IL MORSO DELLA RECLUSA di Fred Vargas – Sellerio, 2018

IL MORSO DELLA RECLUSA di Fred Vargas – Sellerio, 2018

Finalmente Fred Vargas interrompe le vacanze islandesi del commissario Jean-Baptiste Adamsberg: a farlo rientrare è un telegramma recante la notizia dell’omicidio di una donna investita da un SUV, e la sua presenza è richiesta immediatamente a Parigi. La soluzione del caso è per il nostro “spalatore di nuvole” di una facilità quasi imbarazzante, ed è già pronto a tornare dai suoi nuovi amici nella loro isola che lambisce il circolo polare artico quando la sua curiosità è stimolata da una serie di morti “casuali” avvenute nel Sud della Francia.

Sia l’opinione pubblica che la polizia ritengono che i decessi di alcuni anziani morti a causa del “morso” di un ragno velenoso siano assolutamente fortuiti, ma le casualità non sono amate da Adamsberg che inizia a indagare sul passato dei tre defunti; è solo nell’indagine, i suoi uomini ritengono che la sua pausa islandese lo abbia ancora di più “sfasato”.

Della stessa opinione è anche il comandante Danglar, con il quale ha sempre avuto un unità di pensiero e intenti, che gli dice: “Non ci posso credere, non ci voglio credere. Torni fra noi, commissario. Ma in quali nebbie ha perso la vista, porca miseria?”. Ma, come sempre avviene, è Adamsberg ad avere ragione perché i tre anziani sono legati dalla comune infanzia passata nell’orfanotrofio della Misericordia.

Man mano che le indagini proseguono, gli uomini del commissario ammetteranno il loro errore e si schiereranno a uno a uno al fianco di Adamsberg per coadiuvarlo nelle indagini; unico irremovibile sarà il comandante Danglard che, anzi, diventerà sempre più cupo e inavvicinabile.

Piccolo cammeo di uno degli evangelisti, Mathias, che sarà di supporto all’indagine in uno scavo in un bosco della Linguadoca e di fatto metterà Adamsberg sulla giusta strada per acciuffare il colpevole.

L’intreccio è sicuramente molto particolare e non mi è dispiaciuto, la nota dolente è stata purtroppo la figura del commissario che è esageratamente evanescente, niente a che vedere con il genio che abbiamo conosciuto ne L’uomo dei cerchi azzurri o Parti in fretta e non tornare; per altro questa esagerata evanescenza non è affatto mitigata dalla presenza del commissario Danglar che gli ha sempre fatto da contraltare.

Sono rimasta piuttosto perplessa, attendiamo il prossimo romanzo per capire cosa stia succedendo alla Fred Vargas.

data di pubblicazione:06/05/2018

LA SCIARPA RICAMATA di Susan Meissner – TRE60, 2018

LA SCIARPA RICAMATA di Susan Meissner – TRE60, 2018

La sciarpa ricamata è la storia di due donne unite da una sciarpa con un motivo di calendule, e dei loro due destini che si dipanano a NY a distanza di 90 anni.

Due piani narrativi: Ellis Island, settembre 1911, l’infermiera Clara Wood si prende cura degli emigranti che ogni giorno vi approdano in attesa del visto d’ingresso negli Stati Uniti. Lei è approdata sulle coste dell’isola dopo aver perso l’uomo che amava; tra le migliaia di persone che transitano da quell’isola lo sguardo di Clara è attratto da un uomo che porta stretta al collo “una sciarpa di tessuto indienne, di fattura francese con un motivo indiano… Vicino all’orlo, ricamato in nero, c’era il nome Lily, e il motivo ripetuto era un’esplosione di calendule.

