VIAGGI NELL’ANTICA ROMA – IL FORO DI AUGUSTO

VIAGGI NELL’ANTICA ROMA – IL FORO DI AUGUSTO

(25 aprile/1 novembre 2015)

Quando le luci di una tecnologia del futuro incontrano le ombre di un mistero del passato, il risultato è uno spettacolo in grado di far brillare gli occhi stupiti del presente.

Il progetto di Piero Angela e Paco Lanciano, che già lo scorso anno aveva fatto registrare un ottimo risultato di pubblico, torna a vestire di incanto tridimensionale le notti dei Fori imperiali. Dal 25 aprile al 1 novembre 2015, ogni sera, è possibile incamminarsi virtualmente lungo i sentieri del Foro di Augusto e del Foro di Cesare, regalandosi un’esperienza in cui le anime del museo e del libro di storia si fondono con quelle dell’arte digitale e del cinema.

Il viandante che decida di concedersi quaranta minuti di ristoro tra i caldi marmi del Foro di Augusto non deve far altro che accomodarsi sugli spalti di legno allestiti per l’occasione sui bordi di via dei Fori imperiali: le cuffie collegate al dispositivo elettronico ricevuto in dotazione penseranno al resto. Se il viandante parla italiano, il suo viaggio virtuale sarà scandito dalla familiare voce del divulgatore per antonomasia Piero Angela, ma, in omaggio a Roma caput mundi, il racconto è disponibile anche in inglese, francese, spagnolo, tedesco, russo, giapponese e cinese.

Le ombre della notte a poco si diradano, sollevate dall’avvicendarsi di luci ed effetti speciali, perfettamente sincronizzati con il commento vocale e gli effetti sonori. Le colonne e le scalinate si illuminano, le monumentali statue che furono si ricompongono muovendo dagli imponenti frammenti che sono, i pavimenti e le volte tornano a splendere di colori. Il Foro tornato in vita è prima lambito dal riconciliante scroscio delle fontane ornamentali, poi inondato dalle distruttive fiamme dell’incendio “di Nerone”, in attesa che l’arte divinatoria degli aruspici annunci la stesura del nuovo capitolo di una storia rimasta eterna.

Il Foro era la piazza, l’Agorà, il crocevia del fermento sociale e politico, il Tribunale dove si amministrava la Giustizia gettando le basi della nostra esperienza giuridica. Un fermento che torna a brillare, a impressionare, a stupire, tenuto insieme dal disegno politico dell’Imperatore Augusto, dalla longevità della “sua” Pax, dall’abbaglio dei “suoi” artisti sostenuti da Mecenate.

Non importa quanto storicamente precise e dettagliate siano le informazioni fornite, perché il fascino del divulgatore risiede anche (e soprattutto) nella capacità di spalancare le porte della cittadella che custodisce il segreto del sapere specialistico. Operazione riuscita, accompagnata da una ricostruzione audio-visiva che non pare eccessivo definire “spettacolo”.

Informazioni, orari e costi su www.viaggioneifori.it.

data di pubblicazione 04/07/2015

MORRICONE DIRIGE MORRICONE

MORRICONE DIRIGE MORRICONE

La stagione estiva dell’Accademia di Santa Cecilia, all’Auditorium di Roma, può contare su un’inaugurazione d’eccezione: Morricone dirige Morricone. Il Maestro, che proprio presso il Conservatorio di Santa Cecilia ha intrapreso la sua formazione musicale, torna a impugnare la bacchetta con salda delicatezza per dirigere quelle note che lo hanno reso celebre, indissolubilmente legate, nell’immaginario collettivo, a immagini cinematografiche che hanno fatto letteralmente il giro del mondo.

Il concerto si apre con la Meditazione orale, scandita dalla voce “in campo” di Pier Paolo Pasolini e si chiude con il vibrante bis affidato (anche) alle note de La ballata di Sacco e Vanzetti. Nel mezzo i toni epici de La Bibbia e quelli eroici de Il Buono, il Brutto e il Cattivo, le atmosfere legal di Indagini di un cittadino al di sopra di ogni sospetto e quelle suadentemente malinconiche di Malena.

A fare da collante il sogno, sempre coinvolgente, di Nuovo Cinema Paradiso, proprio nei giorni in cui si diffonde la notizia che Giuseppe Tornatore ha in progetto la realizzazione di un documentario che renda omaggio a “vita e opere” del Maestro Morricone.

L’esecuzione dell’Orchestra e del Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, maestosamente impeccabile, è ulteriormente impreziosita dalla voce del Soprano Susanna Rigacci.

