che perde tutto per tentare una vita migliore, per far valere i propri diritti, che combatte in nome di un ideale che li conduca verso una vita più giusta. Le ripercussioni economiche per un paese appena uscito da un conflitto, seppur vittorioso come il caso dell’Inghilterra su Napoleone, sono ugualmente devastanti e i governi hanno da sempre tentato di risolvere la crisi che ne consegue vessando il popolo, come fecero i conservatori del governo britannico nell’ 800.

Peterloo è un film storico che si articola, come spesso avviene nelle pellicole di Leigh, partendo da una lunga fase di preparazione in cui entriamo nell’atmosfera di queste famiglie contadine inventate ad arte dal regista, ma che verosimilmente ricalcano la vita di quelle reali di allora, persone normali che non sanno come sopravvivere nel quotidiano: in questo ambiente, con il supporto di attivisti e giornalisti, cominciano a nascere e crescere le idee di cambiamento.

Le scene del massacro sono esaltate dal montaggio di Jon Gregory (candidato Oscar per Tre manifesti a Ebbing, Missouri), con una sequenza di immagini di grande impatto visivo; il lavoro di Jon Gregory è stato paragonato da Leigh come quello di uno chef che assembla gli ingredienti per arrivare ad esaltare il gusto finale del piatto che si sta realizzando. Dick Pope ha invece curato la fotografia, attingendo alla sua lunga esperienza da documentarista in zone di guerra: il risultato è dato da inquadrature di ampio respiro di masse di persone brulicanti, di comizi politici, che ci introducono sino alle fasi finali dello scontro.

Peterloo è un film che si sceglie di andare a vedere per riflettere su come la storia si ripeta, incessantemente, sotto i nostri occhi e su come da certi errori del passato si possa partire per affrontare meglio il presente.

data di pubblicazione:02/09/2018








A STAR IS BORN di Bradley Cooper, 2018

A STAR IS BORN di Bradley Cooper, 2018

(75. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

Arrivano le star al Lido ed è un bel vedere. Nella terza giornata è stato presentato A star is born, primo film da regista per Bradley Cooper, con un’interprete d’eccezione, Lady Gaga, nel ruolo che per ben tre volte è stato coperto da illustri attrici. La più recente versione del film è quella del 1976 con la coppia Barbra Streisand e Kris Kristofferson, a cui pare il giovane talentuoso attore si sia ispirato per quella che potremmo definire la storia d’amore per antonomasia.

 

 

Il musicista country-rock Jackson Maine detto Jack (B.Cooper), dopo un concerto incontra per caso una cantante di nome Ally (Lady Gaga) che si esibisce in un locale di drag queen, unica donna ammessa a salire su quel palco per le sue straordinarie doti vocali, ma non sufficientemente bella per avere successo in campo musicale (sfida vinta nella vita dal “personaggio” Lady Gaga). I due si incontrano dapprima solo musicalmente e Jack capisce immediatamente di aver a che fare con un vero e proprio animale da palcoscenico. La loro storia d’amore coronerà tra alti e bassi le loro carriere, una in ascesa l’altra in declino. Il resto è storia già conosciuta ai più.

Due star al debutto, dunque, una come regista e cantante con doti in quest’ultimo caso davvero notevoli, l’altra come attrice da cui aspettarsi un risultato sorprendente essendo già un’interprete particolare nel panorama musicale mondiale. Entrambi sulla scena non risultano perfettamente compatibili: lui bellissimo, alto, con uno sguardo profondo e tenero, lei piccola di statura e non bellissima, con un profilo “greco” che nella carriera reale è diventato il suo punto di forza, elementi che tuttavia insieme sortiscono l’ovvio risultato di far emergere il ruolo da pigmalione di lui nei confronti di una stella che sta per brillare nel firmamento musicale.