Manhattan, settembre 2011. Taryn Michaels vive con la figlia Kendal nell’Upper West Side sopra allo splendido negozio di tessuti in cui lavora e dove ha cercato faticosamente di  ricostruirsi una vita con una parvenza di serenità, ma in occasione del decimo anniversario del crollo delle Torri Gemelle una fotografa ritrova una scheda di memoria della macchina fotografica che utilizzava quell’infausto giorno e una rivista riporta l’immagine a doppia pagina. Taryn è costretta a rivivere il terribile giorno in cui suo marito è morto nel crollo delle Torri Gemelle, lo stesso giorno in cui uno sconosciuto l’ha raggiunta e le ha salvato la vita scomparendo subito dopo insieme alla sciarpa che Taryn portava in quel momento al collo, “challis francese, di lana, fine Ottocento… Molto probabilmente la stampa è stata fatta con un colorante anilinico, a base di catrame di carbone, motivo per cui i colori originali erano così accesi.”.

Una sciarpa e due tragedie accomunano Clara e Taryn a circa un secolo di distanza, ma fanno solo da sfondo alla storia di queste due donne, ai loro sentimenti, al senso di colpa di chi sopravvive, al dolore delle aspettative tradite, alla paura di affrontare una vita che non è più quella che sarebbe dovuta essere e da cui scaturisce il disperato tentativo di annullarsi, di nascondersi per sfuggire al dolore: ma poi un incontrollato quid cambia tutto e fa riemergere tutta la forza che era in realtà solo sopita e rimette in moto la speranza che le riporta a lottare e a vivere.

Un bel romanzo, due storie coinvolgenti, due bei personaggi femminili, la prosa della Meissner è delicata, da grande narratrice.

data di pubblicazione: 23/04/2018

 

LA SCATOLA DEI BOTTONI DI GWENDY di Stephen King, Richard Chizmar – Sperling & Kupfer, 2018

LA SCATOLA DEI BOTTONI DI GWENDY di Stephen King, Richard Chizmar – Sperling & Kupfer, 2018

Nuovo romanzo del “Re”, questa volta a quattro mani con Richard Chizmar, redattore della rivista horror Cemetery Dance.

Protagonista è Gwendy Peterson, dodici anni di Castle Rock, una dolcissima ragazzina un poco rotondetta alla quale è stato affibbiato l’appellativo di “Goodyear” da Frankie Stone, il bullo della sua scuola elementare, che l’ha fatta diventare oggetto delle prese in giro di quasi tutti i ragazzini della scuola; è il desiderio di sbarazzarsi di quel soprannome la motivazione che la spinge tutte le mattine dell’estate del 1974 su per la “Scala del suicidio” che procede a zig-zag su per il fianco del dirupo ed è fissata con bulloni di ferro robusti anche se arrugginiti dagli anni, non vuole essere dileggiata anche l’anno successivo, ed è proprio in vetta alla scala che la sua attenzione viene richiamata da qualcuno: “Ehi, ragazzina. Avvicinati un attimo. Dobbiamo fare quattro chiacchiera tu e io.”… non possiamo non ripensare a It, all’incontro tra il piccolo George Denbrough e il pagliaccio Pennywise: “Pennywise, ti presento George Denbrough. George, questi è Pennywise. Ecco, adesso ci conosciamo. Non sono più uno sconosciuto per te e tu non sei uno sconosciuto per me. Giiiiusto?”, direi che il romanzo inizia sotto i migliori auspici!

Ma il volto di mister Farris non si trasformerà mai nel ghigno mostruoso di It, anzi la sua allegria  accattivante e il suo entrare immediatamente in sintonia con i sentimenti più intimi della ragazzina conquisteranno la sua fiducia; a Gwendy verrà consegnata “una scatola dei bottoni. La tua scatola… almeno per ora” con cui, per mezzo di leve e di bottoni colorati, sarà lei a poter controllare la realtà, nel bene e nel male.

Il racconto procede veloce, Gwendy viene totalmente irretita dalla scatola che le viene offerta e le cerca immediatamente un nascondiglio che la possa proteggere da occhi indiscreti, benché sia estremamente misurata nell’uso che ne fa, già solo il possederla determina degli enormi cambiamenti nella ragazzina e non tutti sono positivi.

