TRE PIANI di Nanni Moretti, 2021

TRE PIANI di Nanni Moretti, 2021

Tre piani di una palazzina nel Quartiere Prati di Roma, tre storie familiari che vengono scosse dal loro abituale “torpore” da una deflagrazione notturna, tre donne che dovranno decidere della loro vita: Nanni Moretti ci pone di fronte all’importanza di operare delle scelte, a volte dolorose ma necessarie. Un inno all’assunzione delle proprie responsabilità per costruire un nuovo assetto di crescita individuale.

 

 Al terzo piano di una palazzina vive una coppia di giudici, Vittorio (Nanni Moretti) e Dora (Margherita Buy); una notte vengono svegliati dal rumore causato da un brutto incidente: Andrea (Alessandro Sperduti), il loro figlio ventenne, rientrando a casa in macchina a forte velocità investe ed uccide una donna, per poi schiantarsi contro una parete in vetrocemento di un locale-studio al piano terra del suo stesso palazzo, sotto gli occhi increduli dei proprietari Lucio (Riccardo Scamarcio) e Sara (Elena Lietti) e della loro bambina. Lucio e Sara vivono al primo piano di quella stessa palazzina, lavorano entrambi e sovente affidano la loro figlioletta Francesca a Giovanna e Renato, una coppia di anziani (Anna Buonaiuto e Paolo Graziosi) che hanno un appartamento sullo stesso pianerottolo. Al secondo piano invece vive Monica (Alba Rohrwacher) ed anche lei quella notte assiste all’incidente: è sola perché suo marito Giorgio (Adriano Giannini ) come spesso accade è all’estero per lavoro; la donna, in procinto di partorire la sua prima figlia Beatrice, sta aspettando un taxi che la porti in ospedale proprio nel momento in cui Andrea a tutta velocità travolge la passante e sfonda con la sua auto lo studio di Lucio e Sara. Quell’incidente rappresenterà un evento che scombinerà tassello dopo tassello l’apparente equilibrio di queste tre coppie e tutte, da quel momento, prenderanno lentamente consapevolezza della propria infelicità.

Moretti tratteggia, con uno stile registico scarno, tre coppie infelici ma che sembrano non sapere di possedere la possibilità di scegliere per cambiare lo stato delle cose e trasforma in immagini tre storie intime, riscrivendo con Federica Pontremoli e Valia Santella, le vicende narrate nell’omonimo libro di Eshkol Nevo, trasferendo l’adattamento cinematografico da Tel Aviv a Roma.

Tre piani è uno schiaffo in pieno viso, che genera sgomento perché Moretti maneggia la storia in maniera diretta ed asciutta, senza alcun accenno a quell’ironia a cui ci ha da sempre abituati. Le figure maschili sembrano essere più a fuoco nell’accezione negativa delle loro mancanze, ben blindati nella loro rigidezza, nei loro egoismi e nelle loro paure, rispetto a quelle femminili che, seppur a fatica, saranno tutte capaci di scegliere tra il perdono, l’abbandono ed il cambiamento.

È un film decisamente complesso, di quelli a “lievitazione lenta”, in cui il malcontento che aleggia sin dal primo fotogramma tende a diradarsi man mano che si rompono gli schemi in cui sono intrappolate le coppie protagoniste, generando scelte finali non prevedibili.

data di pubblicazione:28/09/2021


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IL SILENZIO GRANDE di Alessandro Gassman, 2021

IL SILENZIO GRANDE di Alessandro Gassman, 2021

Nel suo terzo lavoro da regista, Alessandro Gassman racconta la storia della famiglia Primic puntando l’accento sui piccoli silenzi che, sommati tra di loro, diventano grandi e sulle cose pensate ma non dette di una famiglia, come lui stesso ha dichiarato, “che in qualche modo somigliava alla mia”. Tutta la pellicola viaggia sulla constatazione di questa profonda incomunicabilità e su “l’amara consapevolezza che vivere non significa essere vivi”.

 

 

Siamo a Napoli a metà degli anni sessanta. La lussuosa ma decadente villa Primic con vista su Capri è stata messa in vendita da Rose Primic (Margherita Buy), con la complicità dei figli Massimiliano (Emanuele Linfatti) e Adele (Antonia Fotaras), ma contro il volere di suo marito Valerio (Massimiliano Gallo), noto scrittore. Valerio incarna la figura del grande capofamiglia ma sembra tuttavia non accorgersi quanto la sua fama, e soprattutto la sua cultura, non abbiano contribuito a creare per i suoi due figli l’ambiente ideale per affermare la propria personalità.