I classici che si intrecciano a brani inediti regalano a una Sala Santa Cecilia gremita il melodico sogno di una notte di mezz’estate, attraverso quella combinazione tra cinema e musica che è in grado di tenere insieme un pubblico eterogeneamente composito, desideroso unicamente di affidarsi alla direzione di un Maestro appassionato e appassionante.

data di pubblicazione 04/07/2015

NASTRI D’ARGENTO 2015

NASTRI D’ARGENTO 2015

I Nastri d’argento 2015, assegnati dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani, incorniciano una stagione in cui l’asticella del cinema tricolore si è attestata attorno a livelli medi indubbiamente apprezzabili. Si impongono le pellicole approdate al Lido di Venezia e alla Croisette di Cannes, che i giornalisti decidono di “risarcire” a seguito della delusione festivaliera.

Il giovane favoloso di Mario Martone si aggiudica il Nastro dell’anno, mentre il premio alla regia si adagia tra le sicure mani di Paolo Sorrentino per Youth – La giovinezza, film che vince anche per la miglior fotografia (Luca Bigazzi).

Anime nere di Francesco Munzi, trionfatore ai David di Donatello, non compare sul podio più ambito, ma conferma i premi per la sceneggiatura (Francesco Munzi, Fabrizio Ruggirello, Maurizio Bracci), per il montaggio (Cristiano Tavaglioli, vincitore anche con Youth – La giovinezza) e per la produzione (Cinemaundici – Luigi e Olvia Musini).

Il miglior regista esordiente è, come secondo i David 2015, Edoardo Falcone per Se Dio vuole, mentre Noi e la Giulia di Edoardo Leo indossa la fascia della miglior commedia.

Le stelle che hanno brillato in maniera più convincente nel firmamento degli attori protagonisti sono, ad avviso dei giornalisti-giurati, Margherita Buy (Mia madre) e Alessandro Gassman (Il nome del figlio e I nostri ragazzi), cui si aggiungono, come attori non protagonisti, Micaela Ramazzotti (Il nome del figlio) e Claudio Amendola (Noi e la Giulia).

L’ambientazione epico-fiabesca de Il Racconto dei racconti risulta convincente e la pellicola di Matteo Garrone conquista i Nastri per la scenografia (Dimitri Capuani) e i costumi (Massimo Cantini Parrini).

Fa la sua comparsa tra i premiati anche Il ragazzo invisibile di Gabriele Salvatores: miglior soggetto per una storia indubbiamente “fuori dalle corde” del cinema italiano.

La miglior colonna sonora è quella di Hungry Hearts di Saverio Costanzo, firmata da Nicola Piovani, mentre la miglior canzone originale è Sei mai stata sulla luna? di Francesco De Gregori, per l’omonimo film di Paolo Genovese.

I Nastri alla carriera hanno omaggiato Douglas Kirkland e Ninetto Davoli, mentre attorno alla macchina da presa di Cristina Comencini (Latin Lover) si stringe il Nastro Speciale per la regia.

data di pubblicazione 28/06/2015

LE VACANZE DEL PICCOLO NICOLAS di Laurent Tirard, 2015

LE VACANZE DEL PICCOLO NICOLAS di Laurent Tirard, 2015

Dopo Il piccolo Nicolas e i suoi genitori (2009), Laurent Tirard prosegue nella non scontata opera di adattamento cinematografico delle avventure del personaggio plasmato dalla penna di René Goscinny e dalla matita di Jean-Jacques Sempé.

Suona l’ultima campanella dell’anno scolastico, si rompono le righe, si abbandonano le cartelle e le divise e ci si prepara alla tanto agognata “villeggiatura”. Nell’eterno dilemma tra mare e montagna, che vede puntualmente contrapposti la mamma (Valérie Lemercier) e il papà (Kad Merad) del piccolo Nicolas (Mathéo Boisselier), riescono a spuntarla le spiagge assolate che lambiscono il lido dell’Hôtel Beau-Rivage. A patto però che anche “nonnina” (Dominique Lavanant) si unisca alla famigliola in calzoncini e costume, con il suo sacchetto di caramelle, le sue richieste di “bacini” e l’ombra dell’antico e pressoché perfetto pretendente di sua figlia, prontamente e immancabilmente contrapposta all’ordinaria mediocrità del bonario genero.

La vacanza, si sa, assume spesso la consistenza di un Carnevale (emblematica la scena del ballo in maschera), in cui si sospende e/o si sovverte la dimensione dell’ordine costituito, si incontrano nuovi “amici”, nuovi amori, nuovi sogni. Succede così anche a Nicolas. I compagni di classe sono sostituiti da quelli di ombrellone, mentre il grande amore cittadino è rimpiazzato dalla piccola Isabelle, la bimba dagli occhi grandi e sgranati, che dopo aver “inseguito” Nicolas per tutto l’albergo, ricreando in maniera esilarante le atmosfere di Shining, si rivela in grado di rapire il cuore del protagonista.