Lo stile del “Re” è ineccepibile, riusciamo a “vedere” la storia recitata magistralmente dagli attori creati dalla sua penna, senza sbavature e senza inutili dettagli, tutto è raccontato nel momento esatto in cui dobbiamo venirne a conoscenza ma, c’è un ma… è solo un racconto: sarebbe bastato poco di più per trasformarlo in un romanzo degno del “Re”! Ci sono tutte le caratteristiche, il racconto è un continuo crescendo, ci sono tutti gli ingredienti che creano la giusta suspense, ci sembra di correre verso l’occhio del ciclone da cui vedremo scatenarsi la potenza dei romanzi horror di King, dove la scatola comandata da Gwendy cambierà in modo inimmaginabile il futuro che l’attende e…niente, purtroppo non succede niente.

Troppo breve e con un finale deludente; ne sarebbe potuto scaturire un “librone”, in tutti i sensi, invece si resta sbigottiti e stizziti per tutte le possibilità non fruttate.

data di pubblicazione:15/04/2018

LA MORTE NOMADE. YERULDELGGER di Ian Manook – Fazi, 2018

LA MORTE NOMADE. YERULDELGGER di Ian Manook – Fazi, 2018

Ultimo romanzo della trilogia con il commissario Yeruldelgger. Questa volta Ulan Bator è solo un’eco lontana, Yeruldelgger ha piantato la sua “yurta nel cuore del Gobi a ore di distanza da ogni aiuto…”, è stato mandato in ritiro dal Nerguii: “si era ritirato lontano da tutto, lontano dalla sua città, lontano dal suo ex mestiere, lontano dai suoi amici, e dal corpo e dall’animo adorati della donna che amava….”. L’obiettivo di questa solitudine è dare modo a Yeruldelgger di trovare la pace dopo che, alla fine di Tempi selvaggi, si è trovato al centro di una spirale di terribile violenza.

Il romanzo, come i precedenti, comincia con due scene in opposizione, la scoperta di un corpo da parte di quattro artisti nomadi e l’apparizione di Yeruldelgger, fiero, sul suo cavallo; inizia così, suo malgrado, il coinvolgimento in una nuova indagine che metterà fine alla sua solitudine.

Al fianco dell’ex commissario alcune nuove figure femminili, forti e determinate: Tsetseg, che vuole essere aiutata a ritrovare la figlia rapita, Odval, che vuole vendicare la morte del suo “amore nomade” e Guerlei, la poliziotta sanguigna e iraconda che dovrà occuparsi ufficialmente, quale rappresentante della legge, della serie di omicidi in cui si imbatterà questa strana comitiva, tutti perpetrati secondo antichi rituali e legati allo sfruttamento del territorio mongolo da parte di multinazionali senza alcuno scrupolo.

In quest’ultimo romanzo, a differenza dei precedenti episodi di questa trilogia, l’intreccio narrativo è sicuramente meno inverosimile; in ogni pagina è sempre presente il tema della morte ma, come contraltare, per la prima volta scopriamo un Yeruldelgger più “leggero”: Manook inserisce una vena umoristica che non guasta affatto al suo personaggio e lo rende a noi più vicino e più umano.

Come per i precedenti romanzi della trilogia, la capacità descrittiva di Manook è emozionante: “Allora restò il tepore di una steppa di smeraldo ai piedi della collina. La freschezza bianca di un fiume scintillante che snodava i suoi nastri attorno a folti ciuffi di canne argentate. Un orizzonte frastagliato a est da crinali blu dentellati, lisciato a ovest dal mareggio iridato di una prateria arruffata. Qualche cavallo dalla criniera bionda, con il mondo intero per pascolare. E a nord un cielo che si caricava delle onde color lilla di un temporale elettrico.” Poche parole e uno scenario maestoso esplode nella nostra testa e nel nostro immaginario, come si può non leggere un romanzo che offre queste descrizioni…?