A star is born, presentato fuori concorso in prima mondiale a Venezia, è un prodotto perfetto per incantare un pubblico che è alla ricerca di evasione: Cooper non è solo bellissimo ma anche molto bravo, la storia d’amore è di quelle che fanno sognare, i brani musicali scritti dai due interpreti assieme a Lukas Nelson, Jason Isbell e Mark Ronson sono a dir poco accattivanti e creano il vero filo conduttore di tutta la vicenda, senza parlare delle scene e della fotografia, quest’ultima ad opera di Matthew Libatique (Il cigno nero), che completano un pacchetto molto ben architettato.

Tuttavia questa “impossibile storia d’amore”, come l’ha definita il neo regista, che commuove e ci fa sognare, risulta a tratti stucchevole e noiosa a causa di questa nuova (e a volte inappropriata) tendenza di produrre pellicole che superano le due ore che mai come in questo caso pesano, peccando la trama di originalità.

data di pubblicazione:01/09/2018







ACCREDITATI IN LAGUNA: APPUNTI DI VIAGGIO DAL LIDO DI VENEZIA

ACCREDITATI IN LAGUNA: APPUNTI DI VIAGGIO DAL LIDO DI VENEZIA

(75. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

La seconda giornata del festival ha da subito mostrato di essere dedicata alla complessità dell’universo femminile, così pieno di mille sfaccettature, grazie alla proiezione di due pellicole, diametralmente opposte, ricche di originalità e gran fascino, entrambe in Concorso.

 

Apre la giornata del 30 agosto ROMA del regista messicano Alsonso Cuarón (il cui titolo rimanda ad un quartiere di Città del Messico), che ricorrendo ad un linguaggio molto semplice raccontato in bianco e nero, parla della vita di due donne appartenenti a ceti sociali differenti che negli anni ’70 si troveranno da sole a crescere i bambini di casa, una come madre l’altra come governante. A cinque anni dal successo di Gravity, Cuarón torna al Lido per raccontarci un personale amarcord sulla sua infanzia tra le mura di una famiglia dove tutto si svolgeva con i rituali tipici di una casa borghese, in un paese in subbuglio per le rivolte studentesche e sociali degli inizi degli anni settanta. Il risultato è un bellissimo film che ha come DNA al suo interno tre elementi basilari: un bianco e nero digitale che, come ha dichiarato il regista stesso in conferenza stampa, non conferisce al film una patina nostalgica essendo molto avanzato da un punto di vista tecnologico, dunque contemporaneo; il personaggio di Cleo, una indigena che vive presso una famiglia borghese con mansioni da governante, una persona “di casa” che cresce i figli della sua signora come fossero i suoi e che questi a loro volta la considerano come una seconda mamma; e come ultimo elemento la memoria, non solo personale del regista di vicende consumate tra le mura domestiche ancora molto vivide, ma anche storica espressa attraverso lunghi piani sequenza che collocano la pellicola ai fatti di violenza del 1971 ad opera dei militari sui manifestanti del movimento studentesco. I personaggi, tutti reali, fanno parte del vissuto di Cuarón che sul set ha ricostruito quasi interamente la casa in cui è cresciuto, con una narrazione che procede in maniera fluida con tratti di puro verismo che rimandano al periodo neorealista italiano.

Il film è stato diretto, prodotto e scritto dallo stesso Cuarón che ne ha curato anche la fotografia, ma sarà Netflix a distribuirlo in Italia e all’estero, segno dei tempi che cambiano come ha dichiarato il regista, perché un prodotto non a colori, non di genere e parzialmente in lingua indigena, non avrebbe di certo avuto molte possibilità a trovare spazi di distribuzione.