L’atmosfera carnevalesca coinvolge e travolge anche la mamma di Nicolas. Un produttore cinematografico, interpretato da Luca Zingaretti, sguaiatamente ammaliatore e, non a caso, italiano, le fa intravedere le sfavillanti luci della ribalta, coccolandola con champagne, feste e interviste.

Ma il Carnevale, si sa, è destinato a finire in breve tempo. Si riaprono le porte della scuola, con il Direttore e il Custode che non aspettavano altro. Ritornano la vecchia vita e i vecchi amori. Perché, in fondo, la vacanza è bella quando dura poco.

Malgrado l’esasperazione macchiettistica di alcuni personaggi e di certi tratti della sceneggiatura, che non sempre risultano amalgamati in un racconto che pure trova nella straniante esagerazione i suoi più evidenti punti di forza, Le vacanze del piccolo Nicolas risulta nel complesso un film piacevole e ben confezionato, in grado di (ri)portare in sala i lettori, grandi e piccini, di Goscinnuy e Sempé.

data di publicazione 16/04/2015


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HO UCCISO NAPOLEONE di Giorgia Farina, 2015

HO UCCISO NAPOLEONE di Giorgia Farina, 2015

Una commedia con sfumature noir, tenuta insieme dal collante del grottesco e dalle camaleontiche capacità di Micaela Ramazzotti (e di Libero De Rienzo). Questi, in breve, gli elementi caratterizzanti di Ho ucciso Napoleone, secondo lungometraggio diretto da Giorgia Farina, che torna in sala a distanza di due anni da Amiche da morire.

Anita (Micaela Ramazzotti), figlia del disinvolto modello pedagogico dei “genitori-amici” di matrice sessantottina, ha cura di nascondere le proprie debolezze dietro la corazza protettiva di un “sofficino surgelato”. La sua tanto ostentata quanto poco credibile anaffettività, della quale farà le spese anche (e soprattutto) quel Napoleone il cui epitaffio, pronunciato direttamente dal suo carnefice, risuona nel titolo del film, diviene l’elemento catalizzatore di un’ascesa lavorativa apparentemente inarrestabile, condita da tutti i più irrinunciabili cliché del caso: dall’odio dei colleghi per la bella e giovane donna in carriera, alla relazione con il capo sposato e con prole (Adriano Giannini), per concludere con l’altrettanto immancabile gravidanza frutto di imperdonabile disattenzione.

Costretta inaspettatamente ad abbandonare i lussuosi locali della casa farmaceutica per la quale lavora, Anita cerca di riorganizzare la propria vita dalle altalene dal parco di fronte, divenute l’ufficio della “spacciatrice di farmaci” Olga (Elena Sofia Ricci) e il crocevia del nutrito “pacchetto clienti” di quest’ultima (tra cui Gianna, interpretata da Iaia Forte). Il ponte tra “fuori” e “dentro”, attraverso il quale riprendere la poltrona che sente di meritare, sembra esserle gettato da Biagio (Libero De Rienzo). Ma le storie, si sa, possono sempre essere raccontate da più prospettive e quel cambio di soggettiva, che lo spettatore del cinema più recente (per quanto il parallelismo possa sembrare azzardato) ha avuto modo di sperimentare con L’amore bugiardo di David Fincher, rappresenta certamente uno degli elementi meglio riusciti della scrittura di Giorgia Farina e di Federica Pontremoli.

Il rovesciamento di fronte, indubbiamente repentino, pur non peccando di eccessivo senso dell’irrisolto, non pare fondarsi su un solido approfondimento dei personaggi, i cui tratti più complessi restano solo abbozzati e, in definitiva, risolti e “sviliti”, tanto per Anita quanto per Biagio, nel davvero troppo stereotipato rapporto tra genitori e figli. Anche il contorno dei personaggi secondari, dotati di buone potenzialità nella definizione del registro narrativo di tipo comico-grottesco, resta solo sullo sfondo, senza mai divenire autentica parte integrante del racconto. La cura per l’intreccio sfuma poi nel finale in perfetto stile “e tutti vissero felici e contenti nella famiglia allargata”, che, forse, risulta fuori contesto rispetto allo “spirito” che fino a quel momento sembrava aver ispirato il racconto.

Ho ucciso Napoleone rimane comunque una pellicola dalla quale traspare chiaramente la costante ricerca di uno stile, personale e riconoscibile, di una sceneggiatrice e regista, che merita appieno il titolo di “osservata speciale” nell’ambito del cinema italiano fatto dalla generazione anni Ottanta.

data di pubblicazione 16/04/2015


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