data di pubblicazione: 26/03/2018

ORIENT di Christopher Bollen – Bollati Boringhieri, 2018

ORIENT di Christopher Bollen – Bollati Boringhieri, 2018

Inizio citando le parole dell’autore pubblicate da Il Libraio nell’intervista apparsa in occasione del lancio del titolo: “Quando ho iniziato, avevo l’idea di chi dovesse essere l’assassino. Ma nel corso della scrittura mi sono concesso la possibilità di cambiare, se avessi trovato una migliore idea in futuro, cioè ho lasciato che la trama evolvesse e mutasse durante la stesura”.

A mio parere sicuramente troppe le 720 pagine che soprattutto all’inizio, per le dovute digressioni ed espansioni necessarie per creare l’humus in cui sboccerà la storia, creano lentezza e conseguente distrazione nel lettore. Lo scenario claustrofobico è abbastanza classico: ultima cittadina della penisola a cui si accede da un’unica strada, un gruppo di persone apparentemente coeso ma pieno di piccoli rancori, un cumulo di menzogne che ognuno di loro lotta per tenere nascoste, il sospetto che, ad arte, viene posto a rotazione sulle spalle di quasi tutti gli attori, insomma un giallo in piena regola senza un guizzo, senza un’idea folgorante, con una trama un poco tirata per i capelli…

Per i primi due terzi del libro ho avuto qualche difficoltà a capire chi potesse essere l’assassino proprio per il balletto dei sospetti di cui dicevo in precedenza, ma sono rimasta abbastanza delusa quando ho avuto la certezza di chi fosse l’assassino perché troppo scontato, dagli indizi alle motivazioni…

Due gli aspetti che ho assolutamente apprezzato: l’escamotage attraverso cui il narratore della vicenda, capro espiatorio designato, riuscirà a vivere il resto dei suoi giorni in piena libertà; il suo incipit è sicuramente geniale “Ho imparato troppo tardi la lezione della vita nei luoghi migliori d’America: occorrono azioni grette, diffidenti, spietate per vivere un’esistenza ordinaria” e la rappresentazione della collettività di Orient che, dal punto di vista sociologico, è un microcosmo veramente notevole!

Il romanzo si svolge a Long Island, nella cittadina di Orient, penisola del North Folk, parallela alla più famosa South Folk con le famose spiagge degli Hampton. In questo paradiso di pescatori e natura più o meno selvaggia arriva Mills Chevern, ex tossico dipendente, ex bambino abbandonato, giovane vagabondo, ospite “alla pari” di Paul Benchley, autoctono trasferitosi a New York per la sua carriera di architetto, che rientra nella casa avita dopo la morte della madre.

Orient è l’ultima cittadina sulla punta estrema del North Fork e la comunità che ci vive è naturalmente chiusa e mal fidata soprattutto verso un giovane con il passato di Mills: tutti lo guardano con estrema diffidenza che si trasforma in palese sospetto quando, in concomitanza con il suo arrivo, iniziano ad accadere una serie di strani episodi di violenza, più o meno accidentali, che nessuno dei locali si sarebbe mai neanche immaginato potessero avvenire nella loro tranquillissima oasi di pace.

A indagare, su quelli che si appurerà non saranno semplici incidenti ma omicidi pianificati non sarà solo la polizia locale ma anche il colpevole per antonomasia, Mills, nel tentativo di dimostrare la propria estraneità ai fatti, che sarà affiancato da quella che probabilmente sarà la sua unica amica a Orient, Beth Shepherd, ex pittrice e moglie di un famoso artista, tornata nella casa di famiglia dopo molti anni passati a New York nel tentativo di intraprendere una nuova vita al fianco del marito.

Alla fine direi che si può leggere, non si deve, ma si può.

data di pubblicazione:12/02/2018