Il secondo film di questa seconda giornata è The favourite (La favorita), folle commedia in costume di Yorgos Lanthimos, intrisa di satira e crudeltà, ambientata presso la corte della regina Anna nell’Inghilterra tra il 1702 e il 1707, che narra di due personaggi femminili che si contendono a colpi bassi le grazie della regina. Il film vanta la presenza di tre interpreti d’eccezione: la bravissima Olivia Colman nei panni di una regina Anna stanca ed insicura che, sentendo di non essere amata, come una bambina viziata esercita il suo immenso potere su tutto e tutti; una magnetica Rachel Weisz nei panni di Lady Sarah Churchill, stretta ed intima confidente della regina, che dovrà vedersela con sua cugina Abigail, interpretata da una sorprendente Emma Stone personaggio sfidante che è disposto a tutto pur di sopravvivere a corte. Il film ha il potere di girare solo intorno a questi tre personaggi femminili in un continuo disequilibrio tra privato e politica, con un mondo maschile decisamente fuori fuoco ed asservito. Anche la storia di quel periodo è vista attraverso gli occhi di queste tre donne, sempre in competizione tra loro per la supremazia, al servizio dei loro intrighi e della loro accanita rivalità. Il regista (The Lobster, Il sacrificio del cervo sacro) ha esasperato l’uso del grandangolo per descrivere le scene di interni e dilatarne la visione rispetto all’esterno, evidenziando così un contesto “distorto” in cui poche persone prendono decisioni sulla vita di milioni di altre.

Due film molto interessanti, decisamente da non perdere.

data di pubblicazione:31/08/2018








SULLA MIA PELLE di Alessio Cremonini, 2018

SULLA MIA PELLE di Alessio Cremonini, 2018

(75. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

Il 15 ottobre del 2009 il 31enne Stefano Cucchi viene fermato dai carabinieri e trovato in possesso di alcune dosi di stupefacenti, mentre si trovava in compagnia di un amico; trattenuto in custodia cautelare, morirà all’ospedale Sandro Pertini appena una settimana dopo: pesava solo 37 chilogrammi. La cronaca giudiziaria, seguita da tutti i quotidiani nazionali e che ha coinvolto agenti di polizia, medici del carcere di Regina Coeli e carabinieri, sino alla clamorosa riapertura dell’inchiesta in seguito alla battaglia intrapresa dai familiari ed alla testimonianza del maresciallo dei carabinieri Riccardo Casamassima, è storia dei nostri giorni.

Il film vuole essere un misurato resoconto di quei giorni, senza dare giudizi.

 

Apre la Sezione Orizzonti l’opera prima di Alessio Cremonini, che Barbera ha definito in un’intervista a Vanity Fair di questa settimana“il film che non dovrebbe vedere solo chi si occupa di ordine pubblico, ma chiunque abbia a cuore la salute della società”; la pellicola sarà distribuita in contemporanea il prossimo 12 settembre nelle sale italiane da Lucky Red e in 190 paesi da Netflix, che l’ha anche prodotta.

Questo film è l’esempio lampante di come il cinema possa essere lo strumento per raccontare una storia che doveva essere raccontata, grazie ad una rigorosa sceneggiatura che è riuscita a trovare la giusta misura per parlare di persone reali, nell’ambito di una vicenda drammatica peraltro non ancora conclusa. Un plauso particolare va agli attori, una vera e propria squadra interessante, impreziosita dall’intensa interpretazione di Alessandro Borghi nei panni di Stefano Cucchi, capace di calarsi anima e corpo nella pelle del protagonista, non solo fisicamente ma anche nella vocalità: sono poi i suoi occhi a confermare la bravura di questo giovane attore, con cui riesce a mutuare le emozioni interiori di un uomo che vuole cambiare continuando a sbagliare. Jasmine Trinca interpreta la sorella Ilaria, una donna che ha reso pubblico un dolore privato come atto dovuto ad una morte ingiusta e che poteva essere evitata, facendoci conoscere la sua durezza nei confronti di questo fratello che continua a commettere errori, che tuttavia non le impediscono ugualmente di amarlo.

Il film, mostrandoci senza reticenze proprio le debolezze, con misura e rispetto si appella a quella umanità che sovente viene dimenticata a causa di pregiudizi che ci spingono a condannare e a schierarci prima ancora di conoscere.