E mentre iniziano le visite dei possibili acquirenti che passano in rassegna tutte le stanze, nello studio della villa, unica stanza non visitabile, si susseguono una serie di incontri tra i singoli componenti della famiglia ed il grande scrittore. Durante questi incontri, ognuno gli manifesterà non solo la irreversibile decisione di vendere, ma anche tutta una serie di piccoli e grandi rancori troppo a lungo sopiti. Valerio, incredulo, tenterà invano di difendersi da chiunque varchi la porta di quel polveroso studio, che neanche la vecchia e fedele governante Bettina (una straordinaria Marina Confalone) riesce a pulire come si converrebbe. Ma quei dialoghi assomigliano tutti a dei monologhi, sfoghi individuali da cui lo scrittore ne esce quasi sempre sconfitto e con la amara consapevolezza di non conoscere affatto i propri cari.

Durante la proiezione, salta subito all’occhio dello spettatore che sullo schermo si stia assistendo ad una pièce teatrale la cui storia ha qualche elemento di similitudine con la famiglia del regista. Tratto da un testo di Maurizio De Giovanni di cui Gassman ne ha già curato la regia teatrale, Il silenzio grande è un film ricco di sentimenti e piacevolmente profondo, in cui il silenzio, patito ed inflitto, genera disagio nello spettatore. Notevole l’interpretazione di tutto il cast, attori giovani compresi, così come appare molto curata l’ambientazione, anche se la vera protagonista è la fotografia, a volta seppiata a volte a colori, che ci racconta “il silenzio”, e non solo, sino al finale della storia.

E così tra confronti, silenzi, luci ed ombre, vengono a galla conflitti, rivendicazioni, e tante paure sino ad allora inconfessate: tutte manifestazioni spontanee verso colui che sembra essere “il grande assente” nelle relazioni della famiglia Primic, quel capofamiglia che ha fatto del silenzio la sua malattia senza neanche accorgersene.

data di pubblicazione:23/09/2021


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QUI RIDO IO di Mario Martone, 2021

QUI RIDO IO di Mario Martone, 2021

Il film di Martone narra la storia di un patriarca e della sua famiglia allargata, ma anche la storia del teatro napoletano di cui Eduardo Scarpetta fu il più importante autore tra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento, raffigurato dal regista in un gioco senza soluzione di continuità tra vita reale e palcoscenico. Grande attore, marito ed amante, egocentrico capostipite di una dinastia teatrale, Scarpetta creò il personaggio immaginario di Felice Sciosciammocca, maschera del teatro dialettale napoletano che, nell’immaginario collettivo, rappresentò l’evoluzione di Pulcinella sino quasi ad oscurarne la fama.

 

È un’opera grandiosa e sontuosa quella portata in scena da Martone, in cui le cornici del palcoscenico si intersecano con gli ambienti di un grande appartamento dove i componenti della famiglia Scarpetta consumano scene di ordinaria e straordinaria quotidianità, come i personaggi di un’opera teatrale. Toni Servillo rappresenta, ed è lui stesso, un mattatore: straordinario nell’interpretare un uomo straordinario, ovvero fuori dall’ordinario, a tratti crudele per eccesso di egocentrismo, divenuto famoso e molto ricco, seppur di umili origini. Un uomo che, grazie al suo genio, visse nel lusso preveniente dai proventi della sua attività di commediografo: Qui rido io fu la frase che Scarpetta fece scolpire sulla facciata della sua villa al Vomero, costruita con i proventi di una sola delle sue commedie. Marito di Rosa De Filippo (interpretata da una bravissima Maria Nazionale) con cui ebbe Vincenzo e Domenico (che pare non fosse suo ma frutto di una probabile relazione della moglie con il re Vittorio Emanuele), adottò Maria nata da una di lui relazione con una maestra di musica; Scarpetta ebbe poi altri tre figli maschi – Ernesto, Eduardo e Pasquale – dalla sorellastra di sua moglie Rosa ed altri tre ancora, i noti Titina, Eduardo e Peppino, da Luisa De Filippo, nipote di sua moglie Rosa. Quest’ultima, interpretata da una convincente Cristiana dell’Anna nota al pubblico televisivo per la serie Gomorra, viene raffigurata da Martone come una sorta di “favorita” da Scarpetta, seppur triste ed in perenne attesa di sue attenzioni e riconoscimenti per quei figli illegittimi, come una sorta di antesignana di quella Filumena Marturano di eduardiana memoria.

Martone riesce sicuramente con il suo film nell’impresa titanica di illustrarci una vita interessante, complessa ed anticonvenzionale. Una grande compagnia teatrale che si fa famiglia e viceversa, in cui figli, compagne di vita, attori e personale di servizio, vivendo sotto lo stesso tetto o in appartamenti attigui, recitano anche sugli stessi palcoscenici secondo il volere di quell’unico “padrone” che vigila su tutto e tutti, e che tutto decide con autorità ma anche autorevolezza, confondendo il possesso con l’amore, ed infondendo con spietata consapevolezza una unica, grande passione: quella per il teatro.

Ma se i figli non potranno che accettare le contaminazioni familiari nel teatro della vita, alcuni degli autori contemporanei a Scarpetta non gli perdoneranno la tracotanza per aver parodiato la tragedia dannunziana La figlia di Iorio, cominciando a segnare il declino del commediografo, macchiandone il nome con un’accusa di plagio che solo la difesa affidata a Benedetto Croce cancellerà. Martone ci racconta infine, con amore e crudeltà, che il personaggio di Pippiniello di Miseria e Nobiltà verrà interpretato a giro da quasi tutti i figli di Scarpetta, anche da quelli che lo chiamavano zio, maschi e femmine senza distinzione, ponendo in particolare l’accento su un recalcitrante Peppino, l’unico dei figli cresciuto da una balia in una casa di campagna, lontano dalla famiglia, lasciandoci comprendere perché molti anni dopo il grande Eduardo alle domande su come fosse stato Scarpetta come padre, rispondesse sempre che “era un grande attore”.

Film da non perdere.

data di pubblicazione:09/09/2021


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FALLING – STORIA DI UN PADRE di Viggo Mortensen, 2021

FALLING – STORIA DI UN PADRE di Viggo Mortensen, 2021

Willis (Lance Henriksen), è un uomo burbero ed irruente. Affetto da una lieve demenza senile che lo rende verbalmente violento e poco incline ad un necessario cambio di vita, si vede tuttavia costretto a lasciare la fattoria dove ha sempre vissuto, per trasferirsi in California da suo figlio John (Viggo Mortensen) per degli accertamenti clinici. In quella breve convivenza, non riuscendo a volte a comprendere quale “stagione della vita” stia vivendo, Willis scaglia tutta la sua rabbia sul figlio, di cui non approva lo stile di vita. Quei momenti di aspro confronto riportano a galla anni di incomprensioni e vecchi rancori all’apparenza insanabili perché ognuno tenta inutilmente di cambiare l’altro.

 

Tante sono le cose che ci racconta Viggo Mortensen in questa sua opera prima da regista, forse troppe, in un film un po’ lungo e a tratti ridondante. Tuttavia lo fa con competenza, profondità e molta sensibilità, da artista poliedrico quale è.

Poeta, fotografo, musicista e pittore, fondatore nel 2002 di una casa editrice indipendente, Viggo Mortensen oltre ad aver lavorato come interprete per alcuni dei più grandi registi del mondo, può essere definito l’attore feticcio di David Cronenberg (presente in Falling– Storia di un padre con un cameo che lo ritrae nella veste di un medico), che ne ha sempre elogiato il suo impegno nella preparazione dei personaggi, riconoscendogli una accuratezza ed un rigore quasi maniacali da grande studioso.

Mortensen dichiara che l’idea di sceneggiare e dirigere il film, gli nacque di ritorno dal funerale di sua madre, in un momento intimo in cui tutti i ricordi si affollavano nella sua mente senza un vero ordine logico proprio come i flashback che ritroviamo nella pellicola: quei ricordi diventano appunti su di un taccuino e rappresenteranno “l’ossatura di base di quella che alla fine sarebbe diventata la sceneggiatura del film”.