Un inedito Max Tortora, nella parte del padre di Stefano, sorprende e commuove.

data di pubblicazione:30/08/2018








FIRST MAN (IL PRIMO UOMO) di Damien Chazelle, 2018

FIRST MAN (IL PRIMO UOMO) di Damien Chazelle, 2018

(75. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

Intimo ed emozionante: non delude il nuovo attesissimo film di Damien Chazelle First Man. Presentato in prima mondiale il 29 agosto al Lido di Venezia, inaugura il Concorso della 75. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica diretta da Alberto Barbera e organizzata dalla Biennale di Venezia presieduta da Paolo Baratta. A 49 anni dall’allunaggio dell’Apollo 11, la pellicola interpretata da Ryan Gosling, Jason Clarke e Claire Foy e prodotta dalla Universal Pictures, è stata definita dallo stesso Barbera “Un lavoro personale, affascinante e originale, piacevolmente sorprendente al confronto con gli altri film epici del nostri tempi, a conferma del grande talento di un regista tra i più importanti del cinema americano di oggi”.

Spazzati via romanticismo, sentimento e musica che avevano caratterizzato La La Land e le “frustate” del batterista di Whiplash, il giovane e talentuoso regista si muove su un territorio completamente diverso, concentrandosi sulla figura di Neil Armstrong negli otto anni che precedettero la missione NASA che lo fece sbarcare sulla luna, in un resoconto in prima persona di un uomo piuttosto reticente ad esprimere i propri sentimenti, padre e marito attento, umile, e non solo la figura iconica che il mondo conosce. Chazelle è riuscito nell’ardua impresa di rispettare il carattere dell’uomo più che descrivere il mito, cercando di mostrarne le emozioni nella vita di tutti i giorni, indagando su ciò che ad ogni missione lasciava sulla terra, riuscendo grazie alla sua collaudata abilità di regista a dare libero sfogo a quello che è il desiderio recondito di ogni bambino di diventare astronauta, come fosse la cosa più semplice al mondo. Non bisogna dunque essere dei supereroi, perché il suo Neil non lo è. La sceneggiatura, scritta da Josh Singer (Oscar per Spotlight) alterna ai momenti professionali, ricostruiti con meticolosa minuziosità, una tranquilla vita familiare, fatta di gioie e dolori che contribuirono, secondo il regista che si è nutrito dei racconti dei figli di Armstrong e della moglie nonché del libro di James R. Hansen, a creare il personaggio pubblico che tutti conosciamo.

Nel luglio 1969, Armstrong comandò la missione di allunaggio Apollo 11; nelle fasi di avvicinamento prese il controllo del modulo lunare sino a farlo atterrare in una zona poco rocciosa: uscito dal Lem, posò il suo piede sinistro sul suolo lunare e fu il primo essere umano a camminare sulla luna. Di quella conquista Armstrong disse: “La cosa più importante della missione Apollo fu dimostrare che l’umanità non è incatenata per sempre a un solo pianeta, e che le nostre visioni possono superare quel confine, e che le nostre opportunità solo illimitate”.

In Italia quel 20 luglio del 1969 sarà ricordato non solo per la più lunga diretta mai affrontata dalla nostra televisione (circa 25 ore), ma anche per quel “Ha toccato! Ha toccato il suolo lunare!” riferita al modulo lunare Eagle, che il giornalista Tito Stagno pronunciò con una manciata di secondi in anticipo rispetto all’inviato Ruggero Orlando, il quale in collegamento da Houston subito dopo replicò “Ha toccato in questo momento”. La disputa tra i due cronisti sul momento preciso dell’allunaggio, coprì ai telespettatori italiani la storica frase di Neil Armstrong “Qui base della Tranquillità, l’Aquila è atterrata”.

Neil Armstrong è scomparso nell’agosto 2012 per le conseguenze di un intervento chirurgico di bypass coronarico: aveva compiuto 82 anni.

data di pubblicazione:30/08/2018