Parzialmente autobiografico, il film in realtà indaga la complessità del rapporto tra un padre ed il proprio figlio in una famiglia che ha solo alcuni tratti in comune con quella del regista-attore. Il suo John è un progressista della West Coast che vive con il suo compagno e con la loro figlia adottiva; suo padre Willis invece ha il viso solcato dal sole e dal gelo di quella terra di nordest da cui proviene, e le sue idee sono decisamente conservatrici. Il cuore della storia nasce dunque dalla contrapposizione di queste due Americhe, ma riesce a regalarci immagini di reale cambiamento, sia di quello che è sempre stato il modello di maschio americano che di famiglia tradizionale. John ed il suo compagno Eric (Terry Chen) si amano e si rispettano molto e la loro figlia Mónica non sembra affatto subire dei traumi da questa unione: realizzare questa immagine di famiglia alternativa ma felice, senza cadere in uno stereotipo poco credibile, è il vero merito del film.

Gli interpreti sono tutti bravissimi, a cominciare da Lance Henriksen nel ruolo del padre arrabbiato innanzitutto con quei fantasmi che affollano la sua mente, ma anche Laura Linney nel ruolo di Sarah, la sorella di John, lascia il segno con la sua breve apparizione; anche se è proprio Viggo Mortensen a regalarci un’altra delle sue interpretazioni memorabili che, passando attraverso lo sguardo, arrivano direttamente al cuore.

Peccato per quella manciata di minuti di troppo che, nonostante le ottime intenzioni, non fanno di questa opera prima il film che ci saremmo aspettati da un artista così completo.

data di pubblicazione:01/09/2021


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I PROFUMI DI MADAME WALBERG di Grègory Magne, 2021

I PROFUMI DI MADAME WALBERG di Grègory Magne, 2021

Commedia raffinata, lieve, come i francesi sanno fare e bene. Le vite dei due protagonisti raccontate attraverso i profumi e gli odori che sovente tratteggiano le nostre vite, gli amori, gli affetti, i ricordi di un’infanzia felice ma anche i fallimenti, e che non necessariamente sono buoni per tutti, ma che sicuramente sono evocativi del proprio vissuto come vere e proprie sensazioni indelebili. Una delicata indagine sull’essere umano visto sotto un’angolatura davvero originale, che sorprende ed allieta.

Anne Walberg – una bravissima Emmanuelle Devos, con una recitazione asciutta, fatta di piccoli gesti e di sguardi eloquenti – è un famoso “naso” contesa per anni dalle più famose maison di profumi (come recita il titolo originale del film Les parfums), ma che nasconde un segreto legato proprio alla sua particolare professione. Donna egoista e prepotente, alquanto snob in ogni cosa che fa o dice, difficile ed estremamente riservata, guarda tutte le persone con cui entra in contatto con una buona dose di alterigia, tenendole a debita distanza. Guilaume – un ironico Grègory Montel, conosciuto ai più per Chiami il mio agente – diventa il suo autista: uomo semplice ma intelligente, con una scarsa autostima che lo porta spesso ad essere un perdente, diviene ben presto la sua vittima sacrificale. Guilaume è disposto a lavorare sodo pur di permettersi un appartamento più grande del suo monolocale di appena 24mq anzi “quasi 25”, solo per poter ottenere dal giudice l’affidamento condiviso con la sua ex moglie della figlia di appena 10 anni, che ovviamente adora e che vorrebbe ospitare una settimana al mese.

Eppure Anne e Guilaume, due esseri così lontani, riescono a trovare un incredibile punto di contatto. Ed è su questa empatia, alquanto improbabile ma così preziosa, che il film si sviluppa e ci convince con un plot originale e delicato che appassiona, supportato dalla bravura di due interpreti d’eccezione calati perfettamente nei rispettivi ruoli degli opposti che si attraggono, contribuendo al sicuro successo della pellicola.

Commedia raffinata, fresca, inebriante come i profumi di Madame Walberg e l’odore di erba tagliata che tanto piace a Guilaume, il film è un viaggio nelle vite di due esseri soli, ma con un grande dono che entrambi non comprendono sino in fondo di avere e che incontrandosi si esalta, si rafforza, come le essenze ben assortite di un’ottima fragranza che entra nella nostra memoria attraverso l’olfatto e accompagna per sempre la nostra vita.

Se ne consiglia la visione rigorosamente sul grande schermo.

data di pubblicazione:12/06/2021


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